Cass. Civ., sez. III, n. 18534/2007. Retroattività degli effetti della rinuncia all'eredità da parte del chiamato.

In tema di debiti ereditari, il soggetto chiamato all'eredità che non l'abbia accettata, trovandosi nel possesso di beni ereditari (art. 486 c. c.), può stare in giudizio per rappresentare l'eredità. Tuttavia, dal momento che non può dirsi erede, non è soggetto passivo delle obbligazioni che già incombevano sull'ereditando. Ne segue come non possa essere rivolta avverso il mero chiamato una domanda di condanna al pagamento di un debito ereditario. Quando però detta domanda sia stata proposta nei suoi confronti, egli ha l'onere di resistere palesando 'linsussistenza della propria qualità ereditaria. Una volta invece che sia passata in giudicato una pronunzia che abbia statuito l'obbligo in capo a costui di pagare un debito, tutte le questioni che avrebbero potuto essere fatte valere nel giudizio e che, se lo fossero state, avrebbero potuto condurre a negare quel diritto, non possono esserlo più. Nè tantomeno tale elemento può costituire oggetto di opposizione all'esecuzione, come anche l'eventuale sopravvenuta rinuncia all'eredità (fattispecie in cui il chiamato all'eredità, nei cui confronti era stato emesso decreto ingiuntivo per il pagamento di quota di un debito ereditario, non aveva proposto opposizione e solo dopo la scadenza del termine dell'opposizione stessa, aveva rinunziato all'eredità proponendo opposizione all'esecuzione a precetto già emesso).

Commento

L'aspetto sostanziale consistente nella conservazione della qualità di mero delato non toglie che, nell'ipotesi in cui il creditore ereditario si sia munito in un modo o in un altro di un titolo esecutivo, detto aspetto si palesi irrilevante nella fase esecutiva, non potendo conseguentemente il semplice chiamato opporre tale qualità al creditore procedente.

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