Cass. Civ., sez. III, n.6558/2005. Datio in solutum avente ad oggetto un credito.

La cessione ex art. 1198 c.c. non estingue il credito originario, bensì affianca ad esso quello ceduto. Dal rinvio effettuato dall'art. 1198 c.c. all'art. 1267 comma II c.c., emerge che il cedente è liberato in caso di realizzazione del credito ceduto ovvero quando vi sia stato un comportamento negligente del cessionario ai fini del conseguimento del credito. Il credito originario resta inesigibile finché il cessionario non abbia inutilmente escusso il debitore ceduto, mentre si estingue in caso di realizzazione del credito ceduto. Perciò non basta la cessione del credito in luogo dell'adempimento per la liberazione del cedente, ma occorre l'effettivo conseguimento del credito ceduto in capo al cessionario. L'inesigibilità del credito originario permarrà per tutto il tempo in cui sarà possibile la fruttuosa escussione del debitore ceduto e il cessionario sarà tenuto ad escutere dapprima il debitore ceduto e, solo in caso di insolvenza di quest'ultimo, potrà rivolgersi al cedente.

Commento

La pronunzia precisa la dinamica della datio in solutum avente ad oggetto un credito, vale a dire l'ipotesi assunta in diretta considerazione dall'art. 1198 cod.civ.. In sintesi si può infatti dire che la cessione, salva differente volontà delle parti, debba considerarsi pro solvendo. Ciò implica da un lato che la funzione estintiva solutoria abbia luogo soltanto con l'effettivo pagamento eseguito dal debitore ceduto, dall'altro che, per tutto il tempo in cui questo risultato si può utilmente perseguire, il credito destinato ad essere estinto mediante datio in solutum nei confronti del debitore cedente sia inesigibile.

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