Cass. Civ., sez. II, n. 9253/2006. Configurabilità e rilevanza del dolo meramente omissivo.

Il dolo omissivo, pur potendo viziare la volontà, è causa di annullamento, ai sensi dell'art. 1439 c. c., solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito, determinando l'errore del "deceptus". Pertanto, il semplice silenzio, anche in ordine a situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l'altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto. (Nella specie è stato escluso che potesse integrare il dolo omissivo in ordine alle effettive condizioni dell'immobile compravenduto la circostanza che l'alienante avesse taciuto all'acquirente la pendenza, al riguardo, di un'azione di danno temuto proposta da terzi.)

Commento

Torna alla ribalta il dibattuto tema della rilevanza del dolo meramente omissivo, dilemma risolto nel senso della insufficienza di una condotta meramente silenziosa e negativa da parte del contraente. L'esito interpretativo appare difficilmente conciliabile con l'affermazione di quegli obblighi di informazione e di conduzione delle trattative secondo buona fede che pare informare la condotta delle parti sin dai primi contatti.

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