Cass. Civ., Sez. II, n. 6531/2006. Il contratto di assicurazione sulla vita a favore dell'erede legittimo o testamentario non può essere qualificato come donazione indiretta.

Deve escludersi che il contratto di assicurazione sulla vita, in favore dell'erede legittimo (o testamentario) possa qualificarsi donazione indiretta del contraente in favore dei terzi designati. La corresponsione dell'indennità al beneficiario, pur derivando dal contratto stipulato dal contraente assicurato a favore del terzo designato, infatti, non determina un corrispondente depauperamento del patrimonio del contraente assicurato, per cui non può ritenersi costituire oggetto di un atto di liberalità ai sensi dell'articolo 809 del Cc e, quindi, assoggettabile alle norme sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari. L'unico depauperamento che si verifica nel patrimonio del contraente assicurato per effetto del contratto è costituito dal versamento dei premi assicurativi, da lui eseguito in vita e, pertanto, solo le somme versate a tale titolo possono considerarsi oggetto di liberalità indiretta a favore del terzo designato come beneficiario, con la conseguenza dell'assoggettabilità all'azione di riduzione proposta eventualmente dagli eredi legittimi.

Commento

La pronunzia mette a fuoco la natura di diritto autonomo in capo al beneficiario e non quella di diritto derivato dal patrimonio dell'ereditando dell'indennità scaturente dal verificarsi dell'evento morte nel contratto di assicurazione sulla vita a favore del terzo. Costui consegue pertanto l'acquisto jure proprio e non jure successionis, non potendo essere qualificata in chiave di donazione indiretta la predetta indennità. Diversamente è a dirsi per i premi assicurativi versati durante la vita dell'assicurato, promananti direttamente dal di lui patrimonio.

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