Cass. Civ., Sez. II, n. 2313 del 1 febbraio 2010. Agli atti mortis causa nonchè a quelli divisionali di beni ereditari non risulta applicabile la causa di nullità di cui all'art. 40 l. 47/1985 riguardante la natura abusiva degli immobili negoziati.

L’art. 40 della legge n. 47/1985 che prevede la nullità degli atti inter vivos aventi ad oggetto diritti reali dai quali non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare (o di quella rilasciata in sanatoria), pur riguardando anche gli atti di scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro parti, limita espressamente il proprio campo oggettivo di applicazione ai soli atti tra vivi, rimanendo, perciò, inestensibile a tutta la categoria degli atti mortis causa, ivi compresi quelli comportanti la divisione di masse ereditarie o ad essa finalizzati.

Commento

(di Daniele Minussi)
La decisione, straordinaria (ma cfr. la precedente Cass.Civ. Sez.II, 15133/01), risulta difficilmente condivisibile.
Il punto cruciale della decisione qui in commento riguarda la qualificazione giuridica degli atti finalizzati alla divisione dei beni provenienti da una successione a causa di morte precedentemente apertasi. Innovativamente la S.C. riconosce all'atto con il quale viene sciolta la comunione ereditaria natura di atto mortis causa e non già inter vivos. L'atto infatti, secondo la pronunzia, costituirebbe il naturale esito del fenomeno successorio, rispetto al quale non potrebbe risultare dunque autonomo. A riprova di ciò, evocandosi espressamente il modo di disporre di cui all'art. 757 cod.civ. in riferimento alla retroattività degli effetti della divisione, viene altresì proposto un parallelo tra la divisione ereditaria posta in essere dai coeredi e la divisione direttamente operata dal testatore. Secondo i Giudici infatti applicare la causa di nullità di cui all'art.40 cit. alla divisione effettuata dai coeredi condurrebbe ad un'ingiustificabile disparità di trattamento rispetto all'ipotesi in cui fosse stato il testatore direttamente a distribuire i beni (per l'appunto per il tramite della c.d. "divisione del testatore"), caso al quale indubbiamente la causa di nullità non può essere applicata.
La tesi è indifendibile e il ragionamento da ultimo riferito ne è la prova. La divisione del testatore non è vera divisione, ma attribuzione mortis causa dei beni che promana direttamente dal de cuius ed impedisce radicalmente la formazione di una situazione di comunione incidentale tra coeredi. La divisione operata da costoro una volta apertasi la successione è, al contrario, indubbiamente atto inter vivos, in quanto promanante dalla volontà dei coeredi stessi.

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