Cass. Civ., Sez. I, n. 8536 del 14 aprile 2011. Caratteri della garanzia per evizione: non indispensabilità dell'anteriorità della condotta evizionale dell'alienante rispetto all'atto traslativo.

Il rimedio apprestato dall’articolo 1483 del Cc a favore del compratore per l’ipotesi in cui abbia subito, dopo la conclusione del contratto, il vittorioso intervento rivendicativo o espropriativo del terzo, operando nei soli limiti del ripristino della situazione anteriore alla conclusione (ristoro dell’interesse negativo) ha la funzione di eliminare lo squilibrio tra le rispettive attribuzioni patrimoniali delle parti, conseguente alla obiettiva violazione dell’impegno traslativo gravante sul venditore, anche in mancanza di colpa di questi (invece necessaria ove il compratore richieda il risarcimento integrale dei danni, comprensivo anche del cosiddetto interesse positivo).
Atteso che il venditore è sempre tenuto per l'evizione derivante da un fatto suo proprio, senza alcuna precisazione di ordine temporale, deve ritenersi che il fatto evizionale può anche essere conseguente a una condotta inadempiente del venditore successiva alla conclusione del contratto. L'individuazione del fatto evizionale, pertanto, più che basarsi sul criterio temporale della preesistenza alla vendita della causa dell'evizione, deve condursi verificando, in senso più ampio e non necessariamente configgente con quel criterio il nesso tra la perdita del diritto subita dal compratore e l'oggettivo inadempimento del venditore.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia da un lato costituisce conferma dell'impostazione teorica secondo la quale la ragion d'essere della garanzia per l'evizione va ricercata nella dinamica stessa dell'elemento causale del contratto di compravendita, ma dall'altro pare rinnegare il criterio (invero non pacifico) della collocazione cronologica della condotta evizionale nel tempo antecedente l'alienazione.
Con riferimento al primo aspetto, è il caso di osservare come l'oggettiva mancata realizzazione (sia pure valutata ex post) del programma negoziale consistente nello scambio della proprietà di un bene verso il corrispettivo di un prezzo viene infatti ad essere vulnerata indipendentemente da ogni considerazione relativa alla dolosità/colposità della condotta del venditore. La valutazione di quest'ultima non entra in gioco minimamente, non venendo in considerazione il sindacato su una condotta adempiente/inadempiente. Il trasferimento della proprietà del bene nella vendita non è infatti dedotto quale obbligazione, essendo da ricondursi, per effetto del consenso traslativo di cui all'art. 1376 cod.civ., al contenuto di una attribuzione che procede autonomamente.
Il secondo aspetto, invero non pacifico, attiene alla collocazione temporale della condotta evizionale dell'alienante che, secondo il parere della dottrina tradizionale qui rinnegato, dovrebbe essere ambientato esclusivamente nel tempo che precede l'atto di vendita.

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