Azione revocatoria: dolosa preordinazione. (Cass. Civile, Sez. Unite, sent. n. 1898 del 27 gennaio 2025)

In tema di azione revocatoria, quando l'atto di disposizione anteriore al sorgere del credito, ad integrare la "dolosa preordinazione" richiesta dallo art. 2901, comma 1, cod.civ. non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni dei creditori (c.d. dolo generico), ma necessario che l'atto sia stato posto in essere dal debitore in funzione del sorgere dell'obbligazione, al fine d'impedire o rendere più difficile l'azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (c.d. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell'intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro.

Commento

(di Daniele Minussi)
Particolarmente delicato è l'apprezzamento, ai fini della revocabilità dell'atto, del requisito della dolosa preordinazione che entra in scena nell'ipotesi in cui l'atto di disposizione sia antecedente al sorgere del credito.
Per quanto attiene all'elemento psicologico in capo al debitore, non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte di costui, del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni dei creditori (c.d. dolo generico), ma è necessario che l'atto sia stato posto in essere dal debitore in funzione del sorgere dell'obbligazione, al fine d'impedire o rendere più difficile l'azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, vale a dire una condotta contrassegnata da dolo specifico. Per quanto attiene al terzo che abbia contrattato con il debitore, va posto in luce come il numero 2 dell'art. 2901 cod.civ. richieda la c.d. partecipatio fraudis del terzo, vale a dire la partecipazione di quest'ultimo alla "dolosa preordinazione". Tale elemento soggettivo nel terzo può anche essere sindacato alla luce di presunzioni, le quali tuttavia devono possedere adeguata consistenza (Cass. Civ., Sez. III, 18315/2015).

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