Azione di rivendicazione. Onere probatorio. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 28865 del 19 ottobre 2021)

Essendo l'usucapione un titolo d'acquisto a carattere originario, la sua invocazione, da parte del convenuto con l'azione di rivendicazione, non suppone, di per sé, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell'onere probatorio a carico del rivendicante, il quale, anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, non è esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo anche attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo. Il rigore probatorio rimane tuttavia attenuato quando il convenuto, nell'opporre l'usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l'appartenenza del bene al rivendicante o uno dei suoi danti causa all'epoca in cui assume di avere iniziato a possedere. Per contro la mera deduzione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione il cui dies a quo sia successivo al titolo del rivendicante o di uno dei suoi danti causa, disgiunta dal riconoscimento o dalla mancata contestazione della precedente appartenenza, non comporta alcuna attenuazione del rigore probatorio a carico dell'attore, che a maggior ragione rimane invariato qualora il convenuto si dichiari proprietario per usucapione in forza di un possesso remoto rispetto ai titoli vantati dall'attore.

Commento

(di Daniele Minussi)
Come si sa, l'onere probatorio in materia di azione di rivendicazione è specialmente severo. Infatti occorre dar conto in maniera circostanziata del proprio titolo d'acquisto, che sia a titolo originario ovvero a titolo derivativo. La questione all'attenzione della S.C. era costituita dalle conseguenze della allegazione, da parte del convenuto che resista alla domanda attorea, del mero fatto dell'intervenuta usucapione a proprio favore, avendo l'attore fatto valere un acquisto a titolo derivativo. Nella detta ipotesi, costui ha l'onere di dare la prova non soltanto del proprio titolo di acquisto, bensì anche dei titoli di acquisto dei precedenti proprietari, fino a giungere ad un acquisto a titolo originario (Cass. Civ. Sez. II, 11605/97; cfr, tuttavia, Cass. Civ., Sez. II, 17457/2015). Si parla in proposito, stante l'evidente enorme difficoltà di dover dar conto di una catena di acquisti potenzialmente quasi infinita, di probatio diabolica proprio per alludere ad una prova estremamente difficile.

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