Assegno bancario con firma falsa: diligenza dell’accorto bancario. (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 6513 del 20 marzo 2014)

Nel caso di falsificazione di assegno bancario nella firma di traenza - la quale presenti, nella specie, "un tracciato assolutamente piatto" - la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento di detta falsificazione è quella dell'accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell'attività esercitata, alla stregua del paradigma di cui al secondo comma dell'art. 1176 c. c.. Ne consegue che spetta al giudice del merito valutare la congruità della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando cosi un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto, il grado di esigibilità della diligenza stessa, verificando, in particolare, se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell'assegno da parte dell'impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso di specie un assegno bancario facente parte di un blocchetto oggetto di furto, era stato presentato all'incasso recando la sottoscrizione contraffatta del presidente del Consiglio di Amministrazione di una società per azioni che ne era titolare. In esito al regolare pagamento dell'assegno recante la sottoscrizione falsificata, la correntista aveva chiesto la condanna dell'Istituto in relazione all'inadempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto di conto corrente. deducendo l'imperizia nel controllo adeguato della firma di traenza apposta sull'assegno. Più specificamente, il segno grafico della sottoscrizione appariva morfologicamente simile a quello vero, ma era contrassegnato dall'assoluta "piattezza", essendo stato apposto per sovraimpressione e non dalla mano dello scrivente. Ciò premesso la S.C., in riforma rispetto a quanto deciso dalla Corte d'Appello (che aveva respinto le ragioni della società), ha posto il principio in base al quale la valutazione della condotta della banca deve essere condotta apprezzando in concreto caso per caso se la falsificazione poteva essere riscontrabile non solo attraverso l'esame visivo, tattile da parte dell'impiegato addetto, ma anche in base ad ulteriori strumenti in ogni caso dirimendo queste ipotesi da quelle in cui la falsificazione poteva essere riscontrata soltanto tramite tecnologie sofisticate.

Aggiungi un commento