Ancora in materia di sottotetti nell'edificio condominiale. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 9383 del 21 maggio 2020)

La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le proprie caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo.
La semplice presenza di una botola d’accesso dal vano scala e a un cavo televisivo, non dimostra che il sottotetto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali sia destinato all’uso comune, senza previamente aver verificato la consistenza strutturale originaria del sottotetto e, nel caso di accertata originaria destinazione all'uso comune, se essa concerna l’intera superficie dello stesso e se la stessa sia oggettivamente prevalente sulla tipica funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l'appartamento dell’ultimo piano.

Commento

(di Daniele Minussi)
La questione della titolarità del sottotetto ancora una volta all'attenzione della Cassazione. La pronunzia in esame valorizza, ovviamente in difetto di indicazioni nei titoli di provenienza, l'oggettiva destinazione del vano a mera intercapedine destinata ad isolare l'unità posta all'ultimo piano, depotenziando la rilevanza dell'elemento costituito dalla presenza di una botola di accesso posta sul vano scala comune, in difetto di una fruizione condominiale del sottotetto e di caratteristiche funzionali tali da consentire tale utilizzo.

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