Acquisti separati compiuti dai singoli partecipanti alla comunione tacita familiare con i proventi comuni: chi è il titolare del bene? (Cass. Civ., Sez. Lavoro, sent. n. 9579 del 5 maggio 2014)

Il regime dei beni della comunione tacita familiare, che è caratterizzata, oltre che dalla comunanza di lucri e di perdite, dalla formazione di un unico peculio, gestito senza particolari formalità ed obblighi di rendiconto, destinato indivisibilmente a fornire i mezzi economici necessari ai bisogni della comunità familiare ed al sostentamento dei suoi partecipanti, non comporta, ove un bene sia acquistato in proprio da singolo partecipante con i proventi comuni, l'acquisto automatico da parte della collettività, bensì un obbligo di trasferimento dal singolo acquirente agli altri membri della comunione, salvo che non risulti uno specifico uso che invece consideri fatti per la comunione anche gli acquisti nomine proprio dei singoli partecipanti.

Commento

(di Daniele Minussi)
Qual è la sorte del bene acquistato da uno dei soggetti appartenenti alla comunione tacita familiare nomine proprio? La risposta della Corte è nel senso che il bene non possa che essere considerato di proprietà dell'acquirente pur quando la provvista necessaria per l'acquisto appartenga alla comunione, fermo restando l'obbligo di costui a ritrasferirlo in capo agli altri partecipi (cfr. nel senso dell'insorgenza di un'obbligazione risarcitoria, Cass. civile, sez. Lavoro del 2013/18201). L'istituto, avente carattere residuale, può dirsi regolato anche da usi e consuetudini, i quali tuttavia devono fare i conti con l'opponibilità ai terzi della peculiare situazione della comunione, che può non essere percepibile esternamente.

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