Accettazione beneficiata ed esercizio dell’azione di riduzione. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 18068 del 19 ottobre 2012)

L'esperimento dell'azione di riduzione, implicando accettazione ereditaria tacita, pura e semplice, preclude la successiva accettazione con il beneficio dell'inventario, in quanto l'accettazione beneficiata non è giuridicamente concepibile dopo che l'eredità sia stata già accettata senza beneficio.
È manifestamente infondata la questione di legittimità, per violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost., della disposizione dell'art. 564, comma I, c.c., che condiziona l'ammissibilità dell'azione di riduzione all'accettazione dell'eredità con il beneficio d'inventario solo nel caso in cui tale azione venga esercitata nei confronti di un terzo e non anche quando essa sia rivolta verso un coerede, essendo tale norma giustificata, in primo luogo, dall'esigenza di porre il convenuto in grado di conoscere l'entità dell'asse ereditario, esigenza maggiormente avvertita per il terzo, in quanto si presume che il coerede possa accertarsi dell'entità dell'asse con mezzi diversi dall'accettazione del beneficiato. Inoltre è giustificata dalla ratio di evitare il contrasto logico insanabile tra la responsabilità ultra vires dell'erede per il pagamento dei debiti e dei legati, il suo obbligo di rispettare integralmente gli effetti degli atti compiuti dal defunto - quindi, anche delle donazioni - e l'azione di riduzione della liberalità; . Infine è giustificata dalla volontà del legislatore di non sacrificare il terzo a vantaggio dei creditori del defunto, i quali, invero, ai sensi dell'art. 557, comma III, c.c., non approfittano della riduzione solo se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato l'eredità con il beneficio d'inventario.
Il difetto dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, la quale è condizione di ammissibilità dell'azione di riduzione delle liberalità in favore di persone non chiamate alla successione come eredi, non è oggetto di un'eccezione in senso tecnico, sicché la mancanza di tale condizione, come per tutte le altre condizioni dell'azione, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, anche in grado di appello.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia mette a fuoco le conseguenze del promuovimento dell'azione di riduzione: è indubbiamente un atto che non si avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede e che implica l'intento di accettare ai sensi dell'art.476 cod.civ.. Nè potrebbe recuperarsi la possibilità (tardiva) di accettare con beneficio di inventario sulla scorta della considerazione del modo di disporre del I comma dell'art.564 cod.civ. (norma che pone, quale condizone di procedibilità dell'azione di riduzione nei confronti dei soggetti non rivestenti la qualità di coeredi, la preventiva effettuazione dell'accettazione con beneficio di inventario), dal momento che la ratio di essa è giustificata dalla differente situazione in cui si trovano persone estranee all'ambito familiare del de cuius rispetto a quelle che rivestono la qualità di coeredi (come nel caso di specie).

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