Violazione dei doveri di buona fede (responsabilità precontrattuale)


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In materia di responsabilità precontrattuale riveste fondamentale importanza, ai sensi dell'art. 1337 cod. civ. , l'obbligo di comportarsi secondo buona fede. La portata precettiva della norma merita alcune precisazioni. Da un lato non potrebbe esserne sostenuta la natura imperativa per dedurre la nullità del contratto che ne importasse la violazione (Cass. Civ. Sez. III, 5610/80 ), dall'altro, all'opposto, essa non potrebbe essere ridotta ad un precetto generico, privo di concreta operatività (Cass. Civ. Sez. III, 2788/99 ).

Il concetto di buona fede che viene a questo proposito in esame è quello corrispondente alla buona fede oggettiva, concepita cioè come criterio di comportamento, come regola alla quale ciascuno dei contraenti deve ispirarsi (Cass. Civ. Sez. III, 340/88 ) nota1.

La dottrina viene usualmente a specificare la buona fede negli ulteriori aspetti della lealtà contrattuale e dell'obbligo di salvaguardia, inteso come dovere di non esporre la controparte a sacrifici ingiustificati nota2.

E' palese nella materia in esame l'importanza di uscire dall'indeterminatezza di clausole generali per approdare a specificazioni dotate di un'effettiva operatività. Il tutto allo scopo di consentire l'eventuale censura del comportamento concretamente tenuto da un soggetto nello svolgimento delle trattative. A tal fine gli interpreti hanno tipizzato alcuni specifici obblighi riconducibili alla buona fede precontrattuale. Tali l'obbligo di informazione, di mantenimento della riservatezza, di attivazione (onde assicurare la validità e l'efficacia del contratto da concludere).

Sotto il profilo dell'obbligo di informazione nota3 viene in esame la specifica norma di cui all'art. 1338 cod. civ. , afferente alla comunicazione all'altra parte delle cause di invalidità del contratto.

Occorre domandarsi se, al di là di questa regola specifica, si pongano ipotesi ulteriori: particolarmente delicato è infatti il discrimine tra responsabilità precontrattuale ed altre forme di responsabilità. La reticenza (che altro non è se non carenza di informazione) può infatti essere considerata quale motore del dolo contrattuale, causa di invalidità del contratto.

Non sembra possibile, ad esempio, porre un obbligo generale di portare a conoscenza dell'altro contraente le proprie condizioni economiche (Cass. Civ. Sez. I, 8295/94 ) nota4.

Il difetto di informazione può inoltre importare concretamente l'impossibilità della fruizione della prestazione. Si pensi al caso di colui al quale viene richiesta la fornitura di una determinata sostanza chimica perchè l'acquirente è persuaso di poterla utilizzare in un ciclo di lavorazione per il quale invece essa si rivela non soltanto inadeguata, ma addirittura pericolosa. Qui il nodo problematico è costituito dal confine tra annullamento di un contratto (che comunque si è concluso) per errore essenziale e riconoscibile e responsabilità precontrattuale.

In sintesi si può dire che, in tutti i casi in cui comunque è stato stipulato un contratto valido, non si può parlare di responsabilità precontrattuale proprio perchè quest'ultima postula, al contrario, la mancata conclusione di un congegno negoziale nota5.

Non vale tuttavia l'inverso: non si può dire cioè che, in tutti gli altri casi in cui è stato stipulato un contratto invalido ed una delle parti conosceva a priori il vizio che avrebbe potuto inficiare l'atto, la natura della responsabilità sia precontrattuale.

Fanno eccezione i casi di invalidità derivante da vizi della volontà, nei quali appunto il tema è costituito dalla riconoscibilità dell'errore ovvero dalla causazione dell'errore proprio ad opera della controparte.

Circa gli obblighi di riservatezza, ovviamente prescindendo da quelli che fanno carico alle parti del contratto stipulato, è possibile riferire che, anche quando le trattative non vadano a buon fine, i soggetti in esse implicati sono comunque tenuti a non divulgare le notizie riservate che hanno appreso nel corso delle fasi della trattativa non coronata da successo nota6.

Per quanto infine attiene all'obbligo di compiere tutti quegli atti che siano da farsi anteriormente alla stipula dell'atto stesso e che siano funzionali alla piena operatività di questo (vale a dire ne garantiscano la validità e la piena efficacia) è stato fatto l'esempio del genitore che si deve attivare allo scopo di ottenere dall'autorità giudiziaria il provvedimento tutorio indispensabile (in quanto la mancanza di esso renderebbe la vendita annullabile ex art. 322 cod. civ. ) per alienare un bene che appartiene ad un figlio minore d'età.

Indubbiamente il rappresentante legale del contraente incapace è tenuto ad attivarsi nel senso indicato. Occorre soltanto chiarire un punto che rischia di complicare il discorso. Si afferma infatti che il genitore non potrebbe obbligarsi esplicitamente in ordine all'ottenimento dell'autorizzazione, in quanto tale impegno sarebbe nullo per contrarietà all'ordine pubblico. Un privato non potrebbe assumere impegni relativi ad un risultato che consiste nello svolgimento di funzioni pubbliche. Il senso di questa affermazione deve essere precisato. Sembra infatti contraddittorio da un lato affermare che non ci si può obbligare ad ottenere il provvedimento e dall'altro invece imporre specificamente al genitore di attivarsi per comunque ottenerlo. In realtà quello che non si può fare è, per così dire, dare per scontata la necessaria emanazione dell'autorizzazione, fermo restando che è invece ben possibile prospettarne la indispensabilità, subordinando l'efficacia della stipulazione preliminare al conseguimento del provvedimento (Cass. Civ. Sez. II, 7638/91 ; Cass. Civ. Sez. II, 3631/82 ).

Note

nota1

Cfr. Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, pp. 597 e 599; Roppo, Il contratto, in Trattato dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2001, p. 175; Rovelli, La responsabilità precontrattuale, in Trattato dir. priv., diretto da Bessone, vol. XIII, Torino, 2000, pp. 247 e ss.; Scognamiglio, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja- Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 203.
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nota2

Tra gli altri Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, pp.162 e 163.
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nota3

Sull'argomento Grisi, L'obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990.
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nota4

In modo del tutto condivisibile Roppo, cit., p.178, sottolinea come sia meglio "non irrigidire la selezione fra reticenze lecite e illecite nel criterio dell'invalidità del contratto, ma lasciarlo affidato alla duttilità del principio di buona fede, da calibrare sulle particolarità del singolo caso".
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nota5

Cfr. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 824.
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nota6

Benatti, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, p. 42.
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Bibliografia

  • BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • GRISI, L’obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990
  • ROPPO, Il contratto, Milano, Tratt.dir.priv.Iudica Zatti, 2001
  • ROVELLI, La responsabilità contrattuale, Torino, Trattato dir.priv.dir.da Bessone, XIII, 2000
  • SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale. Disposizioni preliminari, Dei requisiti del contratto (Artt. 1321-1352), Bologna-Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1970

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