Vendita di cosa parzialmente altrui



Può darsi che la cosa non appartenga interamente al venditore, che pure ne faccia alienazione, o perchè sulla medesima insista il diritto di proprietà di altri soggetti (ricorrendo un'ipotesi di comunione) o in quanto essa sia gravata da diritti reali minori.

Rinviando la disamina di quest'ultima ipotesi a tempo debito, vale a dire in sede della specifica analisi che si condurrà in relazione all' insistenza sul bene di garanzie reali o altri vincoli (art.1482 cod.civ.) o di diritti di godimento (art.1489 cod.civ.), viene in considerazione il disposto dell'art.1480 cod.civ..

In astratto la vendita di cosa parzialmente altrui evoca due fattispecie ben distinte l'una rispetto all'altra. Come nella vendita di cosa interamente appartenente ad altri è infatti possibile distinguere tra il caso in cui l'alienante abbia venduto la cosa palesando la situazione giuridica del bene e quello in cui, al contrario, la vendita sia intervenuta mantenendo il compratore all'oscuro del parziale difetto di titolarità. La prima ipotesi non è specificamente prevista dal codice civile, dovendosi fare riferimento alla norma generale di cui all'art.1478 cod.civ., alla quale si rimanda (cfr. Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 24144/2015 che parrebbe fare comunque sempre riferimento alla citata norma dal punto di vista della condizione oggettiva del bene), non senza osservare che la figura può essere costruita in chiave di vendita con effetti reali differiti al tempo in cui il venditore (direttamente o indirettamente) faccia acquistare la proprietà della cosa al compratore. Applicando questa dinamica alla vendita di cosa parzialmente altrui, ciò importerà che il passaggio della proprietà intervenga all'atto del perfezionamento del contratto soltanto per la parte della quale è titolare l'alienante, mentre per la residua parte opererà il riferito differimento dell'efficacia traslativa nota1.

L'art.1480 cod.civ. viene a disciplinare invece l'ipotesi in cui l'acquirente non è posto a conoscenza del fatto che la cosa non appartiene interamente al venditore. La norma prevede che il compratore possa domandare la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, alle condizioni di cui all'art. art.1479 cod.civ. , che assume in considerazione l'ipotesi (più grave sotto il profilo della contrarietà della condotta del venditore ai principi di correttezza) della vendita di cosa interamente altrui. In altre parole, se deve reputarsi, secondo le circostanze, che l'acquirente non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario, egli può agire in risoluzione, diversamente ed in alternativa potendo ottenere il risarcimento del danno ed una riduzione del prezzo come espressamente previsto dall'art.1480 cod.civ. (Cass.Civ. Sez. II, 2892/96 ) nota2. Il rinvio fatto (per il tramite dell'art.1479 cod.civ. richiamato dall'art.1480 cod.civ. ) alla risoluzione ne evoca l'intera disciplina: a ciò segue che, una volta che l'acquirente abbia domandato la risoluzione del contratto, non sarà più possibile per il venditore eseguire l'adempimento (Cass.Civ. Sez. II, 3736/84 ).

Ricorre vendita di cosa parzialmente altrui anche quando il bene appartenga al venditore (che ne faccia alienazione come interamente proprio) in comunione pro indiviso con altri (Cass. Civ., Sez. II, 20347/2015; cfr., anche se implicitamente, Cass.Civ. Sez. II, 2575/83 ). Il punto non è invero pacifico. V'è infatti chi sostiene che, fino all'esito divisionale non esisterebbe neppure una parte concreta riconducibile al venditore, il quale pertanto non potrebbe farne alcun trasferimento a terzi nota3. In buona sostanza l'alienazione che intervenisse in questa situazione dovrebbe essere qualificata come vendita di cosa interamente altrui (Cass.Civ. Sez. III, 6355/81 ). Al contrario, l'ipotesi della comunione pro indiviso pare rappresentare il prototipo della vendita di cosa parzialmente altrui. La comunione pro diviso (la cui qualificazione come comunione è, a ben vedere, contestabile) infatti ha ad oggetto una cosa che, ancorchè valutabile come un quid unitario, è a propria volta fisicamente composta da porzioni distinte in proprietà esclusiva ad una pluralità di soggetti. In relazione ad essa il nodo pare essere costituito dalla separabilità delle singole parti di quella che può essere considerata una cosa composta, in relazione alla quale non ripugna la configurazione della possibilità di operare vendite separate. Non sembra tuttavia che queste possano essere configurate come vendita di cosa parzialmente altrui: si tratterà piuttosto di singole vendite di parti di cosa composta, parti la cui proprietà esclusiva fa capo a differenti soggetti nota4 .

In questo senso non si può aderire alla tesi secondo la quale si avrebbe vendita di cosa parzialmente altrui sia quando la parzialità risulta tale con riferimento ad una porzione materiale, sia quando la parzialità sia tale dal punto di vista giuridico. Quest'ultima infatti è l'unica vera parzialità. La prima infatti riguarda solo un problema di divisibilità di cosa composta, ed è perciò soggetta alla disciplina specifica dettata in tema di cose composte.

E' invece da condividersi l'assunto in base al quale, trattandosi di comunione pro indiviso, l'acquirente della quota può divenire proprietario dell'intero sia in esito ad uno o più atti di acquisto delle quote spettanti agli altri comunisti, sia in esito alla stipulazione di un atto divisionale nota5. Al riguardo occorre tuttavia notare che, nella misura in cui la divisione intervenga mediante l'esborso di conguagli, in effetti la medesima si atteggia sostanzialmente come una vendita nota6 . Si tratterà di vera divisione soltanto quando i condividenti siano titolari di più beni distinti l'uno dall'altro. In questo caso sarà praticabile l'assegnazione dei vari beni determinati in proprietà esclusiva a ciascuno dei comunisti. Risulta comunque difficile che in questa dinamica venga ad introdursi un estraneo, al quale uno dei condividenti abbia fatto alienazione di tutti detti beni, venduti come esclusivamente di sua proprietà. E' appena il caso di rilevare infatti che, ogniqualvolta la fonte della comunione debba essere ravvisata in una successione a causa di morte, verrà in applicazione la disciplina della prelazione legale e del conseguente retratto (art.732 cod.civ. ).

Note

nota1

Qualora il venditore non riesca a far acquistare la parte altrui di quanto oggetto della vendita si pongono tutte le problematiche relative ai rimedi disponibili per il compratore, il quale potrà agire, secondo i principi generali (artt. 1453 e ss. cod.civ.), per la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno. Occorrerà, naturalmente, che l'interesse all'acquisto della parte altrui non abbia scarsa importanza per il compratore (art. 1455 cod.civ. ).Cfr. Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, p.120.
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nota2

Messineo, Manuale di dir. civ. e comm., vol.IV, Milano, 1954, p.64. La riduzione avviene nella stessa misura percentuale in cui decresce il valore della attribuzione traslativa, mentre il risarcimento sarà volto ad eliminare dal patrimonio dell'acquirente i danni ulteriori (cfr. Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir.priv., diretto da Iudica-Zatti, Milano, 1995, p.124).
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nota3

Cfr. Greco-Cottino, Della vendita, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981, p.181.
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nota4

Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt. dir.civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1972, p.696.
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nota5

Secondo parte della dottrina (Romano, Vendita. Contratto estimatorio, in Tratt. dir.civ., diretto da Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1960, p.88; Luzzatto, La compravendita, Torino, 1961, p.199) laddove l'acquirente ignorasse la esistenza della comunione si applicherà l'art.1479 cod.civ. e non l'art.1480 cod.civ. , con la conseguenza che egli sarà legittimato all'immediata risoluzione del contratto, salvo che preferisca attendere che il venditore procuri la titolarità dell'intero attraverso acquisizioni delle singole quote o per effetto di una divisione che assegni al venditore la titolarità dell'intero. Se nelle divisioni la cosa dovesse essere assegnata solo in parte al venditore, da questo momento inizierebbe ad applicarsi l'art.1480 cod.civ.: "quindi il compratore acquista la parte materiale toccata al proprio dante causa ed ha diritto ad una proporzionale riduzione del prezzo, ma può scegliere fra questa riduzione e l'integrale riduzione del contratto, con pieno risarcimento del danno quando, in base alle circostanze del caso concreto, deve ritenersi che non avrebbe affatto stipulato il contratto se avesse saputo che poteva anche non acquistare l'intera cosa" (così Rubino, La compravendita , in Tratt. dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1971, p.379).
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nota6

Qualora la vendita della quota sia stipulata nella previsione del consenso di tutti gli altri comproprietari si ritiene (Luminoso, op.cit., p.124) che "il contratto resti incompleto (ed inefficace) fino a quando non prestino il consenso tutti i comunisti, salvo che il compratore non desideri farlo valere egualmente". E' preferibile ritenere che questa interpretazione si riferisca solo al caso in cui nell'atto di trasferimento risulti espressamente una siffatta volontà dei soggetti contraenti, che potranno indicarla apponendo apposite clausole condizionali.
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Bibliografia

  • BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, Tratt. dir. civ. dir. da Vassalli, vol. VII- t. 1-2, 1993
  • CAPOZZI, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Milano, Dei singoli contratti, 1988
  • GRECO, COTTINO, Della vendita (Artt.1470-1547), Bologna-Roma, Comm. cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1981
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • LUZZATO, La compravendita, Torino, 1961
  • ROMANO S., Vendita. Contratto estimatorio, Milano, Tratt.dir.civ. Grosso Sant. Pass., 1960
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971

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