Vendita di beni immateriali



Il trasferimento del diritto sui beni immateriali, quando è consentito, é oggetto di una esplicita previsione normativa. In questo senso la vendita deve essere concepita, stante la peculiare natura del cespite, come cessione ad un nuovo soggetto della possibilità di effettuare lo sfruttamento economico del bene, verso il corrispettivo di un prezzo nota1. Questo aspetto può non esaurire ogni diritto sul bene: si pensi al diritto morale d'autore, inteso come situazione soggettiva non trasferibile facente capo a determinati soggetti e consistente nella possibilità di opporsi a mutilazioni ed alterazioni dell'opera dell'ingegno. Esso, come è evidente, non è suscettibile di essere ceduto ad alcun titolo.

Il trasferimento del marchio, un tempo vietato, è attualmente disciplinato dall'art. 2573 cod.civ. , norma che è stata modificata dal D. Lgs. 480/92 (successivamente abrogato dal D. Lgs. 30/05).

In tema di ditta, che corrisponde al nome commerciale dell'imprenditore, l'art. 2563 cod.civ. prevede espressamente l'ipotesi in cui, a causa del trasferimento della ditta unitamente all'azienda, tale nome non corrisponda più a quello dell'attuale imprenditore: la norma consente che il nuovo imprenditore cessionario muti o integri la ditta originaria con il proprio nome.

Sono assenti invece prescrizioni attinenti al trasferimento dell' insegna.

Il nostro ordinamento riconosce altresì che le nuove invenzione industriali (art.2585 cod.civ.), i modelli di utilità (art.2592 cod.civ.), i disegni ornamentali (art.2593 cod.civ.) i quali possono costituire oggetto di brevetto o di registrazione, sono pienamente trasferibili (cfr. l'art. 2589 cod.civ.).

Come implicitamente più sopra riferito, nell'ambito dei diritti d'autore, il diritto patrimoniale di utilizzazione economica dell'opera dell'ingegno è liberamente trasferibile (art.2581 cod.civ.).

Quale disciplina applicare al trasferimento a titolo oneroso dei beni immateriali? Salva la specifica disamina che verrà condotta in relazione a ciascuna figura, è possibile fare applicazione della disciplina della vendita in generale. E' evidente che saranno escluse quelle norme che presuppongono l'esistenza di un corpus materiale della cosa oggetto di negoziazione: si pensi alla garanzia per i vizi della cosa venduta, ciò che postula una dimensione corporale della res che, nella specie, non può non fare difettonota2.

Note

nota1

Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1971, p. 79.
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nota2

L'opinione è dominante: cfr. Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm.cod.civ., libro IV, Torino, 1991, p. 19, Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995, p. 38 e Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1972, p. 182.
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Bibliografia

  • BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, Tratt. dir. civ. dir. da Vassalli, vol. VII- t. 1-2, 1993
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971

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