Valutazione equitativa del danno



Quando il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare l'art. 1226 cod. civ. viene in ausilio del danneggiato, conferendo al giudice il potere di liquidarlo facendo uso di una valutazione equitativa.

In genere è usuale riferire della discrezionalità dell'utilizzo di questo potere. A ben vedere, si può tuttavia osservare che l'art. 1226 cod.civ. non sembra porre alternative. Nell'ipotesi in cui il pregiudizio sia certo e non se ne possa determinare l'ammontare (o perché ciò risulta impossibile ovvero notevolmente difficile (Cass. Civ. Sez. II, 1382/98; Cass. Civ. Sez. II, 1201/98) non esiste altra scelta se non quella di procedere alla valutazione equitativa. Altra cosa è annettere la discrezionalità alla sostanza di questa valutazione equitativa nota1. In altri termini non è tramite l'equità che può essere valutata la portata di un evento le cui conseguenze negative siano del tutto incerte (come ad esempio la perdita di dati in un sistema informativo, dati la cui portata non sia stata accertata: cfr. Cass. Civ., Sez. III, 25912/13).
L'equità, come tale, è infatti un parametro dai connotati di notevole elasticità. Essa permette di mediare tra gli elementi che importerebbero un incremento delle conseguenze pregiudizievoli e quelli dai quali, al contrario, discenderebbe una diminuzione della gravità del danno. Occorre comunque precisare che il giudicante non si può limitare ad un apodittico riferimento all'equità onde giustificare una determinata soluzione. Si deve espressamente dare conto dell' iter logico-argomentativo che, proprio in quanto supportato dall'equità, deve essere dotato di un proprio impianto argomentale (Cass. Civ. Sez. I, 6082/96; Cass. Civ. Sez. Lavoro, 9734/98 ; Cass. Civ. Sez. Lavoro, 3341/96; Cass. Civ. Sez. I, 6071/95) nota2. Il principio è stato reputato applicabile all'ipotesi di patema d'animo conseguente allo scoppio della batteria di un telefono cellulare (Giudice di Pace di Lecco, 30 gennaio 2013), a quella dello stress provocato dalla continua ed ingiustificata richiesta della P.A. di pagamenti già eseguiti (Giudice di Pace di La Spezia, sent. n. 640/2015) ed alla perdita economica conseguente alla mancata consegna di un immobile ad un imprenditore commerciale (Cass. Civ., Sez. Lavoro, 26637/13). Si pensi anche al pregiudizio cagionato ad una impresa dalla arbitraria segnalazione in centrale rischi effettuata da un istituto di credito (Tribunale di Padova, Sez. II, sent. n. 833 del 27 gennaio 2016).

La valutazione equitativa di cui all'art. 1226 cod. civ. non deve essere confusa né con la decisione della causa secondo equità che, su domanda delle parti (mentre nel caso in esame il giudice procede d'ufficio: cfr. Cass. Civ. Sez. III, 2745/97), può essere demandata al giudice (Cass. Civ. Sez. III, 7459/97 ), né con l'equità integrativa di cui all'art. 1374 cod. civ. (che consente di temperare gli interessi delle parti in relazione alla natura dell'affare).

Come detto, presupposto affinchè si proceda alla valutazione equitativa del danno è la certezza della sussistenza di esso e la incertezza degli effetti economici negativi, cioè dell'entità del pregiudizio (Cass. Civ. Sez. III, 10821/04 ). L'incertezza può implicare per il danneggiato non soltanto una assoluta impossibilità, ma anche più semplicemente una notevole difficoltà nel dar conto del danno nota3. Ciò evidentemente non esonera il creditore dall'onere di fornire o comunque allegare gli elementi in virtù dei quali il giudice può fondare il proprio sindacato equitativo nota4 .

Notevole importanza svolge la regola in esame in materia di illecito extracontrattuale, con speciale riferimento ai danni alla persona destinati a proiettarsi nel futuro (sia intesi come danni patrimoniali da mancata produzione di reddito, sia quali danni per diminuita integrità personale, sia quali danni morali: cfr. Cass. Civ. Sez. III, 134/98 ) nota5. Non sembra invece che possa farsi riferimento alla valutazione equitativa del danno al di fuori del sistema afferente all'inadempimento delle obbligazioni ed indipendentemente dall'esistenza di un illecito extracontrattuale. In particolare è stato censurato come inammissibile il tentativo di ancorare il criterio in esame ai danni scaturenti dagli obblighi c.d. collaterali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 , 1375 cod. civ. (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 6366/96 ).

Note

nota1

Così anche Rodotà, Quale equità?, in Politica del diritto, 1974, p. 36; De Marini, Il giudizio di equità nel processo civile, Padova, 1959, p. 145.
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nota2

Gaudino, in Comm.cod.civ., dir. da Cendon, vol. IV, p. 187.
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nota3

Bianca, Diritto civile, vol. V, Milano, 1997, p. 165.
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nota4

Visintini, L'inadempimento delle obbligazioni, in Tratt. dir. priv., dir. da Rescigno, vol. IX, Torino, 1984, p. 208.
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nota5

Cfr. Bianca, op. cit., p. 174.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1997
  • DE MARINI, Il giudizio di equità nel processo civile, Padova, 1959
  • GAUDINO, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, IV, 1999
  • RODOTA', Quale entità?, Politica del diritto, 1974
  • VISINTINI, L'inadempimento delle obbligazioni, Trattato di dir.priv. diretto da Rescigno, IX, 1984

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