Uso illegittimo delle cose sociali



Ai sensi dell'art. 2256 cod. civ. nessuno tra i soci, senza il consenso degli altri, può servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società.

Si tratta di un divieto (o meglio di un'obbligazione negativa) volto a tutelare l'autonomia del patrimonio sociale, assicurandone la sua permanente destinazione all'esercizio dell'attività comune. La disposizione viene anche ad impedire ingiustificati vantaggi di un socio a scapito degli altri, quantomeno in difetto di una diversa volontà di questi ultimi.

Gli interessi citati non sono protetti oggettivamente, in quanto facenti capo ad un'entità soggettiva autonoma, bensì in relazione alla valutazione rimessa agli altri soci. Deve infatti rimarcarsi come, a contrario, la disposizione in esame venga sostanzialmente a consentire l'utilizzo privato da parte di un socio dei beni sociali quando tutti gli altri soci vi consentano. Il relativo parere positivo non occorre rivesta speciali formalismi e non da luogo ad una situazione qualificabile in chiave di possesso da parte del socio (Cass. Civ. Sez. II, 2487/00 ) nota1.

La violazione del disposto comporterà l'obbligo per il socio di risarcire il danno subìto dalla società nonché la possibilità che si instauri nei di lui confronti (prescindendo dall'eventuale parallela responsabilità quale amministratore) un procedimento volto a deciderne l'esclusione ex art. 2286 cod. civ. (Cass. Civ. Sez. I, 710/80 ).

Note

nota1

Non potrà neppure configurarsi un'acquisizione per usucapione in relazione alla condotta del godimento, ancorché palese, pacifico ed incontrastato, dei beni sociali (Cass. Civ. Sez. I, 4603/89 ).
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