Tribunale di Trieste del 2006 (29/09/2006)


1. E' possibile modulare la protezione della persona in condizioni di difficlotà gestionali anche significative in modo più adeguato alle sue esigenze mediante l'istituto dell’amministrazione di sostegno (in tal senso anche di recente Cass.Civ., sez. I, n.13584/2006).La L. 6/2004 che ha introdotto nuove "misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia", impone al Giudice di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente: questo obiettivo è attuabile mediante l'indicazione specifica - con decreto del Giudice tutelare - degli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza necessaria o attraverso la rappresentanza esclusiva dell'amministrazione di sostegno (art. 405 c.c.) salva così restando, per ogni altro atto, la sua capacità di agire e salva in ogni caso la capacità di compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (art. 409 c.c).L'istituto della amministrazione di sostegno ha introdotto una sorta di "rivoluzione" nell'ordinamento imponendo di considerare che la capacità di agire, pur in casi di ridotta autonomia, resti la "regola" cui fa eccezione ogni limitazione, necessitata dalla esigenze di protezione del soggetto debole; l'istituto consente così di elaborare un progetto adatto al singolo caso con una flessibilità attenta ai bisogni e alle richieste della persona (art. 407 c.c.) che si trovi, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, nell'impossibilità, anche temporanea, di provvedere ai propri interessi (art. 404 cod.civ.);quindi esso si propone nell'ordinamento come lo strumento ordinario per la protezione dei soggetti deboli rispetto al quale, i pur vigenti istituti della interdizione e inabilitazione rivestono un ruolo residuale, subentrando qualora l'amministrazione di sostegno si riveli inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario (art. 413 c. 4 c.c.).2. si consideri invero che prevedere la necessità di un amministratore di sostegno sempre e in ciascuna situazione di bisogno, comporta una necessaria "istituzionalizzazione" di ogni figura di "assistente", e tradisce la lettera e lo spirito della legge: l'art. 404 c.c. infatti, nel disporre che la persona può essere assistita, lascia un margine di scelta sia ai soggetti legittimati a proporre il ricorso nell'individuazione dei bisogni e delle condizioni dell'amministrando, sia al giudice che può valutare se sussista la necessità della nomina di un AdS; tale facoltà di scelta appare ribadita e rafforzata laddove si prevede, per i soggetti responsabili dei servizi sanitari e sociali impegnati nella cura e assistenza della persona, l'obbligo di proporre al giudice il ricorso "ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno", laddove la valutazione dell'opportunità è certamente rimessa all'ambito della conoscenza, dei poteri e delle responsabilità proprie di ogni operatore (art. 406 c.c.); si ritiene, in altri termini, che, l'avvio del procedimento non sia affatto previsto sempre e comunque, a fronte di ogni situazione di "incapacità", ma imponga un'articolata valutazione della situazione della persona in difficoltà, (senza contare poi che l'allargamento a dismisura dell'ambito di concreta applicazione dell'istituto, rischierebbe di renderlo praticamente inefficace perché in concreto non gestibile nei tempi e modi previsti dal legislatore).

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