Tribunale di Roma del 2015 (27/10/2015)



Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto l'acquisto delle azioni sociali, poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale, e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. Tuttavia, tale efficacia reale, secondo la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria che meritano condivisione, non importa anche il potere di riscatto da parte del prelazionario pretermesso. In altre parole, l’efficacia reale comporta di per sé l'opponibilità erga omnes della clausola ma nel solo senso della inefficacia rispetto alla società dell'atto di trasferimento eseguito in violazione della clausola: in questa prospettiva, la società potendo rifiutare di riconoscere quale socio l'acquirente della partecipazione il cui acquisto si sia verificato in violazione della clausola di prelazione. Al contrario, - e salvo il caso di espressa previsione statutaria - l’efficacia reale non implica la configurabilità di un diritto del socio pretermesso di "riscattare" la partecipazione oggetto della cessione non preceduta da adeguata denuntiatio, e ciò poiché il diritto di riscatto costituisce un così intenso limite all'autonomia contrattuale ed al principio generale di cui all'art. 1379 c.c. che non può ravvisarsi in ipotesi diverse da quelle di prelazione legale in tal senso espressamente regolate dalla legge (retratto successorio, prelazione agraria, prelazione nell'ambito della locazione di immobili ad uso non abitativo).

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