Trasformazione progressiva e liberazione del capitale (28/2012)


Massima

Nel caso di trasformazione progressiva in società di capitali di una società di persone con un patrimonio netto inferiore al capitale minimo del tipo societario prescelto, la necessaria integrazione del capitale da parte dei soci può avvenire anche contestualmente all’atto di trasformazione.

In tal caso, se effettuata in denaro, sarà sufficiente il contestuale versamento del 25% del maggior capitale sottoscritto direttamente nelle casse sociali, non essendo necessario il versamento presso una Banca.

La fattispecie

Il contenuto dell'atto di trasformazione è stabilito dall'articolo 2498 c.c., che richiede la menzione delle indicazioni prescritte per l'atto costitutivo del tipo di società adottato. La norma, dettata per le società di persone, viene, secondo un'interpretazione estensiva, ritenuta applicabile dalla dottrina a qualsiasi forma di trasformazione nota1, al fine di evitare ogni possibilità di eludere le norme dettate in tema di costituzione nota2.

Tra i requisiti richiesti dalla norma vi è alla lettera b) l'indicazione del capitale minimo.
Tale riferimento genera non poche incertezze applicative.

Il tenore letterale della norma citata, infatti, ha indotto parte della dottrina e della giurisprudenza a sostenere che la trasformazione configuri una vicenda analoga alla costituzione, dovendosi ad essa applicare integralmente la disciplina prevista per il momento genetico.

Appare più corretto ritenere che la trasformazione, pur nel mutamento del tipo, comporti la conservazione dell'identità della società che, in osservanza del principio di continuità, presuppone la costituzione ma non si identifica con essa.

Secondo tale preferibile tesi la trasformazione sarebbe pertanto qualcosa di diverso dalla costituzione e l'atto o la delibera di trasformazione avrebbero natura diversa rispetto all'atto costitutivo, che ne costituirebbe l'archetipo storico nota3: pertanto la disciplina della fase costitutiva non è applicabile alla modificazione del contratto e al cambiamento del tipo.

Il quesito

Nella disciplina codicistica dedicata alla trasformazione c.d. “omogenea”, a differenza della fusione e della scissione, manca nota4 una disposizione che riproduca il contenuto dell'articolo 2503 del codice civile, norma che attribuisce ai creditori il potere di opporsi alla fusione e conseguentemente alla scissione.

La dottrina nota5 ha tentato di supplire a tale carenza stabilendo che il capitale della società risultante dalla trasformazione debba essere fissato tra:
- un minimo, rappresentato dall'importo più alto tra vecchio capitale e minimo legale, ed in particolare precisando che il capitale possa essere fissato in misura inferiore al vecchio capitale solo se sia rispettata la disciplina generale sulla riduzione reale del capitale sociale (artt. 2445 e 2482 c.c.) ed
- un massimo rappresentato dal patrimonio netto. In tal caso il capitale può essere fissato in misura superiore al patrimonio netto solo se la differenza è coperta dai soci mediante nuovi conferimenti nota6.

Occorre a questo punto stabilire quando debba essere coperta questa differenza e sotto quale disciplina una volta in cui i soci, successivamente alla perizia, decidano di eseguire ulteriori conferimenti al fine di raggiungere il capitale minimo del tipo societario prescelto.

L'articolo 2500-ter cod.civ. si occupa della formazione del capitale della società trasformata stabilendo che esso debba risultare "da una relazione di stima a norma dell'articolo 2343 cod.civ. o, nel caso di società a responsabilità limitata, dell'articolo 2645 codice civile".

L'esperto provvede pertanto alla stesura della relazione di stima con le stesse modalità previste per il conferimento a capitale di beni in natura.

La finalità della relazione va quindi individuata nella "descrizione dei beni e dei crediti conferiti" nota7, "nell'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo" nonché dei "criteri di valutazione" seguiti.

Ancora una volta la correlazione posta tra la relazione di stima prevista in sede di trasformazione e quella per i conferimenti a capitale di beni in natura tradisce un equivoco, già evidenziato dalla dottrina più attenta nota8.

La trasformazione infatti, a differenza del negozio di conferimento, non ha carattere traslativo di beni o diritti ma anzi, in forza del principio di continuità sancito dall'articolo 2498 cod. civ., si caratterizza per dar vita ad un proseguimento nella titolarità dei diritti, degli obblighi e dei rapporti giuridici in capo alla società risultante dalla trasformazione.

Da un punto di vista di bilancio, il patrimonio della società resta imputato allo stesso soggetto che muta il tipo di struttura senza alcuna necessità di trasferimento del complesso dei beni o dei rapporti giuridici.

Pertanto i richiami alla disciplina del conferimento in natura, come sopra alla disciplina della costituzione, in relazione alla trasformazione non devono intendersi da un punto di vista di analogia della struttura giuridica dell'operazione che si è detto, in entrambi i casi, consistere in altro, quanto piuttosto alle garanzie sulla formazione del capitale.

In tale ottica deve essere riletta anche la funzione della perizia di stima. Se, in sede di conferimento, essa mira ad accertare che i beni conferiti siano almeno pari al valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale, in sede di trasformazione da società di persone a società di capitali la perizia assolve anche alla funzione di determinare, verificato che il valore effettivo del patrimonio non raggiunge il minimo legale, l’entità dell’integrazione da effettuarsi in denaro.

Occorre però stabilire quando debba essere coperta questa differenza e sotto quale disciplina una volta in cui i soci, successivamente alla perizia, decidano di eseguire ulteriori conferimenti al fine di raggiungere il capitale minimo del tipo societario prescelto.

L’analisi del problema

Si apre a questo punto un duplice scenario possibile:
- un primo caso in cui i conferimenti siano eseguiti secondo le norme che regolano la società trasformanda (quindi la società di persone);
- un secondo caso in cui i medesimi siano contestuali alla delibera di trasformazione e dunque soggetti alle regole della società trasformata (quindi la società di capitali).

Qualora si opti per la prima soluzione, che pone sicuramente minori dubbi interpretativi, risultando il patrimonio sociale incrementato dai soci senza attestazione del valore effettivo dei nuovi conferimenti ( in contrasto sia con l'art. 2500-ter c. 2 c.c. che, più in generale, con le norme che regolano i conferimenti in natura o di crediti nelle società di capitali), resta da chiarire se sia necessaria o no la redazione di una nuova relazione di stima, in quanto si potrebbe anche sostenere la sufficienza di una perizia (ex artt. 2343 o 2465 c.c.) integrativa dei soli nuovi conferimenti.

In ipotesi di conferimenti corredati da perizia integrativa, ci troveremmo di fronte a più relazioni, la prima che certifica il valore delle poste di bilancio prima dei nuovi conferimenti e la seconda che certifica il valore di questi ultimi.

Del resto, se la finalità della prima perizia è quella di fornire un quadro reale delle consistenze sociali, la medesima finalità non può dirsi non conseguita collazionando la prima con la seconda: tutte le relazioni – originaria e integrativa – saranno infatti redatte in accordo ai medesimi principi e avranno quindi un equivalente valore legale.

Tuttavia, qualora tali conferimenti integrativi siano effettuati in denaro, potrebbe anche dubitarsi dell'utilità e della necessità di una nuova relazione, in quanto la stessa dovrebbe limitarsi ad asseverare che il conferimento di tanti euro ha un valore equivalente di tanti euro. Tutto ciò appare francamente paradossale.

Si può allora sostenere che una volta eseguita la relazione di stima originaria, che terrà conto anche delle disponibilità liquide in quanto diretta a fornire un quadro economico complessivo della società trasformanda, gli eventuali conferimenti di denaro successivi non dovranno essere oggetto di ulteriore perizia: sarà infatti sufficiente la loro sommatoria al valore di libro della relativa posta di bilancio per ottenere il risultato finale, sul presupposto della natura autovalutativa del denaro. nota9

Deve comunque ritenersi preferibile la seconda soluzione, ossia quella di considerare i versamenti soggetti alla disciplina della società di arrivo e non a quella di partenza.

Appare infatti sostenibile che l'adeguamento del capitale al minimo di legge possa avvenire anche contestualmente alla delibera di trasformazione e che non debba essere necessariamente anteriore alla stessa.

Si pensi all’ipotesi in cui, a seguito del controllo di cui al 4° comma dell'art. 2343 (applicabile anche alla s.r.l. in caso di richiamo statutario) il valore del patrimonio risulti inferiore di oltre un quinto a quello di perizia: in tal caso la società dovrà ridurre il capitale in proporzione di tale minor valore riscontrato, a meno che il socio conferente non versi la differenza in denaro.

Se, a seguito di tale controllo e della conseguente diminuzione di valore del patrimonio, il capitale risultasse di importo inferiore al minimo, non dovrebbe forse procedersi in analogia con il caso in esame?

E’ vero che quella prevista dall’art. 2343 c.c. è una ipotesi “fisiologica” ed espressamente disciplinata, ma dal punto di vista concreto si ravvisa una analoga finalità con l’ipotesi di cui si discute: in entrambi i casi avremmo una società di persone che si è trasformata in società di capitali sulla base di un patrimonio di valore inferiore al minimo di legge e non si dubita che in tal caso il versamento da parte dei soci avvenga secondo le regole di una società di capitali.

Sposata questa tesi, si pone una ulteriore duplice alternativa:
- per una parte della dottrina sarebbe sufficiente procedere al versamento del 25% della quota di capitale sociale sottoscritta in denaro;
- per altri sarebbe comunque necessario liberare integralmente il capitale procedendo al versamento di tutta la quota sottoscritta in denaro.

Tale premessa introduce, nel caso prospettato (trasformazione progressiva da società di persone in società di capitali), la necessità di chiarire preliminarmente se, superando la preesistente tesi restrittiva ed estendendo la tesi più liberista, sia possibile e sufficiente operare l’eventuale integrazione del capitale al minimo previsto dalla legge per la società di arrivo, derivante dalla insufficiente consistenza del patrimonio netto della società di partenza, con il versamento del solo 25% della somma necessaria.

Secondo una interpretazione restrittiva, l’ipotesi del versamento del capitale non integrale ma limitata al 25% del capitale, deve ritenersi operante solo in fase costitutiva.

Tale tesi si basa sulla considerazione che non essendovi in relazione al capitale una norma dettata in tema di trasformazione, non possa in tale sede sostenersi un versamento parziale del capitale della società di arrivo.

Applicando tale dottrina all'ipotesi prospettata con il caso in esame, dovrebbe procedersi all'integrale versamento di quanto mancante al capitale minimo della società di arrivo, in quanto:
a) non vi è possibilità di un interpretazione analogica con la costituzione in quanto la società di arrivo non può essere considerata come società "neo costituita", bensì come titolare di un'attività pregressa;
b) non essendovi una norma uguale all'articolo 2503 c.c. e mancando una espressa attribuzione del potere di opposizione dei creditori, gli stessi troverebbero unica tutela solo nell'integrale versamento del capitale nota10;
c) il versamento integrale del capitale si porrebbe anche a tutela e garanzia dei soci accomandatari, per le operazioni poste in essere antecedentemente alla trasformazione.
Tale interpretazione non può essere condivisa nota11.

E' vero che non esiste norma che preveda espressamente la possibilità di integrare il capitale direttamente in sede di trasformazione, ma appare incontestabile l’esistenza di numerosi principi ed indici che portano a legittimare tale conclusione.

Il primo è quello posto a tutela dell’effettività del capitale sociale, da cui discendono le norme in tema di liberazione dello stesso: almeno il 25% per i conferimenti in denaro ed integrale per i conferimenti in natura.

Il legislatore ha operato una valutazione ex ante ritenendo che i requisiti di effettività del capitale e di tutela dei terzi fossero assicurati laddove venisse versato almeno il 25% di quanto sottoscritto in denaro.

Tutto ciò prescinde dal momento in cui la sottoscrizione si verifica ed opera sia in sede di costituzione che in sede di aumento.

Non è riscontrabile alcuna differenza, sia dal punto di vista sostanziale che di tutela dei terzi intesi nel senso più ampio del termine, tra una società di capitali che aumenta il suo capitale, da liberare parte in denaro e parte in natura, e quello della società di persone che si trasformi in società di capitali con contestuale aumento da liberare in denaro per raggiungere almeno il minimo di legge. nota12

Né può rilevarsi alcun pregiudizio per i terzi: in riferimento a debiti preesistenti potranno continuare a far conto sui patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili, mentre per quelli successivi, troveranno la stessa tutela che viene assicurata ai creditori delle società di capitali dalle norme sulla effettività del capitale sociale.

Non vi è per loro, infatti, alcuna differenza tra una società che si costituisca liberando il capitale in parte in natura ed in parte in denaro (nei limiti del 25%), rispetto a quella che si trovi nella identica situazione a seguito dell’operazione di trasformazione in oggetto.

In pratica il versamento in sede di trasformazione si porrebbe come un “tertium genus” tra quello in sede di costituzione e quello in sede di aumento del capitale, che potremmo definire quale “adeguamento al disposto di legge al fine di consentire il perfezionamento della trasformazione”.

Occorre poi sottolineare che il legislatore della riforma ha indubbiamente manifestato un notevole “favor” verso le operazioni di trasformazione, in specie quella delle società di persone in società di capitali. Ciò risulta evidente:
- dall'introduzione (art. 2500-ter) della possibilità di decidere tale operazione con il voto favorevole della sola maggioranza, calcolata in base alla partecipazione agli utili
- dall’introduzione (art. 2500-octies) della trasformazione “eterogenea”
- dalle norme sulla neutralità, anche fiscale, dell'operazione. nota13

Tale impostazione sembra trovare sostegno anche dalla Relazione governativa alla riforma nota14 che abbandonando il disposto del vecchio articolo 2498 secondo comma cod.civ (che disponeva che la relazione di stima avesse ad oggetto il solo patrimonio sociale), nella nuova formulazione del secondo comma dell’art. 2500-ter cod.civ dispone infatti che "il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell'attivo e del passivo e deve risultare dalla relazione di stima...".

E’ noto che tale formulazione è stata adottata al solo scopo di chiarire in via definitiva, superando una precedente disputa dottrinaria, che non tutto il netto patrimoniale sia da imputare a capitale, potendo essere destinato, per la differenza, alla costituzione di riserve.

L’obiettivo che il legislatore voleva raggiungere era quello di assicurare l’esistenza di un patrimonio di valore non inferiore a quanto imputato a capitale e questo sia per la storica funzione di tutela dei terzi svolta dal capitale - sebbene in modo non certo efficace - sia per la necessità di assicurare alla società quel minimo indispensabile per lo svolgimento della propria attività.

Il valore del patrimonio risultante dalla relazione, costituisce dunque il tetto massimo del capitale sociale adottabile, nel rispetto dei principi di tutela del capitale a garanzia dei terzi, ma non anche quello minimo.

Da ciò si evince ulteriormente che, non assorbendo il valore del patrimonio netto l'intero capitale, possa procedersi ad ulteriori integrazioni necessarie ai fini della ricostituzione del capitale minimo richiesto dalla società di arrivo.

Anzi la non corrispondenza tra patrimonio e capitale, avallata dalla già citata relazione governativa, pare porsi ad ulteriore tutela dell'interesse dei terzi e dei creditori al fine di giungere alla costituzione di un capitale "garantito" nota15 senza portare i soci forzosamente ad imputare l'intero patrimonio sociale a capitale.

L'integrazione in denaro in tal caso non sarebbe sottoposta a relazione di stima in quanto di per sé idonea a fornire, per la sua effettiva liquidità, garanzia della sussistenza del capitale della società di arrivo.

Data, quindi, per ammessa la possibilità di adeguare il capitale contestualmente alla delibera di trasformazione e di versare solo il 25% della quota di capitale sottoscritta in denaro, resta da stabilire se tale versamento debba essere effettuato nelle casse sociali o presso una banca, come avviene in sede di costituzione.

Parte della giurisprudenza, nella vigenza della normativa ante riforma, ha ritenuto che anche per la trasformazione in società di capitali sia necessario il versamento del 25% dei conferimenti in denaro presso una banca nota16.

Su tale ultimo argomento la dottrina più liberista ritiene, peraltro, sufficiente eseguire il versamento del 25% nelle casse sociali, sul presupposto che, esistendo già la società, non debba applicarsi il principio dettato in fase di costituzione sul necessario versamento presso una banca, ma possa invece applicarsi il principio dettato in sede di aumento del capitale con conseguente versamento nelle casse sociali nota17.

La validità di tale assunto può essere confermata anche alla luce del concetto di trasformazione risultante dall’attuale normativa.

E' del tutto evidente che a seguito dell'intervento legislativo del 2003 la trasformazione si connota come operazione polimorfica: pur trattandosi di un istituto unitario, esso si declina in diverse forme di operazioni, talvolta per esempio tra loro omogenee o eterogenee dal punto di vista della causa, talaltra progressive o regressive dal punto di vista della struttura, che, in quanto tali, richiedono forzosamente all'interprete una disamina casistica.

Lo stesso principio di continuità dell'ente, riconosciuto ormai unanimemente dalla dottrina e dalla giurisprudenza come caratteristica saliente dell'operazione, si gradua diversamente: alcuni ne sostengono l'operatività con riferimento alla struttura, altri con riferimento alla causa ed altri ancora solo ed esclusivamente come prosecuzione dell'attività.

Sebbene l'art. 2500 c. 2 c.c. imponga che l'atto di trasformazione sia soggetto al nuovo tipo sociale adottato, la fattispecie in esame, come già accennato, non integra la costituzione di una nuova società, ma solo la continuazione, giuridica ed economica di quella esistente nota18.

Conseguentemente la prosecuzione della vita della società trasformata, la quale ha solo adottato un nuovo modello organizzativo, rende plausibile che i nuovi conferimenti in denaro possano essere eseguiti mediante versamento nelle casse sociali.

Il versamento in banca nota19 trae il proprio fondamento, infatti, nel solo fatto che fino al momento dell'acquisto della soggettività giuridica la costituenda società (di capitali) non è idonea ad essere centro di imputazione di rapporti giuridici; diversamente, nel caso di trasformazione, anche in caso di invalidità della delibera e quindi di regressione della società al precedente modello organizzativo (società di persone), la medesima si (ri)troverebbe nello status quo ante senza soluzione di continuità e il suo capitale risulterebbe semplicemente incrementato in misura pari ai nuovi conferimenti.

La soluzione proposta

In conclusione, alla luce delle argomentazioni esposte possiamo affermare che, se il patrimonio sociale è inferiore al minimo legale richiesto per la società risultante dalla trasformazione, come accade di frequente in caso di trasformazione da società di persone in società di capitali, non si hanno due operazioni distinte di aumento e trasformazione, ma una unica decisione complessa di mutamento del tipo e contestuale aumento del capitale funzionale alla trasformabilità dell'ente.

Schematizzando, si può pertanto affermare che:
- è sempre ammissibile la trasformazione in società di capitali di una società di persone anche qualora il valore del patrimonio risultante dalla perizia di stima sia inferiore al minimo richiesto per la società di capitali prescelta, purché si provveda alla sua integrazione;
- l'integrazione del capitale mediante conferimento di denaro può essere effettuata contestualmente alla delibera di trasformazione ed in tal caso saranno applicabili le norme sulla società di arrivo;
- sarà pertanto sufficiente il versamento del 25% del capitale sottoscritto (ad integrazione);
- il versamento potrà essere effettuato direttamente nelle casse sociali nota20.

Dal punto di vista meramente pratico, il conseguente necessario versamento in denaro finalizzato a tale integrazione potrà certamente avvenire in un momento antecedente alla trasformazione, ma anche contestualmente alla stessa e direttamente nelle mani dell'amministratore.

Note

nota1


Si veda SERRA "La trasformazione" p. 321; TANTINI p. 230; SCARDULLA p. 134
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nota2


Così CABRAS, "Le trasformazioni", in Trattato delle società per azioni, a cura di G.E.COLOMBO e G.B. PORTALE, vol. 7***, p. 149, Torino, UTET, 1997, p. 149.
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nota3


Si veda Cass. S.U 31 ottobre 2007 n. 23109 in Giust. civ. Mass. 2007, 10 " La trasformazione di una società in un altro dei tipi previsti dalla legge non si traduce nell'estinzione del soggetto e nella correlativa creazione di uno diverso, ma configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto". Nello stesso senso si vedano Cass. 13 settembre 2002 n. 134343 in Giustizia Civile Mass. 2002, p. 1665, nonché Cass. 23 aprile 2001 n. 5963.
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nota4


Ad eccezione dell'articolo 2500-novies dettato per le trasformazioni eterogenee.
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nota5


MALTONI "La disciplina generale della trasformazione" p.3.
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nota6


Comitato Notarile della Regione Campania, massima n. 12 Trasformazione di societa' di persone in societa' di capitali- capitale sociale della societa' che si trasforma superiore al valore del patrimonio netto attestato dalla relazione di stimariduzione del capitale a tale valore in sede di trasformazione-necessita'- inapplicabilita'dell'art. 2306 c.c. "Nelle trasformazioni di società di persone in società di capitali, ferma la necessità di rispettare l'ammontare minimo fissato dalla legge, il capitale sociale della società risultante dalla trasformazione non può essere superiore al valore del patrimonio netto attestato nella relazione di stima, cosicché il capitale sociale della società che si trasforma, ove maggiore, deve essere contestualmente ridotto fino all'importo di detto valore, senza che trovi all'uopo applicazione l'articolo 2306 cod.civ".
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nota7


MOSCA C. in "Trasformazione di società di persone" commento all'articolo 2500-ter in Commentario Marchetti Bianchi, Egea- Giuffré,2006 p. 137 e ss.
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nota8


GENOVESE A. " La trasformazione",p. 329; FORTUNATO S. in Capitale e bilanci nella s.p.a in Riv. soc. 1991 p. 172.
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nota9


Certo però è che qualora i nuovi conferimenti implichino una variazione anche di altre poste di bilancio, non si potrà eseguire una mera sommatoria dei valori risultanti dalle diverse perizie, dovendosi piuttosto procedere con una nuova rinnovata relazione di stima che riguardi l'intero patrimonio della società trasformanda, nella sua nuova complessiva consistenza.
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nota10


Questo argomento, almeno per le Srl, può ritenersi ormai privo di valore, visto che il legislatore ha esplicitamente disconosciuto che il capitale sociale abbia anche tale funzione introducendo ben due tipi di Srl con un solo euro di capitale.
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nota11


A favore di una interpretazione più liberale, in dottrina v. Cabras, Le trasformazioni, in Tratt. Colombo, Portale, VII, 3, Torino, 1996; Cagnasso, La trasformazione delle società, in Comm. Schlesinger, Milano, 1990, 6; in giurisprudenza le pronunce in nota 9 ed in nota 10.
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nota12


Del resto, che la srl abbia solo il 25% del capitale versato è uno status fisiologico e non patologico. E’ assai frequente nella nostra prassi di trovarci con società, anche di notevole “anzianità”, in cui capitale non risulta interamente versato e questo non ne impedisce certo l’operatività né le limita in alcun modo. Vero è che i principi e le regole contabili e comunitarie, prime fra tutte le famigerate “Basilea”, impongono sempre più una idonea capitalizzazione, ma questo non ha nulla a che vedere con il profilo che ci interessa, estrinsecandosi esclusivamente in una possibile limitazione nell’accesso al credito.
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nota13


A ben vedere, poi, non esiste neppure una norma che escluda la necessità di una perizia di stima in caso di integrazione in denaro effettuata in regime di società di persone, per cui, volendo essere estremamente dogmatici, dovrebbe concludersi che anche nel caso precedentemente illustrato si renderebbe necessario integrare la perizia di stima, con ciò rendendo impossibile l'operare di una integrazione contestualmente alla delibera.
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nota14


Punto 14 della Relazione "... Si è ritenuto di aderire alla tesi per cui non tutto il netto da patrimonio sia da imputare a capitale, in tal caso essendo opportuno fissare come tetto massimo del capitale sociale il suddetto valore…….
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nota15


PINARDI M. "La trasformazione", Giuffré, Milano, 2005 p. 111 e ss.
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nota16


Trib. Biella ,11 agosto 1980 in Giurisprudenza commerciale, 1982, II, p.54; Trib. Ascoli Piceno 6 novembre 1980 in Giurisprudenza Italiana 1981, I, 2, p. 518; Trib. Ascoli Piceno 22 novembre 1988, in Società 1989, p. 287.
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nota17


A favore di quest'ultima impostazione sostenuta dall'orientamento si veda sempre MALTONI Op.cit. p. 21 e Trib. Roma 1985 in Vita Notarile 1986, p. 352 di cui si riporta la massima "Nell'ipotesi di trasformazione di società a base personale (nella specie s.a.s) in società a base capitalistica (nella specie S.p.A) non trova applicazione l'articolo 2329 n. 2 cod. civ. essendo quindi lecito un versamento dei decimi eseguito nelle casse della società". Contra in dottrina Campobasso "Diritto commerciale" e in giurisprudenza cfr. Trib Biella 11 agosto 1980 in Giurisprudenza commerciale 1982, II, p. 54 con nota di BOERO di cui si riporta la massima "Nel caso di trasformazione di una s.a.s in una s.p.a è necessario il versamento presso l'istituto di emissione dei tre decimi dei conferimenti in denaro".
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nota18


Appello Bari 10 febbraio 1986, in SOCIETA', 1986, 1014: “Può ordinarsi l'iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione di trasformazione di una società a responsabilità limitata in società per azioni se viene verificata la sussistenza di tutte le condizioni richieste dalla legge per il tipo di società da costituire; a questo fine, è da ritenersi sufficiente il versamento dei tre decimi del deliberato aumento del capitale fino al minimo legale nelle casse sociali, anziché presso l'istituto di emissione, dovendosi ritenere quest'ultima formalità necessaria ed inevitabile solo nell'ipotesi di costituzione ex novo della società, e non anche in quella in cui già esiste l'ente società.”
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nota19


Anche queste argomentazioni devono oggi essere riviste alla luce delle nuove Srls e Srlcr in cui è previsto espressamente il versamento del capitale iniziale nelle mani dell'amministratore e non più in banca.
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nota20


Qualora l'integrazione venga effettuata in un momento successivo alla redazione della perizia di stima, ma anteriormente all'operazione di trasformazione, non sembra necessario procedere ad un'ulteriore perizia integrativa, in quanto il versamento in denaro - necessariamente integrale - non dovrà necessariamente essere attestato dalla perizia che, come sopra esposto, in tal caso si limiterà a dare atto del patrimonio netto esistente.
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