La violenza si differenzia dal cosiddetto
timore riverenziale (
metus reverentialis) che consiste in quel sentimento di grande rispetto (per il vero oggi fenomeno assai raro) che si nutre verso persone autorevoli, tale da indurre ad adeguare la condotta a ciò che presumibilmente dette persone si aspettano
nota1.
Nel timore reverenziale non v'è azione coartatrice.
Il rispetto è un
modo di sentire di colui che pone in essere l'atto e può a pieno titolo essere annoverato tra i
motivi nota2 che influenzano il processo volitivo di ogni persona. Non c'è violenza perchè non c'è minaccia, anche se la persona temuta avesse fatto intendere il proprio disappunto o la propria riprovazione
.A cagione di ciò, se Tizio emette una determinata dichiarazione per essere ben considerato ovvero per non essere biasimato dalla persona di cui teme il giudizio, l'atto non è annullabile (art.
1437 cod.civ. ).
Il timore, purchè di eccezionale gravità, rende tuttavia impugnabile il matrimonio (I° comma art.
122 cod.civ.)
nota3. Nell'ambito del diritto canonico grande è la differenza tra il detto timore, rilevante ai sensi dell'art.
122 cod.civ. e il vero e proprio timore reverenziale di cui al canone 1087 cod.jur. canonico, che rende nullo il matrimonio a causa dell'imperfetta formazione della volontà di quello degli sposi che abbia espresso il proprio consenso, ad esempio per timore di ciò che pensano i genitori (Cass. Civ. Sez. I,
3944/84 ).
Note
nota1
Esso non costituisce altro se non una situazione di soggezione psicologica. V. Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p.662.
top1nota2
Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.210.
top2nota3
Cfr. Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, p.658; Gallo, I vizi del consenso, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.476.
top3 Bibliografia
- GALLO, I vizi del consenso, Torino, I contratti in generale a cura di Gabrielli, 1999