Teoria della autoresponsabilità



Dal punto di vista pratico l'adesione dell'interprete alla teoria della volontà ovvero a quella della dichiarazione pone problemi antiteticamente insormontabili.

L'accoglimento della prima salvaguarda maggiormente il rispetto dell'intento negoziale: ciò tuttavia intollerabilmente a discapito della fiducia di chi, nella contrattazione, è il destinatario dell'altrui dichiarazione.

La seconda presenta il difetto inverso: attribuendo un peso decisivo all'esteriorità dell'atto, non consente di porre in evidenza l'eventuale imperfetta formazione della volontà del dichiarante, ponendo l'accento sul significato oggettivo dell'atto con il quale vengono regolati gli interessi patrimoniali in gioco.

Occorreva pertanto un temperamento delle riferite teoriche che valesse a salvarne gli aspetti positivi di ciascuna.

A questo proposito, un primo tentativo di sintesi è rappresentato dall'elaborazione della teoria dell'autoresponsabilità.

Essa rappresenta una moderazione della teoria della volontà: il dichiarante viene considerato come vincolato al contenuto della manifestazione anche quando questa non fosse corrispondente alla propria volontà, tutte le volte che questo accade per sua colpanota1 . Occorre brevemente chiarire il concetto. Non si tratta di una sanzione collegata ad un giudizio di colposità della condotta non avveduta o negligente del dichiarante. Si tratta semplicemente di affermare la rilevanza e la vincolatività di dichiarazioni che siano state emesse da costui, senza che possa tenersi conto dell'eventuale non conformità della dichiarazione rispetto alla volontà interiore del dichiarante, a tutela delle aspettative di coloro che ne sono i destinatari. Qual è il criterio di selezione tra le dichiarazioni vincolanti e quelle non vincolanti? Occorre far riferimento alla scusabilità dell'errore in cui sia incorso il dichiarante, in difetto del quale quest'ultimo si deve ritenere comunque vincolato rispetto a quanto esternatonota2 .

La teorica in esame risulta, con tutta evidenza, angolata dal punto di vista di chi effettua la dichiarazione, non valendo tuttavia a tutelare pienamente colui che tale dichiarazione riceve. Per di più, potrebbe paradossalmente offrire protezione a quest'ultimo in ipotesi in cui una tutela si paleserebbe comunque inopportuna. Si pensi al caso di una dichiarazione viziata in relazione ad un punto essenziale del contratto in cui sia caduto il dichiarante, a cagione di un errore inescusabile, errore comunque assolutamente riconoscibile dall'altra parte. In questo caso, secondo la teoria dell'autoresponsabilità, il contratto rimarrebbe comunque valido ed efficace, nonostante non vi fosse alcun affidamento dell'altro contraentenota3 .

Il nostro ordinamento respinge una siffatta concezione, poichè l'azione di annullamento del contratto per errore non è subordinata al requisito della scusabilità dell'errore in capo al dichiarante (Cass. Civ. Sez. II, 985/98 ).

L'unica norma del codice civile che si riferisce ad un errore scusabile è l'art. 2036 cod.civ. che, in tema di indebito soggettivo ex latere solventis, subordina la ripetizione di quanto indebitamente corrisposto alla scusabilità dell'errore in cui sia incorso il solvens.

Note

nota1

Analogamente Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.258.
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nota2

In questo senso Pugliatti, voce Autoresponsabilità, in Enc.dir., vol.IV, p.452. Contra Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.21, per il quale il dichiarante rimarrebbe impegnato dalle sue dichiarazioni a prescindere da una valutazione della sua condotta in termini di colpa.
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nota3

Svolge analoghe critiche a questa teorica Torrente-Schlesinger, Manuale di dir.priv., Milano, 1985, p.181.
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Bibliografia

  • PUGLIATTI, Autoresponsabilità, Enc.dir., IV

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