Strutture negoziali a causa variabile



Vi sono figure, o meglio strutture negoziali, il cui elemento causale può dirsi contrassegnato da variabilità.
Si pensi all' espromissione (art. 1272 cod.civ.)ed all' accollo (art. 1273 cod.civ.): si tratta di fattispecie negoziali che introducono una modificazione nel lato passivo del rapporto obbligatorio determinando l'incremento del numero dei soggetti obbligati ovvero la sostituzione del precedente soggetto passivo con un altro. Qual è il motore di questi effetti? Può variare caso per caso. La spontanea assunzione di un debito altrui può dipendere ad esempio da un intento liberale dell'espromittente. Altrettanto è a dirsi in tema di accollo: quando non sussistesse alcun rapporto di provvista tra accollante ed accollato, in difetto di surrogazione del primo nel diritto di credito vantato dall'accollatario che riceve il pagamento del debito si prospetterebbe analoga vicenda.

Adempimento del terzo (art. 1180 cod.civ. ), remissione del debito(art. 1236 cod.civ.) contratto a favore di terzo (art. 1411 cod.civ. ), cessione del credito (art. 1260 cod.civ. ) e cessione del contratto (art. 1406 cod.civ.) evocano fattispecie analogamente connotate da un elemento causale variabile. Meno scontato, ma parimenti appropriato appare altresì il riferimento alla vendita ( rectius : cessione) di eredità (art.1542 cod.civ.), che può assumere varie configurazioni (art.1547 cod.civ.).

Occorre a questo punto approfondire il significato di un'espressione che può dar luogo ad equivoci. In dottrina infatti la nozione di causa variabile è stata criticata, con particolare riferimento all'elemento causale della cessione del credito. Si è sostenuto infatti che la causa della cessione del credito non sarebbe indeterminata o variabile, bensì l'elemento causale (la vendita, la donazione, la datio in solutum ) che, di volta in volta, vale a giustificare l'atto nota1 . E' palese che questa notazione si presta ad essere reiterata per ciascuna delle figure innanzi citate.

La critica non sembra tuttavia aver colto il nodo concettuale di fondo, costituito dalla nozione stessa di causa. Se l'elemento causale viene colto nella propria essenza sintetica, composta cioè dalla corrispondenza della causa astratta e da quella che in concreto viene a informare di sé la pattuizione effettivamente posta in essere dalle parti, allora la nozione di causa variabile può essere accolta.

La cessione del credito è uno schema connotato, in astratto, da un elemento causale "neutro", vale a dire che è a disposizione delle parti che in concreto lo possono utilizzare donandi causa, solvendi causa, etc.

E' soltanto nel momento in cui lo schema astratto viene usufruito dalle parti che lo "calano" nella concreta attività giuridica che esso assume una causa determinata. E' chiaro allora che, una volta perfezionata la cessione del credito, essa non può più definirsi "a causa variabile". In quel momento essa sarà connotata dalla causa, determinata, fissa ed invariabile, che le parti hanno concretamente adoperato.

Con l'espressione "causa variabile" si intende allora significare la neutralità in astratto di uno schema che, a priori, non consiste altro se non in un effetto (determinare il trasferimento del credito, quello dell'intera posizione contrattuale, giustificare il pagamento operato da un soggetto diverso dal debitore, giustificare un'attribuzione favorevole a favore di un soggetto estraneo rispetto al congegno negoziale nota2 ) e che, a posteriori, viene qualificato da un elemento causale concreto fisso e determinato nota3 .

Non si può dire connotata dalla variabilità dell'elemento causale la rinunzia abdicativa per i motivi che meglio saranno illustrati in sede di specifica disamina.

Note

nota1

Così Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.681.
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nota2

I sostenitori della tesi dell'esistenza di una causa propria ed autonoma della cessione del contratto (Briganti, voce Cessione del contratto, in Enc.Giur.Treccani, p.5 e Clarizia, La cessione del contratto, in Comm. del cod.civ., dir. da Schlesinger, Milano, 1991, p.50) confondono questo effetto con la causa stessa.
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nota3

In questo senso si possono comprendere le opinioni di chi (Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, p.24) ritiene che la cessione "avrà la causa dello specifico negozio traslativo che si compie".
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Bibliografia

  • CAPOZZI, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Milano, Dei singoli contratti, 1988
  • CLARIZIA, La cessione del contratto, Milano, Comm. Schlesinger, 1991

Prassi collegate

  • Quesito n. 137-2011/T, Accollo di mutuo contestuale a donazione d'immobile, ipotesi di tassazione

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