Soggetti titolari della facoltà di accettare con beneficio di inventario (chiamato possessore e chiamato non possessore)



Quando il chiamato ha la facoltà nota1 di accettare fruendo del beneficio di inventario, la legge distingue, quanto a vari aspetti procedurali, al precipuo scopo di tutelare i diritti dei creditori ereditari e dei legatari, il caso in cui l'erede sia nel possesso dei beni ereditari rispetto a quello in cui non lo sia. Nella prima ipotesi infatti è evidente che la situazione di fatto che si determina quando il chiamato abbia la disponibilità materiale e giuridica dei cespiti ereditari può agevolare condotte intese all'occultamento o alla sottrazione dei medesimi. Come deve essere inteso il possesso dei beni ereditari in questione? A questo proposito non è necessario fare riferimento ad una nozione tecnica di possesso, vale a dire come quel potere che corrisponde alla titolarità di un diritto reale. E' sufficiente che il chiamato vanti la disponibilità materiale dei beni (anche soltanto di uno di essi: Cass. Civ. Sez. II, 4707/94) a qualsiasi titolo, ad esempio anche a titolo di custodia. Detto "possesso" non è escluso neppure dal fatto che la detenzione sia in capo ad altri soggetti che riconoscano l'appartenenza dei beni all'asse ereditario (Cass. Civ. Sez. II, 1301/77). Riscontrandosi una siffatta situazione, della quale l'interessato deve comunque debitamente dare conto (Cass. Civ. Sez. II, 11634/91; Cass. Civ. Sez. Lavoro, 2198/87), incomberà sul chiamato l'onere di dimostrare l'esistenza di un evento che abbia concretamente impedito l'esercizio del potere di fatto sui beni (Cass. Civ. Sez. II, 7076/95). Sarà comunque indispensabile la consapevolezza del fatto che i beni appartengano all'asse ereditario, cioè che provengano da una successione a causa di morte in relazione alla quale si sia chiamati come eredi (Cass.Civ. Sez. II, 3175/79) nota2. Sotto il profilo probatorio si può rilevare come l'attestazione del curatore dell'eredità giacente, circa la situazione dei beni ereditari, sia stata reputata idonea ad integrare la prova del possesso da parte del chiamato (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 9240/94).

Ogniqualvolta il chiamato si trovi, a qualsiasi titolo, nel possesso dei beni ereditari occorre che egli provveda a fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredità (485 cod.civ. ). Qualora entro detto termine l'abbia cominciato, ma non sia stato in grado di completarlo, può ottenere dal Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi (ultima parte I comma art. cit. 485, in ogni caso per non più di una volta: cfr. Cass. Civ., Sez.III, 2033/10). Ciò ancora non basta: ai sensi del II comma dell'art. 485 cod.civ., trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice. Si tratta di un'ipotesi di decadenza "impropria" nota3 dal beneficio, comminata all'erede a titolo di sanzione per avere omesso il compimento della predetta attività entro il lasso di tempo assegnatogli dalla legge o dal giudice. Spetterà al creditore che agisce per far valere la responsabilità ultra vires di dare conto dei ritardi e delle omissioni che conducono alla detta situazione (Cass. Civ. Sez. II, 3842/95 ).
Le riferite conseguenze postulano che il chiamato abbia comunque posto in essere l'atto di accettazione. Cosa dire dell'eventualità in cui costui, pur avendo compiuto l'inventario, non abbia ancora fatto la dichiarazione di cui all'art. 484 cod.civ. ? L'ultimo comma dell'art.485 cod.civ. prescrive al riguardo che il chiamato abbia un termine di quaranta giorni da quello del compimento dell'inventario medesimo, per deliberare se accetta o rinunzia all'eredità. L'inutile decorso di questo termine conduce parimenti alla perdita del beneficio, pur dovendosi il chiamato considerare erede puro e semplice. Si tratta di un'ipotesi di c.d. accettazione presunta nota4 che rinviene la propria radice nella situazione di possesso dei beni ereditari. Ogni altra conseguenza è esclusa come, più in particolare, l'eventuale prescrizione del diritto all'eredità (Cass. Civ. Sez. II, 2911/98).
Se invece il chiamato non si trova nel possesso dei beni ereditari, egli può fare la dichiarazione di accettazione col beneficio di inventario fino a che il diritto di accettare non è prescritto, vale a dire, ordinariamente, entro dieci anni (I comma art. 487 cod.civ. ). Tuttavia, nel caso in cui egli abbia fatto la dichiarazione di accettazione, deve poi compiere l'inventario nel termine di tre mesi dalla dichiarazione stessa (salvo la proroga accordata dall'autorità giudiziaria, a norma del già esaminato art. 485 cod.civ.). Quando detti termini non siano rispettati ne segue la considerazione del chiamato come erede puro e semplice (II comma 487 cod.civ. ). Ciò anche quando sia stata chiesta ed accordata dall'autorità giudiziaria l'apposizione di sigilli (Cass. Civ. Sez. II, 1787/81 ). Si reputa che la legittimazione a far valere la decadenza spetti comunque ai soli creditori ereditari ed ai legatari, similmente a quanto dispone l'art. 505 cod.civ. (Cass. Civ. Sez. II, 329/77).
Normalmente l'atto di accettazione avrà preceduto il compimento delle operazioni inventariali. Esaminiamo, simmetricamente rispetto a quanto abbiamo già fatto per il chiamato possessore, cosa accada quando il chiamato non possessore, pur avendo effettuato l'inventario rispettando i termini di legge, non abbia posto in essere l'atto di accettazione. Il III comma dell'art. 487 cod.civ. gli assegna a questo fine un termine di quaranta giorni che decorrono dal compimento dell'inventario per compiere l'accettazione. In caso contrario l'esito è ben differente rispetto a quello che abbiamo visto scaturire dall'atteggiamento omissivo del chiamato possessore che pure avesse compiuto l'inventario. Infatti quando il chiamato non è nel possesso si verifica la perdita del diritto di accettare l'eredità. Quanto detto non esclude che il chiamato possa anche accettare puramente e semplicemente nel corso delle operazioni inventariali, mettendo ovviamente fuori giuoco la regola appena esaminata (Cass. Civ. Sez. II, 1628/85).

Note

nota1

Facoltà che non sempre è data al delato: si considerino i casi di accettazione beneficiata legalmente necessari (in relazione allo stato di incapacità assoluta o relativa di agire, con riferimento alle eredità lasciate ad enti non lucrativi: cfr. gli artt. 471, 472 e 473 cod.civ.).
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nota2

Analogamente Ferri, Successioni in generale (Artt. 512-535), in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1968, p.309, a giudizio del quale è altresì sufficiente che la disponibilità si eserciti solo su una parte dei beni ereditari e non su tutta la massa ereditaria, adducendo a prova di ciò il dettato letterale della norma che parla di possesso "di beni ereditari" e non "dei beni ereditari".
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nota3

Impropria in quanto antecedente al beneficio: sarebbe perciò meglio che essa fosse configurata come perdita del diritto di effettuare la scelta del beneficio d'inventario (Lorefice, L'accettazione con beneficio d'inventario, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p.282). Vera e propria decadenza, in quanto successiva al conseguimento del beneficio dell'inventario, è invece quella disposta dall'art.505 cod.civ..
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nota4

La cui natura corrisponde a quella del mero fatto giuridico, come meglio verrà evidenziato in sede di disamina specifica della fattispecie.
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Bibliografia

  • FERRI, Successioni in generale. Art.456 - 511, Bologna Roma, Comm.cod.civ. Scialoja Branca, 1980
  • LOREFICE, L'accettazione con beneficio di inventario, Padova, Successioni e donazioni, 1994

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