Società in nome collettivo: rappresentanza



A mente dell'art. 2298 cod.civ. l'amministratore della società in nome collettivo che ne ha la rappresentanza può compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, salve le limitazioni risultanti dall'atto costitutivo o dalla procura.

In linea generale l'amministratore può compiere, in nome e per conto della società, tutti gli atti che si pongono come strumento per raggiungere lo scopo sociale. Quindi, in primo luogo, quei negozi che attuano essi stessi l'attività imprenditoriale costituente l'oggetto della società nota1. Al riguardo il potere di rappresentanza si estende solitamente a tutti quegli atti che ineriscono all'oggetto sociale, senza necessità di distinguere tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, con la conseguenza che anche un'alienazione di beni potrebbe ritenersi, con riferimento all'oggetto sociale, compresa tra i poteri dell'amministratore (Cass.Civ. Sez.II, 9296/94 ).

Ciò premesso, dall'esame dell'art. 2298 cod. civ. si ricava anzitutto la dicotomia tra potere di gestione e potere rappresentativo. Il primo possiede una rilevanza semplicemente interna, mentre il secondo consente la spendita del nome della società all'esterno. Occorre osservare come la formulazione del I comma della disposizione in esame non sia del tutto perspicua. Sicuramente da esso si desume che non tutti gli amministratori debbano essere dotati di poteri rappresentativi nota2; in secondo luogo sembrerebbe altresì importare che il potere di rappresentanza possa essere conferito solo a coloro che rivestono la qualifica di amministratori della società. Se quest'ultima affermazione fosse fondata, il riferimento normativo alla procura (in alternativa rispetto all'atto costitutivo) quale fonte del detto potere rappresentativo potrebbe legittimare l'opinione in forza della quale potrebbero darsi amministratori non soci. Che bisogno vi sarebbe mai di investire un socio amministratore di poteri rappresentativi in forza di una procura? Quest'ultima sembrerebbe essere lo strumento idoneo ad ottenere un siffatto risultato con riferimento a soggetti estranei alla compagine sociale. A questo ragionamento è tuttavia sottesa una chiarezza concettuale che pare estranea al quadro normativo generale relativo alle società a base personale. Si potrebbe infatti sostenere che, ogniqualvolta i poteri rappresentativi vengono conferiti durante la vita della società e successivamente alla sua costituzione, la "procura" è lo strumento atto a produrre il risultato, quand'anche il conferitario fosse uno dei soci. D'altronde il conferimento dei poteri rappresentativi non importerebbe automaticamente l'assunzione da parte del soggetto che ne fosse investito della qualità di amministratore. Ben si potrebbero nominare soggetti estranei alla compagine sociale come procuratori o institori, dotandoli di poteri comunque subordinati al controllo dei soci amministratori.

Svolte queste precisazioni di ordine del tutto generale, è il caso di notare come la competenza dell'amministratore che ha la rappresentanza della società non è connotata da limitazioni speciali, salvo il limite generale costituito dalla tipologia dell'attività svolta. In questo modo va inteso il riferimento a qualsiasi atto rientrante nell'oggetto sociale. Cosa dire dell'attività che non possa dirsi rientrare in querst'ultimo? L 'atto posto in essere dall'amministratore che ha speso il nome della società sarà annullabile nel termine di prescrizione preve di cinque anni (ex art. 1442, I comma cod.civ. : cfr. Cass.Civ. Sez.I, 3514/99 ). Sono inoltre salve le limitazioni palesate dall'atto costitutivo o dalla procura. Ai fini dell'opponibilità ai terzi della dette limitazioni l'art. 2298 cod. civ. contempla una duplice regola. Anzitutto esse devono risultare iscritte nel registro delle imprese. Si tratta di una forma di pubblicità dichiarativa funzionale a rendere conoscibili le dette limitazioni, di modo che i terzi non possano utilmente allegare la propria ignoranza allo scopo di disconoscerle. In secondo luogo è comunque ben possibile che, nonostante l'assenza di pubblicità legale i terzi conoscano comunque i limiti del potere rappresentativo propri del soggetto con il quale hanno a che fare. Ecco perchè è data la possibilità in ogni caso di provare che i terzi avessero contezza di siffatte limitazioni (ultima parte dell'art. 2298 cod.civ. ).

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Note

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Campobasso, Diritto commerciale, vol. II, Torino, 1997, p.90.
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V'è in dottrina chi rileva come (Bavetta, La società in nome collettivo, in Tratt.dir.priv., diretto da Rescigno, vol. XVI, Torino, 1985, p.153) sia conseguentemente ben possibile che non tutti i soci siano amministratori e che non tutti gli amministratori abbiano la rappresentanza sociale.Sarà comunque necessaria una qualche forma di deliberazione dei soci che affidi la rappresentanza solo ad alcuno degli amministratori. In essa dovranno essere fissati eventuali limiti al potere rappresentativo, da debitamente pubblicizzare.L'iscrizione delle limitazioni nel registro delle imprese di tali limitazioni non potranno comunque essere di tale ampiezza da escludere in pratica ogni potere di gestione: cfr.Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1987, p.172.
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Bibliografia

  • BAVETTA, La società in nome collettivo, Torino, Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, vol. 16, t. II, 1985
  • CAMPOBASSO, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, Torino, II, 1997
  • DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1987

Prassi collegate

  • Quesito n. 1009-2014/I, Concordato preventivo omologato e rappresentanza della società

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