Sanabilità delle deliberazioni nulle (società di capitali)



L'art. 2379 bis cod. civ. introdotto in esito all'entrata in vigore della riforma del diritto societario, ha inaugurato l'istituto della sanatoria delle deliberazioni assembleari nulle, come manifestato dal titolo della norma nota1.

Essa prescrive anzitutto che l'impugnazione della deliberazione invalida a cagione della mancata convocazione non possa essere esercitata da chi, anche in un tempo successivo, abbia dichiarato il proprio assenso allo svolgimento dell'adunanza assembleare. Si tratta non già di un'ipotesi di sanatoria, bensì di una mera preclusione al promuovimento dell'azione volta a far valere il vizio. La legge incide ancor prima che sul recupero della fattispecie invalida, sulla legittimazione attiva afferente all'invalidità, all'evidente scopo di scoraggiare condotte ambigue. Ciò non esclude, ovviamente, che l'impugnativa possa essere proposta da altri soggetti (stante la legittimazione attiva, spettante a chiunque ne abbia interesse) e che, una volta accolta la relativa domanda, gli effetti della pronunzia di accoglimento possano prodursi anche per colui che non avrebbe potuto proporla nota2. In relazione alla natura dell'"assenso" menzionato dalla norma in esame, appare condivisibile il rilievo secondo il quale occorre quantomeno che il socio abbia conoscenza del vizio invalidante afferente alla convocazione nota3.

Differente è il caso di cui al II comma, il quale prescrive che l'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata in forza della verbalizzazione eseguita nel tempo che precede la susseguente adunanza assembleare. In tale eventualità la deliberazione produce effetto a far tempo dalla data in cui è stata assunta, sia pure fatti salvi i diritti dei terzi che in buona fede l'avessero ignorata. In questo caso si tratta di una vera e propria sanatoria produttiva di effetti sostanziali. Sarà dunque sufficiente procedere all'operazione materiale consistente nell'esecuzione della verbalizzazione per determinare il venir meno, con effetti ex tunc, della causa di nullità. Opportunamente la legge pone, quale limite alla detta efficacia retroattiva, i diritti che medio tempore fossero stati acquisiti dai terzi che incolpevolmente (in buona fede) avessero ignorato l'esistenza della deliberazione non verbalizzata.

E' possibile fare applicazione della norma in esame anche all'ipotesi di verbale semplicemente incompleto (vale a dire un difetto di verbalizzazione soltanto parziale)? Si pensi al caso in cui non risulti nella verbalizzazione, pure effettuata, l'indicazione afferente alla misura del capitale sociale rappresentato in assemblea. Sembra plausibile al riguardo una risposta affermativa, sulla scorta della considerazione in base alla quale la carenza di verbalizzazione relativa ad un singolo aspetto di quanto constatato e deliberato rappresenta un vizio sicuramente minore della mancanza assoluta del verbale. Non è tuttavia da sottovalutare la distinzione tra aspetto sostanziale ed aspetto semplicemente formale. Un conto è la carenza di verbalizzazione di accadimenti e di dichiarazioni che pure si sono svolte storicamente nel corso dell'adunanza (delle quali dunque si potrà dar conto successivamente), altra cosa è l'intrinseca difettosità del fatto (non rimediabile per il tramite del rimedio qui in esame). In altri termini la sanatoria consente di recuperare il semplice difetto di verbalizzazione di quanto si è svolto in assemblea, ma non permette di recuperare il difetto sostanziale consistente nella mancata esecuzione nel corso dell'adunanza di operazioni necessarie o di adempimenti da eseguirsi. Come appare evidente il correlativo profilo probatorio è in grado di porre cospicui problemi pratici.

Da ultimo è il caso di segnalare la portata pratica dell'art. 223 sexies disp. trans. cod. civ. , ai sensi del quale le disposizioni afferenti l'invalidità delle deliberazioni assemblerari nel testo risultante dalla novella si applicano anche alle deliberazioni assunte nel tempo che precede il giorno 1 gennaio 2004, a meno che l'impugnativa non sia stata già proposta prima di tale data. In tal modo viene conferita efficacia retroattiva alla legge di riforma, con la precisazione, relativamente ai termini entro i quali l'azione può essere proposta, che nell'ipotesi in cui essi scadono entro il 31 marzo 2004, entro tale data le relative impugnative possono essere esercitate nota4.

Note

nota1

Nel tempo precedente la riforma ci si domandava se potesse applicarsi alla deliberazione nulla il principio di cui al previgente III comma dell'art. 2377 cod. civ. (in base al quale l'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi in buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione di essa). L'apprezzamento dell'eccezionalità della norma e la considerazione delle caratteristiche fondamentali della nullità (tra le quali soprattutto inettitudine ab origine a sortire effetti) rendevano plausibile la soluzione negativa. In particolare sostenevano l'inopponibilità delle delibere assembleari nulle ai terzi in buona fede, Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963, p. 364; Ferrara, Gli imprenditori e le società, Milano, 1984, p. 536. Prevaleva tuttavia l'opinione favorevole. Gli effetti sananti non si sarebbero prodotti comunque quando la nullità fosse dovuta ad impossibilità od illiceità dell'oggetto: cfr. Grippo, L'assemblea, in Tratt. dir. civ. e comm. dir. da Rescigno, Torino, 1985, p. 422. Per quanto invece attiene al vecchio testo del IV comma dell'art. 2377 cod. civ. apri, norma in forza della quale non poteva avere luogo l'annullamento della deliberazione pur oggetto di impugnativa, ogniqualvolta essa fosse stata sostituita da altra assunta in conformità della legge, cfr. Cass. Civ. Sez. I, 1794/83 .
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nota

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nota6

nota2

Similmente a quanto accade nell'ipotesi della convalida del contratto (art. 1444 cod. civ. ) e della conferma delle liberalità (artt. 590 e 799 cod. civ.) Cfr. Spena, in La riforma delle società, 2/I, Torino, 2003, p. 379, con speciale riferimento alla nota 5.
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nota3

Spena, La riforma, op. cit., p. 379.
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nota4

Pertanto se l'impugnativa fosse già stata proposta anteriormente al 1 gennaio 2004 risulteranno applicabili le norme previgenti. Ciò, come appare evidente, conduce all'applicazione di due normative differenti, a seconda che la medesima fattispecie, soggetta nel tempo in cui si è verificata alla normativa previgente, venga assoggettata ad impugnativa proposta prima della fine del 2003 ovvero successivamente a tale data. Al riguardo non sembra infondato il dubbio di illegittimità costituzionale che già da una prima interpretazione appare affacciarsi (cfr. Spena, La riforma, op. cit., p. 380).

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Bibliografia

  • FERRARA, Gli imprenditori e la società, Milano, 1984
  • GRAZIANI, Diritto delle società, Napoli, 1963
  • GRIPPO, L'assemblea nelle società per azioni, Torino, Tratt.dir.priv. diretto da Rescigno, 1985
  • SPENA, La riforma delle società, 2/1, Torino, 2003

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