Risoluzione per inadempimento e vendita con riserva della proprietà



In forza degli artt. 1525 e 1526 cod.civ. viene dettata, in tema di vendita con patto di riservato dominio, una disciplina specifica relativamente alla risoluzione per inadempimento.

Si tratta di regole pattiziamente inderogabili, poste a tutela esclusiva degli interessi del compratore nota1.

L'art. 1525 cod.civ. dispone che, nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto. Il compratore conserva altresì il beneficio del termine (art. 1186 cod.civ. ) relativamente alle rate successive. Viene, in sostanza, ad essere modificato il principio generale previsto dagli artt. 1455 e 1456 cod.civ. in materia di risoluzione del contratto per inadempimento.

In forza della prima norma la risoluzione non può essere domandata se l'inadempimento è qualificato da una scarsa importanza, tenuto conto dell'interesse dell'altra parte; con la seconda invece viene conferito alle parti il potere di specificare e di prevedere le condotte ed i requisiti dell'inadempimento che conduce alla risoluzione.

L'art. 1525 cod.civ. predetermina dunque in via non modificabile convenzionalmente (reputandosi nulla ogni pattuizione che attribuisse forza risolutiva ad un inadempimento di minor importanza) la soglia minima della gravità dell'inadempimento (il mancato pagamento di almeno due rate che superino l'ottava parte del prezzo) ai fini della risoluzione nota2.

Con la seconda norma si stabilisce che, nell'ipotesi in cui la risoluzione del contratto si verifica in conseguenza dell'inadempimento del compratore, il venditore è obbligato alla restituzione delle rate già riscosse, impregiudicato il diritto ad un equo compenso per l'utilizzo della cosa ed al risarcimento del danno. In altri termini, viene implicitamente sancita l'improduttività di effetto di quelle clausole intese a porre una speciale disciplina per il caso della risoluzione, con particolare riferimento a quelle che determinino uno squilibrio nelle posizioni dei contraenti, sfruttando l'eventuale situazione di bisogno del compratore.

Ai sensi del II comma dell'art. 1526 cod.civ. è possibile che si pattuisca validamente che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità nota3; in questo caso tuttavia il giudice può, secondo le circostanze, ridurre l'indennità convenuta. Secondo la prevalente opinione la clausola in discorso sarebbe una specifica applicazione della figura della clausola penale (art. 1382 cod. civ.). Ne segue che il venditore non avrebbe la possibilità di domandare a titolo di risarcimento del danno, una somma maggiore di quella già convenzionalmente e forfettariamente predeterminata nota4.

Una volta che il contratto sia stato oggetto di risoluzione secondo le norme che precedono, da un lato il venditore deve effettuare la restituzione delle rate secondo le modalità predette, dall'altro l'acquirente è tenuto a restituire la cosa oggetto della vendita. Dubbi si pongono quando la cosa ha subito un'opera di trasformazione, di incorporazione che non faccia residuare alcuna possibilità di separazione o, comunque di restituzione in natura. Secondo l'interpretazione prevalente nota5, la parte alienante avrebbe diritto al risarcimento del relativo danno, commisurato al valore del bene (o al prezzo pattuito).

Ai sensi del III comma dell'art. 1526 cod.civ. anche quando il contratto è stato configurato come locazione e sia stato convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti, comunque vige la regola di cui al II° comma, secondo la quale è possibile, ad opera del giudice, la riduzione equitativa della indennità (qui meglio definibile come conseguenza economicamente negativa) a carico del compratore. La legge vuole evitare un aggiramento della disciplina in conseguenza della adozione di altri schemi negoziali, quali ad esempio quello della locazione, in forza dei quali è possibile che sia consentita la materiale disponibilità della cosa nota6.

Particolari problemi, a questo proposito, sono sorti in riferimento alla possibilità di utilizzare la norma in tema di leasing (Cass. Civ. Sez II, 2083/92).

Note

nota1

Così Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., libro IV, Torino, 1991, p.178.
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nota2

Cfr. Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, p.129.
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nota3

Si tratta del c.d. patto di confisca. Così Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.1043.
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nota4

Si vedano Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1971, p.443; Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1972, p.550.
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nota5

Cfr. Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995, p.108.
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nota6

Tra gli altri Franceschetti, De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1988, p.168; Mirabelli, cit., p.180.
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Bibliografia

  • BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, Tratt. dir. civ. dir. da Vassalli, vol. VII- t. 1-2, 1993
  • CAPOZZI, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Milano, Dei singoli contratti, 1988
  • FRANCESCHETTI DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1988
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971

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