Risoluzione N. 152/E, Fusione enti diversi dalle società


Roma, 15 aprile 2008

OGGETTO: Istanza di Interpello /2007 - Articolo 11, Legge 27 luglio 2000, n. 212. - DPR n 917/1986 – Art. 174 – Fusione enti diversi dalle società

Con istanza presentata in data 4 Dicembre alla competente Direzione Regionale del ….. e da questa trasmessa alla scrivente corredata del relativo parere, la società in oggetto indicata ha chiesto, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 212/2000, la corretta interpretazione delle norme tributarie in materia di imposte dirette, di IVA, nonché dell'imposta di registro, in relazione ad un'operazione di fusione per incorporazione.

Quesito

L'Ente di culto "ALFA", con sede in ……, in via ………, ha intenzione di portare a termine l'unificazione tra l'Ente medesimo e l'Ente di culto "BETA", con sede in ……, via ……; unificazione peraltro già autorizzata dai competenti organi della Santa Sede.
L'unificazione tra due Enti Religiosi, entrambi dotati di personalità giuridica, avverrà tramite una fusione per incorporazione in cui l'Ente Incorporante è la "ALFA".
Al riguardo l'istante rileva, sotto il profilo civilistico, che la Corte di Cassazione con sentenza n. 1476 del 23 gennaio 2007 ha stabilito che la fusione può avvenire legittimamente anche tra due soggetti che non sono società commerciali.
In relazione a quanto sopra, pertanto, l'istante fa altresì rilevare che la fusione stessa è civilisticamente riconosciuta se avviene tra due enti religiosi senza scopo di lucro, dotati ovviamente di personalità giuridica.
Ai fini anche fiscali, prosegue la società, la fusione tra i due enti non commerciali equivale ad una successione a titolo universale in quanto l'ente incorporante subentra in tutti i diritti di quello incorporato.
Pertanto, tutti i beni patrimoniali diventano, a seguito della fusione, di proprietà dell'ente incorporante ed il passaggio di detti beni ancorché costituire l'effetto di una operazione cosiddetta realizzativa, sarebbe unicamente un effetto giuridico derivante dalla medesima operazione di fusione.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

La società istante ritiene che alla prospettata operazione di fusione non si rende applicabile il trattamento fiscale previsto, ai fini dell'imposte sul reddito, dell'IVA e dell'imposta di registro, per le operazioni cosiddette realizzative consistenti nella cessione o nel conferimento dei beni di cui trattasi.
Del pari non troverebbe applicazione neppure il disposto dell'art. 9, comma 5, del DPR 22.12.1986, n. 917, il quale stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per i conferimenti in società.
Analogamente, agli effetti dell'IVA, la fusione in esame, non essendo effettuata in regime d'impresa, è esclusa dal campo di applicazione di tale tributo e, in ogni caso, l'art. 2, comma 3, lett. f) del DPR n. 633/1972 dispone che "non sono considerate cessioni di beni i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti".
Infine, la società istante ritiene, in relazione all'applicabilità dell'imposta di registro, che l'operazione di fusione in questione è soggetta ad imposta di registro in misura fissa pari a 168,00 euro, così come risulta dalla norma di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b) della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 aprile 1986, n. 131.

Parere dell'Agenzia delle Entrate

L'articolo 172, comma 1, del Testo Unico delle Imposte Dirette dispone che: "La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento".
Il successivo articolo 174 stabilisce che "le disposizioni degli articoli 172 e 173 valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di fusione e scissione di enti diversi dalle società".
Preliminarmente, si rileva che non rientra nella competenza della scrivente la valutazione circa la liceità civilistiva di una operazione di fusione tra due Enti di culto; la presente risposta è, quindi, resa nel presupposto - non verificato in questa sede - che non vi siano norme che vietano una siffatta operazione.
Ciò posto, occorre precisare che la disciplina delle operazioni straordinarie contenuta nel Tuir è basata sul presupposto che le società o gli enti interessati dall'operazione producano reddito d'impresa derivante dall'esercizio di imprese commerciali, disciplinato dal capo VI del titolo I del Tuir per le società personali commerciali e dalle disposizioni del Titolo II per le società e gli enti soggetti ad IRES.
In altre parole, il principio di neutralità delle fusioni e delle scissioni, in base al quale il passaggio dei beni dalle società o dagli enti preesistenti a quello o quelli risultanti dalle citate operazioni, non dà luogo a fenomeni realizzativi, implica un sistema di rilevazione dei valori che è tipico della tassazione in base al bilancio e che è proprio delle società che svolgono un'attività commerciale.
Posto che gli enti non commerciali, ai sensi dell'articolo 143 del Tuir, possono svolgere in via non prevalente anche attività commerciale, occorre stabilire se, nella fattispecie rappresentata, i beni in questione siano o meno relativi ad un'attività d'impresa.
In concreto, l'operazione di fusione rappresentata, che coinvolge due enti religiosi, non è da considerare "realizzativa" e può quindi, beneficiare della neutralità fiscale ex articolo 172, comma 1, del Tuir, limitatamente a quei beni gestiti dall'ente incorporato in regime di impresa (e, pertanto, indicati nell'inventario, ai sensi dell'articolo 144, comma 3, del Tuir) che, dopo la fusione, confluiscano nell'attività d'impresa dell'ente incorporante.
Qualora, invece, detti beni non confluiscano in un'attività d'impresa dell'Ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale - in analogia a quanto disposto dall'articolo 171, comma 1 del Tuir in materia di trasformazione eterogenea - generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.
Per i beni relativi all'attività istituzionale e non commerciale dell'ente incorporato occorre distinguere a seconda che gli stessi confluiscano o meno, in conseguenza dell'operazione di fusione, nell'attività d'impresa esercitata dall'ente incorporante.
Nel primo caso (cioè beni non relativi ad impresa che confluiscono nell'impresa), si applica in via analogica l'articolo 171, comma 2 del Tuir che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alle disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell'azienda o nel complesso aziendale dell'ente stesso.
L'assimilazione del conferimento alla cessione a titolo oneroso, rilevante ai fini delle imposte sui redditi ai sensi dell'articolo 9 del Tuir, comporta che i beni in ipotesi, qualora confluiscano nella sfera "commerciale" dell'ente incorporante, devono intendersi realizzati in base al valore normale, generando in capo all'ente incorporato, sempre che ne sussistano i presupposti, una plusvalenza imponibile ai sensi degli articoli 67 e 68 del Tuir.
Nella seconda ipotesi (cioè beni non relativi all'impresa, che confluiscono nell'attività istituzionale dell'incorporante), l'operazione sarà fuori dal regime d'impresa.
Ai fini dell'imposizione indiretta, si ricorda che i passaggi di beni a seguito di atti di fusione o di trasformazione di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti non sono soggetti ad IVA, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera f) del DPR n. 633/1972. I relativi atti devono essere assoggettati, pertanto, all'imposta di registro.
A tale riguardo, la tesi sostenuta nell'istanza di interpello per cui l'imposta di registro si applicherebbe in misura fissa, non è condivisibile.
Ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b) della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, infatti, l'applicazione alle operazioni di fusione dell'imposta in misura fissa è subordinata alla condizione che le stesse avvengano tra società od enti "aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale od agricola".
Nel caso in esame, invero, l'operazione di fusione interviene tra due enti non commerciali, per i quali l'attività commerciale è da considerare, pertanto, oggetto non esclusivo o principale dell'attività d'impresa.
Ne consegue che, nel caso di specie, l'imposta di registro deve essere applicata nella misura proporzionale del 3%, così come dispone l'articolo 9 della Tariffa allegata al DPR n. 131 del 1986.

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