Rinunzia all'eredità e rinunzia alla legittima



La rinunzia all'eredità ha per oggetto il diritto di accettare l'eredità, la rinunzia alla legittima ha invece ad oggetto l'esercizio dell'azione di riduzione. I due aspetti non devono essere confusi (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 3389/2016).

Occorre anzitutto chiarire che, a differenza del chiamato che può immediatamente scegliere tra accettazione e rinunzia all'eredità, il legittimato pretermesso, almeno secondo la preferibile opinione nota1 , non può essere considerato titolare di una delazione attuale: lo sarà soltanto all'esito vittorioso dell'esperimento dell'azione di riduzione: si tratta dunque di una delazione differita. D'altronde, una volta ottenuta giudizialmente la riduzione delle disposizioni lesive, non appare possibile che il riservatario vittorioso rinunzi. Lo stesso esercizio dell'azione palesa l'intento di acquisire la quota di legittima (a tacer della indispensabilità del compimento di formale atto di accettazione beneficiata quale presupposto dell'azione ai sensi del I comma dell'art. 564 cod.civ., tuttavia disciplinante la sola ipotesi del legittimario leso e non di quello totalmente preterito).

Ciò premesso, la rinunzia ad esercitare l'azione di riduzione, che importa acquiescenza alle disposizioni lesive, si estrinseca unicamente nella impossibilità di sottoporre a critica le disposizioni testamentarie o le liberalità donative poste in essere dal de cuius.

Assolutamente divergenti i requisiti formali delle due specie di atti: mentre la rinunzia all'eredità è un atto formale, per la rinunzia alla legittima non si può dire altrettanto. Non essendo per quest'ultima prescritta alcuna speciale forma, la medesima può dunque essere ricavata interpretativamente da un comportamento concludente nota2. Ad esempio ben potrebbe il legittimario leso comportarsi concretamente in modo tale da dare attuazione alle volontà espresse dal testatore (consegnando le chiavi degli immobili destinati agli eredi testamentari, effettuando il versamento delle somme eccedenti la disponibile ai beneficiari indicati, etc.). In tal caso è stato deciso che la proposizione dell'azione di divisione da parte del legittimario cui fosse stato lasciato l'usufrutto (anche) sulla disponibile possa implicitamente valere come esercizio del diritto potestativo di cui all'art. 550 cod.civ. (cautela sociniana) sia ammissibile soltanto quando non sia stata in precedenza espressa, altrettanto implicitamente, per il tramite di un contegno concludente, la volontà di dare esecuzione alle disposizioni lesive (Cass. Civ., Sez. II, 3894/12).

Note

nota1

Santoro Passarelli, Vocazione legale e testamentaria, in Riv.dir.civ., 1942, p.202; Mengoni, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, Milano, 1973, p.49; Casulli, voce Successioni: successione necessaria, in N.mo Dig.it., p.787.
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nota2

Palazzo, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol.II, Torino, 1999, p.136. Occorre altresì notare che la rinunzia all'azione di riduzione costituisce un atto non revocabile, non essendo applicabile, a ragione del carattere di eccezionalità proprio della norma, il disposto dell'art.525 cod.civ. (così Ferri, Dei legittimari, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1975, p.211).
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Bibliografia

  • CASULLI, Successioni: successione necessaria, N.mo Dig. It.
  • FERRI, Dei legittimari, Bologna - Roma, Comm.cod.civ., 1975
  • MENGONI, Successioni per causa di morte. Successione legittima., Milano, Tratt.dir.civ. e comm. dir. Cicu Messineo, 1973
  • PALAZZO, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, II, 1999
  • SANTORO PASSARELLI, Vocazione legale e vocazione testamentaria, Riv.dir.civ., 1942

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