Dispone l'art.
1869 cod.civ. che le regole di cui agli artt.
1864 ,
1865 ,
1866 ,
1867 ,
1868 cod.civ. si applicano a tutte le ulteriori annue prestazioni perpetue costituite a qualsiasi titolo, anche per atto di ultima volontà.
Vengono in considerazione a questo proposito
rendite perpetue atipiche (vale a dire differenti rispetto alle figure tipiche costituite dalla rendita fondiaria o da quella semplice, costituite a titolo oneroso o a titolo gratuito: cfr. il modo di disporre degli artt.
1861 ,
1862 cod.civ.).
Su questa atipicità occorre intendersi: essa ha a che fare unicamente con la fonte del rapporto di rendita, non già con la disciplina nota1. Questo precisamente appare essere il senso dell'art.
1869 cod.civ. , il quale appunto chiarisce che dette stipulazioni siano comunque regolate dalle norme innanzi citate. A ben vedere la norma sembra più che altro costituire un limite all'autonomia dei privati. Quale che sia il meccanismo di costituzione della rendita (il quale potrebbe variamente atteggiarsi, al di là di quanto riassuntivamente e tipicamente evocato dal combinato disposto degli artt.
1861 ,
1862 e
1863 cod.civ.), comunque il rapporto di prestazione perpetua è regolato dalle norme di cui alla premessa. Si pensi ad una transazione o ad un atto avente natura divisionale
nota2 .
L'atipicità potrebbe anche avere a che fare con l'oggetto dell'attribuzione a fronte della quale la rendita viene costituita a titolo oneroso. In questa sede, rinviando peraltro al tema specifico, si può fare riferimento al trasferimento di un diritto reale limitato, a prestazioni di facere, alla cessione di un bene mobile. Altrettanto atipica dovrebbe essere considerata
la rendita che avesse ad oggetto l'erogazione da parte del debitore non già di denaro o di altre cose fungibili, bensì di cose infungibili nota3.
Potrebbe infine parlarsi di rendita atipica nell'ipotesi della pattuizione che deducesse una
prestazione a tempo determinato. La legge prevede infatti un'obbligazione avente ad oggetto un'erogazione perpetua (in relazione alla quale sono dettate le norme afferenti al riscatto, caratteristica essenziale del contratto in esame), elemento che appunto farebbe difetto quando il debitore fosse tenuto alla corresponsione di prestazioni a scadenza
nota4 .
Note
nota1
Tra gli interpreti (cfr. Dattilo, voce Rendita, in Enc.dir., vol.XXXIX, 1988, p.857) si rileva che il solo fare menzione di atipicità della rendita con riferimento alla fonte sarebbe contradditorio. La rendita infatti sarebbe un contratto tipicamente previsto dal codice, donde l'impossibilità di parlare di una "rendita atipica" (forse che è dato di poter osservare una locazione atipica o una vendita atipica?). La rendita potrebbe essere tale soltanto se corrispondente al tipo descritto dal codice civile. Diversamente si ha contratto atipico, magari somigliante per alcuni elementi alla rendita, ma pur sempre atipico ed innominato. L'espressione può essere salvata a condizione di riservarle una accezione atecnica e descrittiva: atipica potrebbe essere qualificata quella rendita scaturente da rapporti differenti da quelli espressamente indicati nel codice civile.
top1nota2
In questi casi trova applicazione l'intera disciplina prevista per il rapporto tipico di rendita, ragione per la quale non si potrebbe parlare di alterazione del "tipo" negoziale previsto: cfr. Lener, Il rapporto di rendita perpetua, Milano, 1967, p.104.
top2nota3
Così Lanzio e Maiorca, in Comm.cod.civ., dir. da Cendon, vol.IV, Torino, 1999, p.1604.
top3nota4
Macioce, voce Rendita, in Enc.giur.Treccani, vol.XXVI, 1991, p.5.
top4 Bibliografia
- DATTILO, Rendita (dir.priv.), Enc.dir., XXXIX, 1988
- LANZIO MAIORCA, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, IV, 1999
- LENER, Il rapporto di rendita perpetua, Milano, 1967
- MACIOCE, Rendita, Enc.giur. Treccani, XXVI, 1991