Rappresentanza apparente



Il fenomeno della c.d. "apparenza colposa" costituisce una risposta equitativa della giurisprudenza alle esigenze di tutela dell'affidamento del terzo nella contrattazione (Cass. Civ. Sez. II, 2020/93 ; Cass. Civ. Sez. II, 3974/93 ; Cass. Civ. Sez. III, 17835/03; Cass. Civ., Sez. III, 9328/2015).
A stretto rigore, secondo le norme del codice civile che disciplinano la rappresentanza, non è possibile che un soggetto svolga un'attività giuridica in nome e per conto di un altro soggetto con effetti vincolanti per quest'ultimo (prescindendo dalla rappresentanza legale) se non nelle ipotesi che seguono:

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A questi casi può essere aggiunta, ma in realtà non si tratta che di una fattispecie riconducibile al precedente di a), l'ipotesi della inopponibilità ai terzi dell'intervenuta revoca della procura (in quanto non portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei) di cui all'art.1396 cod.civ.. Poichè tale revoca non è ritenuta, sulla base di una valutazione legale, atta a rendere i terzi edotti del sopravvenuto difetto di potere rappresentativo in capo ad un soggetto che pure ne era provvisto nel tempo precedente, la medesima è considerata tamquam non esset.
Che dire allora dell'apparenza colposa come ulteriore fonte generatrice di potere rappresentativo, rectius, come fonte sostitutiva di tale potere?
Essa si pone come ragionevole modalità di tutela dell'affidamento del terzo contraente, nell'ambito di una costruzione logica che coinvolge non solo la diretta controparte di tale soggetto (come avviene d'ordinario quando v'è luogo per discorrere di affidamento, ad es. a proposito di vizi della volontà), bensì un ulteriore soggetto, del tutto estraneo alla dinamica negoziale (sia pure sulla base di una valutazione ex post, dovendo il rappresentato esser considerato, nell'ambito della fattispecie rappresentativa non viziata, la parte sostanziale ed il rappresentante la parte solo formale del contratto) nota1 .

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Occorre ovviamente che il soggetto falsamente rappresentato abbia dato causa o concorso in qualche modo a determinare la situazione di apparenza in forza della quale il terzo incolpevolmente si induce a stringere un vincolo contrattuale ritenendo di contrattare con il presunto rappresentante, in realtà privo di poteri rappresentativi nota2.
Con tutta evidenza il presupposto affinchè possa dirsi ricorrente la fattispecie in considerazione è l'assenza in concreto di poteri rappresentativi (che potrebbe anche scaturire dall'annullamento della procura per difetto della capacità naturale di colui che ebbe a rilasciarla: Cass. Civ., Sez. II,
3787/12). Ciò premesso, si ritiene che la figura della apparenza colposa ricorra nella compresenza di due elementi:
  1. condotta del terzo esente da colpa (Cass. Civ. Sez. II, 10709/91 ; Cass. Civ. Sez. II, 9381/94).
  2. comportamento colposo del soggetto falsamente rappresentato, idoneo ad indurre in errore il terzo circa l'esistenza dei poteri rappresentativi (Cass. Civ. Sez. II, 9902/95). In questo senso si è costantemente espressa la giurisprudenza (Cass. Civ. Sez. I, 1841/90), anche se talora non mancano decisioni dalla portata non immediatamente perspicua (come Cass.Civ. 3422/71). Si veda, in tema di conclusione di contratti di assicurazione da parte del subagente privo di poteri rappresentativi, Cass. Civ., Sez. III, 15645/2017. la posizione del soggetto che cade in errore è peculiare. Si pensi all'ipotesi in cui esso non possa venir considerato "terzo", in quanto debitore del soggetto falsamente rappresentato, la cui colpevole condotta lo abbia determinato a porre in essere l'atto con il falsus procurator. In tal caso non è possibile comunque configurare un concorso del fatto colposo del creditore ex I comma art.1227 cod.civ. (Cass. Civ. Sez. III, 5677/06).
Quanto al requisito sub a), non potrebbe essere concretamente allegato l'incolpevole affidamento del terzo qualora questi non abbia usato l'ordinaria diligenza, omettendo di effettuare i necessari controlli nel caso in cui esistano strumenti legali di pubblicità che rendano palesi i poteri di rappresentanza (Cass. Civ. Sez. II, 8309/90) nota3
. Occorre pertanto chiarire che non v'è luogo per una tutela dell'apparenza quando esistano strumenti legali di conoscenza della realtà giuridica, appositamente predisposti dal legislatore proprio al fine di impedire l'insorgenza di situazioni equivoche attinenti al fenomeno rappresentativo nota4.
Va inoltre sottolineato come l'ambito del tema in esame non può riguardare le negoziazioni per le quali è richiesta la forma scritta ad substantiam (come la compravendita immobiliare (art.art.1350 cod.civ.) ovvero le contrattazioni ad essa preliminari (art.art.1351 cod.civ.): cfr. Cass. Civ., Sez.II 9505/10).
Infatti non soltanto il conferimento dei poteri rappresentativi deve essere in tal caso documentato (art.art.1392 cod.civ.) da una procura che possieda analoga veste formale (cfr. in tema di servitù, Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 27517 del 20 settembre 2022), ma anche la spendita del nome del dominus deve intervenire analogamente (Cass. Civ., Sez. VI-III, 13180/2015; Cass. Civ. Sez.II, 7640/05). Cosa dire invece degli atti per i quali l'esigenza della forma scritta sia ad probationem tantum? Anche in questo caso parrebbe non invocabile un incolpevole affidamento che prescindesse dal conferimento scritto dei poter rappresentativi (Cass. Civ., Sez. VI-II, 29689/2019).
Bisogna anche aggiungere che, sempre in tema di trasferimento di diritti reali su beni immobili, si impone indubbiamente ai contraenti una cautela nella contrattazione che, se non può giungere a configurare come un obbligo il controllo dei poteri rappresentativi, sicuramente qualifica un tale atteggiamento come onere (non già come mera facoltà per colui che contratta con chi afferma di essere dotato di poteri rappresentativi).
Chi si avventura a stipulare senza aver chiesto al rappresentante la giustificazione dei poteri lo fa a proprio rischio: non si può ovviamente costringere nessuno a farsi mostrare dalla controparte la procura in base alla quale essa agisce, ma è ragionevole rivolgere tale richiesta, la quale si pone come una delle condizioni per far valere eventualmente una situazione divergente rispetto a quella reale.
D'altronde non si deve dimenticare che, anche in difetto di una stipulazione valida ed efficace nei confronti del soggetto falsamente rappresentato, il terzo ha la possibilità di esercitare azione risarcitoria nei confronti del falsus procurator.
Per aversi un vincolo valido ed efficace per il soggetto falsamente rappresentato, rimasto estraneo alla contrattazione, occorre invece far riferimento ad elementi ancorati direttamente alla condotta del rappresentato stesso, il quale altrimenti si troverebbe contrattualmente vincolato senza colpa, senza avervi dato causa in alcun modo.
Sembra anzi che la scusabilità dell'errore del terzo sia da porre proprio in relazione all' inescusabilità del contegno del soggetto falsamente rappresentato, il cui comportamento colposo viene colpito, quasi in guisa di sanzione, dalla conseguente efficacia dell'atto nota5.

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Non occorre soffermarsi sulla pericolosità di reputare sufficiente, al fine di ritenere l'atto vincolante per il soggetto falsamente rappresentato, un'indagine fondata esclusivamente sul comportamento del terzo e del rappresentante (come sembrerebbe postulare Cass. Civ. Sez. III, 23199/04 che tuttavia, a ben vedere, viene ad incidere soltanto sugli obblighi risarcitori tra terzo contraente e falsus procurator). Nessuno potrebbe andare esente dal timore di essere inopinatamente vincolato a contratti che non si è mai sognato di perfezionare, soltanto a cagione dell'abile condotta decettiva di un sedicente procuratore e della dabbenaggine di un terzo. A tale fattispecie si attaglia unicamente lo strumento risarcitorio, da esercitarsi ovviamente nei soli confronti del falsus procurator.
Proprio nell'ambito dei rapporti tra falsus procurator e terzo deve esser considerata la peculiarità di quanto afferma costantemente la giurisprudenza, quando si statuisce che il terzo contraente ha soltanto la facoltà, ma non l'obbligo, di controllare se colui che si qualifica come procuratore sia veramente tale e che, perciò, il non aver fatto uso di tale facoltà non è di per sè sufficiente per costituire in colpa il terzo stesso.
Questi asserti posseggono valenza esclusivamente all'interno del rapporto tra terzo e procuratore, mentre la problematica oggetto del nostro esame è costituita piuttosto dal rapporto tra terzo e rappresentato.
E' conforme a logica sostenere che il terzo ha la semplice facoltà di domandare al rappresentante la giustificazione dei poteri: il rappresentante sa bene se è dotato o meno di procura e conosce gli eventuali limiti della stessa. Conseguentemente non può configurarsi quale onere il potere di controllo del terzo: detto controllo è previsto a sua esclusiva tutela, non a protezione del procuratore. In questo senso si può dire che il terzo ha la facoltà di chiedere al rappresentante la giustificazione dei poteri: il non averne fatto uso non impedisce dunque la proposizione dell'azione di risarcimento dei danni conseguenti all'avere confidato nella validità ed efficacia del vincolo.
Del tutto differente la dinamica della relazione tra terzo e rappresentato. In questo caso il controllo è posto non solo a tutela della posizione del terzo: si può riverberare anche su quella del rappresentato estraneo alla contrattazione. Pertanto la figura giuridica più idonea a descrivere il fenomeno pare quella dell'onere. Libero il terzo di chiedere o meno al rappresentante l'esibizione della procura. Se non lo fa può subire la conseguenza della totale inefficacia dell'atto, nel senso che non potrà pretendere che il soggetto (falsamente) rappresentato risulti vincolato al contratto.
La ricostruzione di cui sopra interessa infine anche il profilo probatorio della fattispecie.
Non è condivisibile sostenere che incombe sul rappresentato l'onere di provare le circostanze che escludono l'apparenza (come pure si trova affermato in qualche pronunzia giurisprudenziale).
Accettare questa impostazione equivarrebbe ad affermare che la fattispecie apparente si presume sussistente fino a prova contraria. E' invece il terzo che, rappresentando la situazione di apparenza, allega elementi atti a fondare il proprio diritto ed è quindi il terzo a dover fornire, secondo la regola dell'onere della prova, i supporti che la giustifichino nota6.

Note

nota1

Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.117.
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nota2

Chianale, La rappresentanza, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, t.2, Torino, 1999, p.1153.
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nota3

Così anche Francario, Rappresentanza senza potere, in Il contratto in generale, t.6, in Tratt.dir.priv., vol.XIII, Torino, 2000, p.102.
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nota4

Moschella, Pubblicità ed apparenza, Appendice in Nicolò, La trascrizione, vol.I, Milano, 1973, p.53.
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nota5

Ferrero, Appunti in tema di apparenza giuridica, in Giust.civ., 1965, p.191.
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nota6

Analogamente Chianale, op.cit., p.1155.
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Bibliografia

  • CHIANALE, La rappresentanza. , Torino, I contratti in gener., a cura di Gabrielli, 2, 1999
  • FERRERO, Appunti in tema di apparenza giuridica, Giust.civ., 1965
  • FRANCARIO, Rappresentanza senza potere, Torino, Tratt.dir.priv., XIII, 2000
  • MOSCHELLA, Pubblicità ed apparenza, Milano, La trascrizione di Nicolo', I, 1973

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