Rapporto tra azione di manutenzione, recesso, azione di risoluzione del contratto



L'art. 1453 cod.civ. prevede che, nell'ipotesi di inadempimento di una parte, l'altra sia legittimata ad agire in giudizio per ottenere o l'adempimento ovvero la risoluzione del contratto. E' fondamentale badare al gioco delle alternative tra le due domande. Soltanto la proposizione di una è infatti preclusiva della successiva proposizione dell'altra (Cass. Civ. Sez. II, 1460/94).

La domanda di adempimento risulta di per sé neutra. Posso introdurla immediatamente, insistere per ottenere la relativa pronunzia durante tutto il giudizio di primo grado, ottenere la sentenza di condanna e poi, in sede di appello, mutare domanda ed introdurre la richiesta di risoluzione. Non mi si potrà processualmente opporre mutatio libelli (Cass. Civ., 8192/93 ) nota1.

E' appena il caso di precisare che, accanto a ciascuna delle due domande (o risoluzione o adempimento) può essere proposta azione di risarcimento dei danni subiti, secondo i principi generali nota2. Il risarcimento dovrà esser posto in relazione al c.d. interesse positivo (cioè, nel caso di domanda di adempimento, relativamente allo svantaggio per l'inesatta esecuzione del contratto, mentre, nell'ipotesi in cui sia svolta domanda di risoluzione, con riferimento alla situazione che si sarebbe verificata nel caso di adempimento, oltre al rimborso delle spese effettuate). Occorre tuttavia fare attenzione ad un problema specifico: la deroga al principio dell'inammissibilità della mutatio libelli vale anche per le domande di risarcimento del danno? Se è possibile instare per la risoluzione del contratto anche in un secondo tempo, mutando cioè l'originaria domanda di manutenzione del contratto, può dirsi altrettanto per la domanda secondaria introdotta allo scopo di ottenere il ristoro del pregiudizio conseguente? Al quesito è stata data dalla giurisprudenza in un primo tempo risposta negativa (cfr.: Cass. Civ., Sez. II, 870/12). Le SSUU hanno tuttavia suggellato l'interpretazione favorevole a tale ampliamento, osservando come richiedere un ulteriore giudizio per dar conto dell'aspetto risarcitorio contrasterebbe con le finalità di concentrazione che il codice civile ha inteso perseguire, assicurando al contraente la regola dello jus variandi in un unico giudizio (Cass. Civ., Sez. Unite, 8510/2014).

Ulteriore alternativa, praticabile ogniqualvolta le parti abbiano previsto il versamento di una caparra confirmatoria (art. 1385 cod.civ.) è che il contraente non inadempiente trattenga la somma consegnatagli (o richieda il doppio di quella che abbia consegnato all'altra parte), parallelamente esercitando il proprio diritto di recedere dal contratto. E' chiaro tuttavia che, analogamente a quanto si sta per riferire in riferimento al rapporto tra azione di manutenzione e azione di risoluzione, non sarebbe consentito nel corso del processo, dopo aver introdotto l'azione di risoluzione, trasformare la domanda in azione volta a disciplinare le conseguenze di un recesso. Quest'ultimo infatti presuppone la vigenza del contratto. Proposta dunque l'azione di risoluzione non sarà più possibile domandare la ritenzione della caparra, la quale implica l'esercizio del diritto di recedere dal contratto (Cass. Civ. Sez. Unite, 553/09; Cass. Civ., Sez. II, 20798/11; Cass. Civ., Sez. II, 21854/2014). Non mancano tuttavia pronunzie apparentemente non in linea con tale enunciazione (Cass. Civ., Sez. III, La diffida ad adempiere può avere quale contenuto ulteriore rispetto a quello consistente nella mera ingiunzione a tenere la condotta adempiente ed alla comminatoria della risoluzione per il caso in cui tale comportamento non venga tenuto, anche la richiesta dell'eventuale risarcimento del danno. Ciò non preclude, quando fosse stata pattuita una caparra, di esercitare successivamente il diritto di ritenerla ovvero di domandare che sia corrisposto il doppio della stessa, essendo esentata la parte adempiente dall'onere di dar conto del concreto pregiudizio sopportato (Cass. Civ., Sez.III, 2999/12): l'antinomìa è stata risolta sulla scorta della mancata richiesta (in una con la diffida ad adempiere) del risarcimento del danno secondo i principi generali, cui abbia fatto seguito la domanda di attivazione della dinamica della caparra.

La domanda di risoluzione del contratto preclude invece immediatamente e definitivamente quella di adempimento. La ragione sembra chiara: domandando la risoluzione, la parte si pone al di fuori dell'assetto di interessi pianificato originariamente con il contratto, mostrando di non aver più interesse all'ottenimento del risultato iniziale, investendo la controparte inadempiente di una diversa tematica nota3.

Verifichiamo normativamente come è regolato il rapporto tra l'azione di adempimento e l'azione di risoluzione.

Se viene proposta la prima, la parte non si preclude il diritto di cambiare idea e di richiedere successivamente la risoluzione del contratto, ove ciò le sembri in seguito più conveniente (art. 1453, I comma , cod.civ.). Viceversa, una volta chiesta la risoluzione, non si può più chiedere l'adempimento (electa una via non datur recursus ad alteram) nota4.

La legge (art. 1453, I comma , cod.civ.) pone questo principio in quanto, come detto, la parte che chiede la risoluzione implicitamente dichiara di non avere più interesse all'osservanza del contratto. Perciò l'altro contraente giustamente può ritenersi ormai dispensato dall'onere di predisporre quanto occorrerebbe per l'esecuzione della prestazione nota5. D'altra parte, una volta che sia stata chiesta la risoluzione, l'inadempiente non può più rimediare alla precedente violazione del contratto con una tardiva esecuzione della prestazione da lui dovuta (art. 1453, III comma , cod.civ.).

Questo implica che anche l'altro contraente può legittimamente rifiutare la prestazione che gli viene offerta dopo che sia già stata presentata al giudice la domanda di risoluzione (a meno che egli non preferisca comunque accettare l'adempimento tardivo che gli viene offerto, rinunziando in questo modo a coltivare la domanda di risoluzione del contratto).

Quali sono i motivi che possono spingere il contraente, di fronte all'inadempienza dell'altra parte, a preferire la via della risoluzione del contratto piuttosto che quella di ottenerne l'esecuzione?

E' a tal fine opportuno differenziare il caso in cui il contraente non inadempiente non abbia ancora eseguito la prestazione a suo carico da quello in cui l'abbia già effettuata, in tutto o in parte.

Nella prima ipotesi la sfiducia nella possibilità che l'altro contraente possa dare esecuzione al contratto e l'esigenza di liberarsi dal vincolo per stringerne un altro analogo sono fattori che potrebbero rendere più utile agire per la risoluzione.

Nella seconda ipotesi l'analoga decisione potrebbe essere giustificata anche dal timore di perdere la prestazione già eseguita senza poter ottenere in cambio la controprestazione. Una volta infatti pronunziata la risoluzione seguirebbe l'obbligo della controparte a restituire almeno in natura la prestazione conseguita ormai sine causa (es.: Tizio ha venduto a Caio un'autovettura il cui prezzo non è stato corrisposto).

Note

nota1

Tra gli altri Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.951; Tamponi, La risoluzione per inadempimento, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.1507.
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nota2

La dottrina sul punto è pienamente concorde. Per tutti Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.550.
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nota3

Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, p.825.
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nota4

Cfr. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.314; Torrente-Schlesinger, op.cit., p.550; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, Milano, 1959, p.682.
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nota5

Così Tamponi, op.cit., p.1509: "la parte inadempiente, se la domanda di risoluzione è stata proposta senza riserve e senza una domanda subordinata di adempimento per l'ipotesi che non vengano ravvisati i presupposti per la risoluzione, ha diritto di ritenere che l'attore non abbia più interesse al conseguimento della prestazione tardiva. Perciò l'obbligazione contrattuale dovrà reputarsi estinta anche nei casi in cui il giudice respinga la domanda di risoluzione".
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Bibliografia

  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • TAMPONI, La risoluzione per inadempimento, Torino, I contratti in generale, II, 1999

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