Prevedibilità del danno



Ai sensi dell'art. 1225 cod.civ. qualora l'inadempimento o il ritardo non dipenda da dolo del debitore, il risarcimento del danno conseguente viene limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione.

La norma viene a stabilire una limitazione del pregiudizio risarcibile (Cass. Civ. Sez. II, 2555/89 ) che presuppone risolto favorevolmente il nodo del nesso causale nota1 . Vale a dire che, una volta stabilito che il danno è causalmente riconducibile al comportamento del debitore, quale conseguenza immediata e diretta (art. 1223 cod.civ.), occorre poi nuovamente considerare la questione dal punto di vista della prevedibilità del danno.

Questa ricostruzione logica non sembra essere accolta da quanti ritengono che la prevedibilità valga piuttosto a determinare la risarcibilità del danno anche quando esso si ponga come conseguenza mediata ed indiretta rispetto alla condotta lesiva, ogniqualvolta il danno debba comunque ritenersi conseguenza normale ed ordinaria del fatto (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 6761/82 ) nota2.

Il punto consiste nell'apprezzare il significato degli attributi immediato e diretto riferiti al pregiudizio derivante dall'inadempimento.

Può dirsi che il danno prevedibile non sia necessariamente immediato e diretto?

La ratio del principio è stata indicata nell'intento contrattuale del debitore di non assumere a proprio carico il rischio di danni straordinari, sia pure in esito ad una propria condotta inadempiente nota3. Essa pare piuttosto da condurre ad un più generale principio in forza del quale, tanto nell'ambito delle condotte adempienti, tanto in quello del pregiudizio che può scaturire da quelle inadempienti, il vincolo creato dall'obbligazione comporta un equilibrio secondo un parametro di normalità e di equità nota4 . Parlare di una volontà del debitore in ordine alle conseguenze dell'inadempimento non appare invero pertinente, se non nel senso proprio inverso: quello cioè di escludere l'operatività del criterio di temperamento della prevedibilità ogniqualvolta il debitore investa di volizione (dolo) la condotta inadempiente.

Giova comunque osservare che l'art. 1225 cod.civ. fa riferimento ad una prevedibilità astratta. Si tratta, cioè, di un criterio non ancorato a considerazioni personalistiche del debitore, bensì commisurato ad un parametro oggettivo nota5 .

Qual è il significato della prevedibilità?

Secondo l'opinione prevalente il danno prevedibile è non già quel pregiudizio semplicemente possibile, bensì probabile, secondo una valutazione ancorata a parametri di diligenza media da parte del soggetto passivo dell'obbligazione nota6 . Il criterio riguarda sia il danno quale evento lesivo, sia l'incidenza economica del medesimo: conseguentemente il debitore non dovrà risarcire il danno la cui portata economica si pone come straordinaria.

Il criterio in esame deve inoltre, ai sensi dell'art. 1225 cod.civ., essere riferito al tempo in cui l'obbligazione è sorta nota7. Relativamente ai rapporti che implicano l'effettuazione di prestazioni a distanza di tempo ovvero in quelli di durata, riferire la prevedibilità solamente al tempo di insorgenza del vincolo, può condurre a conseguenze aberranti. Si pensi ad un contratto di somministrazione che implichi la consegna periodica di merce deperibile che, in relazione alle mutate esigenze del somministrato, abbia assunto nel corso del tempo un'importanza maggiore (come nell'ipotesi in cui dalla gestione di una modesta trattoria si sia passati alla conduzione di una mensa di una grande azienda). Si può forse dire che il debitore non risponde del danno perché al tempo in cui venne stipulato il contratto (dal quale trae origine l'obbligazione) l'evento pregiudizievole non era rappresentabile? Si deve piuttosto rilevare che, tutte le volte in cui tra il tempo dell'adempimento (o dei singoli atti di adempimento che si danno nell'ambito di un rapporto di durata) e quello precedente in cui sorse il rapporto intercorre un intervallo temporale apprezzabile, sembra equo porre comunque a carico del debitore le conseguenze pregiudizievoli della sua condotta inadempiente qualora divenga prevedibile un danno che per l'innanzi non lo era (Cass. Civ. Sez. II, 5778/93 ). In altri termini, la prevedibilità sarebbe riferita al momento in cui possano dirsi attuali gli obblighi a carico del soggetto passivo del rapporto nota8. Questo criterio si sta facendo strada anche in giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1956/07 in relazione all'ipotesi di inadempimento dell'obbligazione di stipulare una negoziazione definitiva afferente ad un immobile il cui valore era cospicuamente aumentato nel lasso temporale intercorrente tra perfezionamento del contratto preliminare ed il termine stabilito per l'atto traslativo della proprietà). Nello stesso senso si veda Cass. Civ. Sez. II, ord. 18498/2021.

Quanto all'onere della prova, secondo un'opinionenota9 , il danneggiato dovrebbe soltanto dar conto dell'esistenza del danno e del nesso causale rispetto al comportamento inadempiente.Graverebbe dunque sul danneggiante l'onere di provare che il danno non deve essere risarcito in quanto imprevedibile nella sua portata ai sensi dell'art. 1225 cod.civ..In giurisprudenza si è, tuttavia, rilevato che, al contrario, è il creditore a dover provare che il danno, in quanto prevedibile, gli deve essere risarcito (Cass. Civ. Sez. I, 2910/92 ; Cass. Civ. Sez. II, 2555/89 ) nota10.

La limitazione di risarcibilità del danno attinente alla prevedibilità non opera quando l'inadempimento sia doloso.Il dolo del debitore infatti esclude la ragione stessa del limite, vale a dire la proporzione tra risarcimento e ordinaria utilità della prestazione.

Quando il debitore può dirsi dolosamente inadempiente?nA questo proposito sembra debbano ricorrere i seguenti elementi:

  1. la consapevolezza di essere tenuto a porre in essere una determinata condotta (eseguire una certa prestazione);
  2. l'intenzionalità del comportamento inadempiente. Si disputa se occorra un quid pluris , un elemento ulteriore, indicato nella consapevolezza del danno ingiusto. A fronte di quanti ritengono necessario anche tale requisito (Cass. Civ. Sez. II, 5811/78 ) nota11, esiste una contraria opinione che fa leva sulla superfluità di esso (Cass. Civ. Sez. II, 2899/87 ; Cass. Civ. Sez. III, 5566/84 ) nota12.

Per quanto attiene all'onere della prova sembra pacifico che sia il creditore a dover dar conto della sussistenza del dolo, ritraibile anche semplicemente in base ad elementi fattuali e presunzioni nota13 .

Note

nota1

In questo senso anche Bianca, Diritto civile, vol.V, Milano, 1997, p.154.
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nota2

Così Patti, voce Danno patrimoniale, in Dig.disc.priv., vol.V, Torino, 1989, p.103.
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nota3

Si tratta tuttavia di un'opinione piuttosto remota e risalente alla dottrina francese (Pothier, Traitè des obligations, n.159, p.41).
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nota4

Rilevano questa funzione Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.617; Trimarchi, Causalità giuridica e danno, in Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a cura di Visintini, Milano, 1984, p.1.
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nota5

Così Santoro, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol.IV, Torino, 1999, p.180.
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nota6

Cfr. Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, p.378.
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nota7

De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1966, p.248.
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nota8

Analogamente Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni, cit., p.381.
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nota9

Barbero, op.cit., p.626.
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nota10

In questo senso anche parte della dottrina: cfr. Bianca, Diritto civile, cit., p.158.
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nota11

Bianca, Diritto civile, cit., p.156.
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nota12

In dottrina esprime analoghe considerazioni Ravazzoni, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in Studi in memoria di Donatuti, II, Milano, s.a.
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nota13

Santoro, op.cit., p.184.
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Bibliografia

  • BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Branca e Scialoja, 1979
  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1997
  • DE CUPIS, Il danno.Teoria generale della res.civile, Milano, 1966
  • PATTI, Danno patrimoniale, Torino, Dig.disc.priv., V, 1989
  • RAVAZZONI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, Milano, Studi in memoria di Guido Donatuti, II, 1973
  • SANTORO, Danni nelle obbligazioni pecuniarie, Comm.cod.civ. diretto da Cendon, IV, 1999
  • TRIMARCHI, Causalità giuridica e danno, Milano, Risarcimento del danno, 1984


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