Presunzione di possesso



Ai sensi del I comma dell'art. 1141 cod.civ. si presume che colui che esercita su una cosa un potere di fatto consistente in una relazione immediata e diretta ne abbia il possesso (Cass. Civ. Sez. II, 4698/87 ). Ciò fino a quando non si raggiunga la prova che egli abbia iniziato ad esercitarlo come semplice detenzione (Cass. Civ. Sez. II, 8422/03). Conseguentemente, coniugando la portata della disposizione in esame con quella che precede, nel momento in cui viene accertata l'esistenza di un potere di fatto sulla res che corrisponda al contenuto di un diritto reale, incombe su colui che contesta la natura possessoria di tale potere l'onere di provare che esso corrisponde alla mera detenzione (Cass. Civ. Sez. II, 5415/90) nota1.
In particolare l'oggetto della prova è attinente alla fase di instaurazione della situazione di potere sulla cosa, essendo irrilevante la successiva modificazione del rapporto con essa da possesso a detenzione.
Ove invece non si possa ritenere vigente la presunzione in esame (come ad esempio quando il rapporto è stato instaurato inizialmente per un titolo che non comporta il possesso, come ad esempio la locazione) la prova della corrispondenza al possesso di una determinata situazione di fatto è raggiungibile anche in forza di dichiarazioni testimoniali, la portata delle quali si esaurisce non certo nel fornire apprezzamenti di natura legale, bensì elementi idonei a consentire al giudicante di valutare la natura dell'attività esercitata (Cass. Civ. Sez. II, 4370/96).
Occorre infine badare che, come dispone l'art. 1144 cod. civ. , l'attività svolta per mera tolleranza altrui non può valere a fondare la presunzione di possesso in esame (Cass. Civ. Sez. II, 12493/95 ;cfr. anche Cass. Civ. Sez.II, 6589/06 con riferimento all'onere della prova gravante su colui che alleghi la sussistenza della tolleranza), in particolare essendosi osservato che l'instaurazione del possesso deve conseguire ad un atto volontario del possessore e non ad un atto o ad un fatto riconducibile al proprietario che rivesta la parallela qualità di possessore (Cass. Civ. Sez. II, 622/94; Cass. Civ. Sez. II, 12569/93 ) nota2.

Note

nota1

Cfr. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.177; Montel, Il possesso, Torino, 1956, p.125; Greco, Della proprietà, in Comm. cod. civ., III, Torino, 1968, p.373.Risulta inoltre del tutto indifferente l'eventuale consapevolezza, in colui che esercita il potere sulla res, dell'insussistenza di un valido titolo sul quale fondare la propria situazione possessoria, la quale ciononpertanto è degradata a detenzione (cfr. Cass.Civ. Sez.II, 8422/03 cit.).
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nota2

In generale, sull'argomento, si confrontino Patti, Profili della tolleranza nel diritto privato, in Bibl. di dir. priv., ordinata da Rescigno, Napoli 1978, e Tolleranza (atti di), in Enc. dir., p.701; Galgano, Diritto privato, Padova, 1994, p.132; Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.746; Protettì, Gli atti di tolleranza, in Giur. agraria it., I, 1964, pp.667 e ss..
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • GALGANO, Diritto privato, Padova, 1994
  • GRECO, Della propietà, Torino, Comm.cod.civ., III, 1968
  • MONTEL, Il possesso, Torino, 1956
  • PATTI, Profili della tolleranza nel diritto privato, Napoli, Enc.dir., 1978
  • PATTI, Tolleranza (atti di), Enc. dir.
  • PROTETTI', Gli atti di tolleranza, Giur.agraria it., I, 1964

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