Prescrizione dell'azione di riduzione




Non esistono norme specificamente dettate in tema di prescrizione dell'azione di riduzione avverso le liberalità lesive della porzione legittima (art.553 cod.civ. ). Ne segue l'applicabilità del termine ordinario decennale. Speciali difficoltà pone la questione relativa al dies a quo di decorrenza del termine.
Al riguardo la giurisprudenza ha espresso una notevole varietà di opinioni. Secondo una prima impostazione il termine sarebbe decorso dal giorno della morte dell'ereditando, vale a dire dal momento dell'apertura della successione (Cass. Civ. Sez.II, 4230/87 ; Cass. Civ. Sez.II, 11809/97 ). Ciò indipendentemente dal fatto che il testamento contenente le disposizioni lesive fosse eventualmente rinvenuto anche in esito al decorso di un notevole intervallo temporale. Si faccia il caso della morte di Tizio che abbia lasciato due figli. Se dopo nove anni ed undici mesi venisse rinvenuto e pubblicato un testamento in base al quale il de cuius avesse lasciato tutte le proprie sostanze ad uno soltanto dei propri discendenti, l'altro avrebbe soltanto un mese di tempo onde promuovere l'azione di riduzione (a tacere della possibilità che il testamento sia rinvenuto oltre il detto termine). Queste notazioni costituiscono la base per intendere l'opposto orientamento, in base al quale il termine prescrizionale non potrebbe decorrere se non dal giorno della pubblicazione del testamento lesivo della porzione legittima (Cass. Civ. Sez.II, 99/70 ; Cass. Civ. Sez.II, 5920/99 ). Soltanto in esito a tale pubblicazione infatti il legittimario sarebbe in grado di conoscere il contenuto lesivo delle volontà testamentarie e di decidere se promuovere o meno l'impugnativa.

Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della S.C. che hanno seguito un percorso logico che ha ancor più accentuato la soluzione intesa a preservare i diritti del legittimario leso. E' stato infatti osservato come, a rigore, la mera pubblicazione di un testamento contenente disposizioni lesive non sia ancora in grado di determinare un pregiudizio del riservatario. Infatti il chiamato ben potrebbe rimanere inerte, quando non addirittura rinunziare all'eredità lasciatagli. Ne segue che la lesione si produce soltanto quando si verifica l'acquisto ereditario in conseguenza di un atto di accettazione espressa ovvero tacita (artt.475 e ss. cod.civ. ). E' soltanto a far tempo dalla data dell'accettazione dell'eredità pertanto che decorrerà il termine prescrizionale decennale onde promuovere l'azione di riduzione (Cass.Civ. S.U., 20644/04).

Ovviamente non pone le questioni di cui si è fatto cenno la differente ipotesi in cui la lesione della quota di legittima sia l'effetto del compimento durante la vita dell'ereditando di uno o più atti di liberalità. In questo caso nel momento in cui si apre la successione il legittimario ha a disposizione tutti gli elementi per poter decidere se e come tutelare i propri diritti.

Non ha a che fare con le riferite argomentazioni il tema, affine ma sostanzialmente diverso, dell'individuazione della decorrenza del termine prescrizionale nell'ipotesi in cui a fal valere l'azione non sia il legittimario leso, bensì il di lui erede. E' tuttavia agevole intendere come la situazione non muti: il termine decorre pur sempre dall'apertura della successione, subentrando l'erede nella stessa situazione giuridica del proprio dante causa (Cass. Civ., Sez. II, 13407/2015).

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