Prelevamenti (imputazione dei debiti, mancato conferimento in natura)



Ai sensi dell'art. 725 cod.civ. nell'ipotesi in cui, successivamente all'apertura della successione, non abbia luogo il conferimento in natura (art.746 cod.civ. ) dei beni precedentemente donati dal de cuius ad uno dei coeredi tenuti alla collazione ex art. 737 cod. civ. , ovvero vi siano debiti dell'erede nei confronti del de cuius (dunque da scomputare dalla quota spettante al primo sull'asse ereditario) "gli altri eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote".

A ben vedere la norma riguarda due situazioni assolutamente distinte. La prima ha a che fare con l'eventualità in cui vi sia taluno dei coeredi che abbia ricevuto durante la vita del de cuius liberalità riguardanti beni immobili. In esito all'apertura della successione, come è noto, il coerede donatario sarà tenuto ad effettuare la collazione a sua scelta o mediante la restituzione del bene in natura o mediante imputazione (art.746 cod.civ. ). Ebbene: la disposizione qui in esame chiarisce che, quando il coerede tenuto alla collazione abbia optato per l'imputazione (alla propria porzione, come significativamente recita l'art. 746 cod.civ. ), le operazioni di riparto della massa ereditaria vengano condotte mediante prelevamenti da parte degli altri coeredi di beni, come detto "in proporzione delle loro rispettive quote". Questa situazione vale anche quando il donatario sia divenuto coerede in esito al vittorioso esperimento dell'azione di riduzione ( Cass. Civ. Sez. II, 1018/77 ). Il II comma dell'art.725 cod.civ. ulteriormente precisa che "i prelevamenti, per quanto è possibile, si formano con oggetti della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in natura". Si faccia il caso di Primo che, morendo, lascia tre figli e un patrimonio costituito da 2 appartamenti e 6 appezzamenti di terreno, avendo in vita donato al figlio Tizio un appartamento (senza dispensa alcuna). Se Tizio preferisce ritenere quanto ricevuto in donazione e non conferirlo in natura nel tempo in cui si apre la successione, i coeredi Caio e Sempronio avranno il diritto di prelevare un appartamento ciascuno di quelli che si rinvengono nell'asse ereditario nota1.

La seconda situazione assunta dall'art. 725 cod.civ. attiene alla c.d. "imputazione dei debiti", anche equivocamente appellata come "collazione". E' stato sostenuto che detta imputazione funzioni analogamente alla imputazione che costituisce una delle modalità operative della collazione. Al riguardo occorre anzitutto rimarcare come non vi sia unanimità di vedute circa il concreto operare della collazione che si realizza con l'imputazione. Salvi gli approfondimenti che verranno condotti sul tema specifico, alla prevalente opinione secondo la quale l'imputazione si sostanzierebbe in un minore apporzionamento sulla massa dividenda che tenga conto del valore di quanto già donato, si oppone il parere di quanti reputano che essa darebbe luogo all'effettivo riversamento nella massa dell'equivalente in denaro del bene donato. Ciò premesso, sembra palese che i debiti (dell'erede nei confronti del de cuius, dunque pro quota nei confronti degli altri coeredi) non possano tecnicamente essere oggetto di collazione. Ciò non perchè, come pure è stato detto, la locuzione "conferire" allude ad un incremento della massa e non ad una diminuzione della stessa, come sarebbe nel caso in esame nota2 . Da questo punto di vista è vero piuttosto il contrario:il debito che fa capo al coerede nei confronti del de cuius o verso gli altri coeredi "in dipendenza dei rapporti di comunione"(II comma art.724 cod.civ. )conduce propriamente all'accrescimento (sia pure soltanto a livello contabile) della massa da dividere. Si faccia il caso di Tizio che sia debitore del padre Primo per 100. Se all'apertura della successione alla quale vengono oltre a Tizio anche i fratelli Caio e Sempronio il relictum è pari a 200, Primo dovrà imputare alla quota spettantegli, pari a 100, quanto dovuto al padre, attualmente alla massa. Ne segue che mentre i fratelli di divideranno in parti eguali il relictum , conseguendo 100 pro capite , il diritto di Primo verrà assorbito dal debito che a lui fa capo. Ecco perchè l'"imputazione" di cui alla norma in esame è un termine che sta a significare lo scomputo mediante compensazione del debito del coerede verso la massa con il contrario diritto di costui ad essere attributario della quota di eredità spettantegli nota3 . Insomma: si parla di imputazione in senso atecnico, non per alludere al concreto riversamento dell'equivalente in denaro del valore dei beni già donati in vita dal de cuius nota4. Analogamente la collazione dei debiti sta semplicemente a significare l'operazione di incremento della massa che si conduce mediante lo scomputo del debito predetto. La detta operazione costituisce un ponte tra il procedimento divisionale e l'istituto della collazione, manifestando in una certa misura la ricomprensione o comunque il collegamento di quest'ultima al primo, anche se in giurisprudenza si è concluso per l'estraneità del prelevamento alla divisione in senso stretto, con incerte conseguenze. Da un lato si è infatti deciso che, al fine di accertare se le porzioni corrispondano alle rispettive quote ereditarie, bisognerebbe riferirsi al valore dei beni al tempo dell'apertura della successione e non al momento della divisione ( Cass. Civ. Sez. II, 2630/90 ) dall'altro si è statuito in senso diametralmente opposto Cass. Civ.Sez. II, 398/85 ).

In definitiva, reiterando in un certo senso quanto riferito a proposito della prima tra le situazioni considerate, quando la collazione riguarda una precedente donazione di bene immobile e questa ha luogo in natura, si ha un aumento reale del valore della massa, che va successivamente ripartita nelle varie quote di eredità. Ma anche quando la collazione viene fatta con imputazione dei debiti del coerede, dandosi seguito ai prelevamenti degli altri coeredi, se anche il volume della massa non può dirsi concretamente e fisicamente aumentato, il valore della stessa può qualificarsi come effettivamente incrementato dal punto di vista giuridico e contabile. I coeredi potranno dunque prelevare beni di valore pari alla propria quota determinata, computando la donazione effettuata in precedenza.

Le cose dette rinvengono ulteriore conferma nel modo di disporre dell'art. 751 cod.civ. . La norma prevede che colui che deve conferire denaro lo fa prendendo in meno dal denaro della massa per l'ammontare della somma che deve ad essa conferire (secondo il valore legale della specie donata o di quella che le sia stata legalmente sostituita all'apertura della successione). Il II° comma della medesima sta proprio a significare questo: che qualora il denaro della massa non sia sufficiente ad integrare i prelevamenti di spettanza degli altri coeredi ed il donatario non voglia conferire altro denaro ovvero titoli di Statonota5 , i prelevamenti verranno fatti da parte dei coeredi per un valore corrispondente in beni mobili o immobili della massa ereditaria.

Note

nota1

In astratto si potrebbe porre il problema dell'estensione dell'art.725 cod.civ. anche alla collazione di beni diversi dagli immobili. Inversamente la collazione per imputazione degli immobili potrebbe anche venire eseguita mediante concreto conferimento in denaro alla massa ereditaria del valore degli immobili stessi. la prima eventualità deve tuttavia essere scartata, in quanto la norma citata dispone l'alternativa tra il prelevamento ed il conferimento in natura, operazione praticabile unicamente per gli immobili e non per i beni mobili (cfr. l'art. 750 cod.civ. ). Tuttavia, per esattezza, va rilevato che i debiti non costituiscono propriamente oggetto di collazione, in quanto è chiaro che il "conferire" può riferirsi a un qualche cosa che aumenti la massa (e perciò di attivo), non già ad un quid che la diminuisca (e perciò di passivo, com'è appunto il debito). Conferire un debito vorrebbe dire in sostanza portare il debito nella massa per ripartirne l'aggravio con gli altri coeredi. Gli unici atti attraverso i quali l'imputazione si attua sono rappresentati dai prelevamenti; non esiste dunque, dal punto di vista dinamico, una fase autonoma di "imputazione dei debiti", identificandosi questo fenomeno con la fase dei prelevamenti (Forchielli-Angeloni, Della divisione, in Comm. cod.civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 2000, p.177).
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nota2

Sottolinea la differenza tra la imputazione dei debiti ed il fenomeno della collazione Azzariti, Le successioni e le donazioni, Padova, 1982, p.731.
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nota3

Forchielli-Angeloni, cit., p.185.
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nota4

In questi casi cioè il prelevamento costituisce il modo per realizzare l'imputazione dei debiti: Burdese, La divisione ereditaria, in Trattato di dir.civ.it., dir. da Vassalli, Torino, 1980, p.168.
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nota5

Conferendo denaro e titoli di Stato il coerede compie un atto che concreterebbe una sorta di collazione in natura, ma che da questa si deve distinguere perché non ha ad oggetto gli stessi beni oggetto della donazione ricevuta (Carnevali, voce Collazione, in Dig.civ., vol.II, 1990, p.478).
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • BURDESE, La divisione ereditaria, Torino, vol. XX, 1980
  • CARNEVALI, Collazione, Dig. civ. , II, 1990

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