Una volta che il/i liquidatore/i abbia/no assunto la pienezza della propria carica in esito al passaggio dei poteri già spettanti agli amministratori
nota1, è loro affidato il compito di definire i rapporti inerenti all'attività sociale. E' al riguardo appena il caso di fare presente che anche in tale fase permane, relativamente al compendio sociale, l'autonomia patrimoniale propria del tipo (Cass. Civ. Sez. I,
931/62).
L'art.
2278 cod. civ. dettato espressamente in tema di poteri dei liquidatori, riserva ad essi ampio spazio di manovra, riconoscendo loro la facoltà di compiere tutti gli atti necessari per la liquidazione, in particolare esplicitando
la possibilità di vendere anche in blocco i beni sociali, di fare transazioni e compromessi. Il tutto fatta salva una diversa volontà dei soci, volontà che potrebbe essere racchiusa nei patti sociali originari ovvero espressa successivamente all'atto della nomina dei liquidatori. Così i soci potrebbero, ad esempio, opporsi alla vendita in blocco, oppure a che i liquidatori si facciano sostituire da altri soggetti per lo svolgimento degli atti ad essi demandati (cfr. Cass. Civ. Sez. I,
1893/65). Analogamente si deve concludere per l'ipotesi di cessione dell'azienda, che ben può essere qualificata in chiave analoga, ossia di cessione in blocco (così Tribunale di Taranto, 11 marzo
2002).
Si può dunque affermare che l'unica autentica limitazione generale posta dalla legge ai poteri dei liquidatori (fatte salve, si intende, le preclusioni di cui agli artt.
2279 e
2280, I comma, cod. civ.) è connessa alla finalità della fase in esame.
Occorre che ciascuno dei singoli atti posti in essere siano compiuti per soddisfare lo scopo liquidativo. Ai liquidatori spetta inoltre la rappresentanza, anche processuale, della società
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nota2. Siffatta attribuzione sorge in esito alla nomina e permane sino all'effettivo completamento delle operazioni di liquidazione ed alla correlativa
cancellazione dal registro delle imprese (dalla sezione speciale per le società semplici)
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nota3. Cosa riferire dell'eventualità in cui la società sia stata cancellata nonostante la permanenza di passività? La risposta più appagante pare quella in base alla quale da un lato viene ad essere sancita la permanenza dell'ente, dall'altro alla perdurante responsabilità della società viene ad aggiungersi la responsabilità dei soci (nel senso che essa sia limitata alla parte da ciascuno conseguita all'esito della distribuzione dell'attivo, cfr. Cass. Civ. Sez. V,
19732/05).
Note
nota1
Anche se è il caso di rilevare come spesso venga nominato liquidatore chi ha già rivestito la carica di amministratore (ciò che può non essere indifferente anche sotto il profilo della legittimazione processuale: cfr. Cass. Civ. Sez. II,
6787/95), essendo a conoscenza di ogni aspetto legato alla operatività della società.
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nota2
E' pertanto solo il liquidatore che può validamente rendere l'interrogatorio formale deferito a società semplice: cfr. Cass. Civ. Sez. II,
734/74.
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Occorre inoltre rammentare del prevalente indirizzo secondo il quale l'estinzione dell'ente sociale si produrrebbe soltanto una volta che si riscontrasse l'effettiva estinzione di tutti i rapporti giuridici pendenti. Ne segue che, pur in esito alla cancellazione della società dal registro delle imprese, è stata ritenuta sussistente in capo ai liquidatori la legittimazione ad impugnare la sentenza emessa nei confronti della società in liquidazione (Cass. Civ. Sez. II,
10555/01).
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