Permuta tra beni soggetti a imposte diverse (registro e Iva)


Questo caso è sostanzialmente identico a quello precedente, dal quale si differenzia per il fatto che si tratta di una permuta tra beni soggetti a imposte diverse. Si sostiene che anche in questo caso sia dovuta una sola imposta fissa di registro.

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Con atto stipulato dal notaio ricorrente in data ..., n. ... di repertorio, registrato a ... il ... al n. ..., il Comune di ... e la società ... S.p.A. permutavano due appezzamenti di terreno.
Tale permuta ha ad oggetto una prestazione soggetta a IVA (il trasferimento da ... al Comune) e una prestazione soggetta al trattamento tributario agevolato di cui all’art. 32 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601, trattandosi di area facente parte del Piano per insediamenti produttivi (PIP) del Comune stesso.
L’atto è stato tassato dal notaio ricorrente, in autoliquidazione, mediante il pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.
L’ufficio richiede invece un’ulteriore imposta in misura fissa «in quanto le due operazioni di permuta sono autonomamente soggette a tale imposta. La prima ai sensi dell’art. 32 DPR 601/73 e la seconda ai sensi dell’art. 40 DPR 131/86».
La richiesta dell’ufficio è infondata.
Si osserva che ogni qualvolta il legislatore ha voluto sottoporre ad imposizione gli atti in ragione della loro potenzialità economica, ha ricondotto gli stessi nell'ambito applicativo di norme che prevedono l'imposizione in misura proporzionale (si pensi ad esempio all'art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/86, che stabilisce l'imposizione nella misura del 3 % degli atti diversi da quelli altrove indicati "aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale"), ovviamente sulla base di un congruo e coerente parametro.
Sotto il profilo della coerenza interna al tributo, il principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost. richiede che a livello legislativo la determinazione della base imponibile sia individuata sulla base di giudizi economici e di estimazione rispettosi dell'esigenza costituzionale di corrispondenza tra il fatto-presupposto del tributo e il fatto da cui si desume il parametro o la base imponibile. In altri termini, la capacità contributiva colpita attraverso la base imponibile deve corrispondere a quella espressa dal presupposto del tributo.
La tesi secondo cui l'imposta in misura fissa colpirebbe il negozio giuridico, al pari di quanto avviene in caso di imposizione in misura proporzionale, oltre a comportare inevitabili violazioni degli artt. 3 e 53 Cost., genera perplessità anche in relazione al sistema tributario nel suo complesso, ogni qualvolta soggiacciano a imposizione fattispecie rientranti nell'ambito applicativo di altri tributi in ragione del medesimo presupposto (come avviene nel caso dell'Iva, dovuta per la permuta contenuta nell’atto oggetto del presente ricorso). Proprio nel caso di specie, in cui un trasferimento è soggetto a IVA, pare evidente che l'indice di capacità contributiva assume e consuma l'intera sua rilevanza per detta imposta (tanto è vero che pure le imposte ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa).
Va quindi confermato che l'imposizione in misura fissa non è collegata alla natura e agli effetti che l'atto presentato alla registrazione produce, bensì alla mera esecuzione della formalità della registrazione e, pertanto, è unica e di ammontare predeterminato, in quanto tassa richiesta quale remunerazione del servizio di registrazione del documento reso dallo Stato (in tal senso peraltro si è espressa la stessa Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 272/E del 3 luglio 2008, nel caso di atto avente ad oggetto affitto di PAC e affitto di terreni agricoli).
Anche l'evoluzione storica della disciplina normativa del tributo, dal Regio Decreto del 1923 al Testo Unico attualmente vigente e la nuova procedura telematica del c.d. adempimento unico, che sostituisce la registrazione ordinaria, sembrano militare in questo senso. L'obbligo di registrazione, infatti, non deve essere inteso come strumento di prelievo, bensì come strumento di controllo e di rilevazione delle movimentazioni delle ricchezze private. Il servizio di registrazione quindi deve essere ricostruito come attività amministrativa tout court, con efficacia di pubblicità notiziale, non avente carattere propriamente tributario, ma con finalità indirettamente fiscale ogni qualvolta, attraverso tale controllo, il fisco abbia modo di arginare eventuali evasioni di imposta.
Attesa la natura di tassa, l'entità del tributo deve essere rapportata al "costo" del servizio, che è l'unico parametro economico direttamente riferibile all'attività pubblica, stante l'irrilevanza dell'utilità in concreto arrecata al contribuente.
La misura della tassa non può quindi ragionevolmente superare il costo del servizio, a prescindere dall'applicabilità o meno dell'art. 53 Cost. Infatti, dall'art. 2 Cost. si ricava che la solidarietà, oltre a fondare i tributi redistributivi-solidaristici, permea l'intero assetto costituzionale e deve essere armonizzata con altri fondamentali principi ed, in primo luogo, con il principio di uguaglianza, per cui anche al di fuori del tributo redistributivo, a prescindere dalla tipologia dei meccanismi di finanziamento delle spese pubbliche, qualsiasi prelievo appare autonoma e diretta espressione dei principi di solidarietà ed uguaglianza.
In conclusione, la ricostruzione dell'imposta in misura fissa quale "tassa d'atto", oltre ad apparire sostenibile in via interpretativa da parte dell'Amministrazione finanziaria, avrebbe il pregio di confermare la coerenza interna della disciplina del singolo tributo, nonché del sistema tributario nel suo complesso, evitando violazioni dei principi costituzionali, nonché possibili e irragionevoli duplicazioni impositive.
Ne discende quindi che nel caso di specie, poichè la formalità della registrazione è unica, unico deve essere, quindi, il tributo dovuto.

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