Perimento della cosa




Il perimento della cosa materiale, il bene che costituisce oggetto del rapporto o della relazione giuridica, viene assunto in considerazione dal diritto in molteplici occasioni.

Assai frequentemente l'evento è causa dell'estinzione di un diritto. Si pensi al perimento integrale del fondo enfiteutico, che cagiona il parallelo venir meno dell'enfiteusi (art. 963 cod.civ. ). 

A proposito di usufrutto, si dirà partitamente sia dell'art. 994 cod.civ.  (che si riferisce al diritto che riguarda una mandria o un gregge), sia del modo di disporre degli artt. 1014 cod.civ. (perimento integrale),  1016 cod.civ. (perimento parziale). La distruzione può anche essere stata cagionata da terzi: cfr. l'art. 1017 cod.civ., ai sensi del quale l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dal responsabile del danno. Sempre in tema di usufrutto, l'art. 1019 cod.civ. , prescrive il trasferimento del diritto sull'indennità dovuta dall'assicuratore.

L'art. 1018 cod.civ. prevede il caso del diritto costituito su un fondo, sul quale insiste un fabbricato, disciplinando il perimento non già del primo, bensì del secondo. Il diritto non si estingue: l'usufruttuario ha il diritto di godere l'area ed i materiali di risulta. Il diritto non riguarda, infatti, l'edificio, ma il terreno sul quale sorge. La fattispecie rieccheggia quella del perimento dell'edificazione nell'ambito del diritto di superficie di cui all'art. 954 cod.civ. .

In materia di condominio l'art. 1128 cod.civ. distingue tra perimento integrale (o di una parte che rappresenti i tre quarti del valore) e perimento parziale dell'edificio: anche questo tema sarà oggetto di specifica trattazione.

In materia di ipoteca, diritto reale di garanzia, l'art. 2878 cod.civ. prevede al n.4 che il perimento del bene produca, salvo il caso di surrogazione reale di cui all'art. 2742 cod.civ., l'estinzione del diritto.

Nell'ambito del rapporto giuridico, con particolare riferimento al rapporto obbligatorio, il perimento della cosa costituisce invece il punto nodale di un giudizio circa la riconducibilità di esso al debitore (ciò che genera inadempimento imputabile) ovvero il collegamento causale con il caso fortuito o la forza maggiore.

Si pensi agli artt. 1256 ,  1257 , 1258 cod.civ., nonché alla fondamentale regola di cui all'art. 1465 cod.civ. che disciplina il rischio del perimento del bene, coniugandone la portata con il principio del consenso traslativo di cui all'art. 1376 cod.civ..

Il tutto produce ovviamente i propri effetti in relazione alle vicende di ciascuna specie di contratto la cui stipulazione è produttiva di effetti reali. Si pensi alla vendita, alla donazione, alla permuta. 

Il perimento della cosa da restituire in esito all'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto non già importerà l'impraticabilità della risoluzione, bensì l'obbligo di disporre il risarcimento del danno (Cass. Civ. Sez. II, 10256/97 ). Un analogo ragionamento può esser condotto in tema di azione intesa a far valere la garanzia per i vizi di cui fosse affetta la cosa venduta (Cass. Civ. Sez. II, 5065/92 ; Cass. Civ. Sez. II, 11892/91 ). In relazione alle singole specie di contratti previsti dal codice civile si ponga mente all'art. 1673 cod.civ., dettato in tema di appalto, ai sensi del quale, il perimento o il deterioramento dell'opera per causa non imputabile ad alcuna delle parti, anteriormente all'accettazione da parte del committente o prima che il committente sia in mora a verificarla, è posto a carico dell'appaltatore qualora questi abbia fornito la materia. Se invece la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il deterioramento dell'opera è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui fornita, per il resto è a carico dell'appaltatore.

L'art. 1805 cod.civ. pone a carico del comodatario il perimento del bene pur quando sia intervenuto per cause al medesimo non imputabili.

L'art. 2175 cod.civ., per la soccida, dispone che il soccidario non risponde del perimento del bestiame qualora dia conto che non è intervenuto per causa a lui non imputabile, dovendo tuttavia rispondere delle parti recuperabili.

L'art. 2286 cod.civ. prevede, in materia di società di persone, l'esclusione del socio che si è obbligato a conferire la proprietà di una cosa se il perimento della stessa è intervenuto prima che il relativo diritto sia stato acquisito dalla società.

Anche nell'ambito delle successione a causa di morte il perimento della cosa già donata dal de cuius  in vita all'erede ovvero della cosa oggetto del legato danno luogo a vicende dotate di una propria disciplina. L'art. 744 cod.civ. nega che quando la cosa donata sia perita per causa non imputabile al donatario la medesima sia soggetta a collazione. L'art. 673 cod.civ. prescrive invece l'inefficacia del legato qualora la cosa che ne è l'oggetto sia interamente perita durante la vita del testatore.

Quanto infine agli obblighi restitutori che seguono secondo le regole sulla ripetizione dell'indebito, ai sensi dell'art. 2037 cod.civ., se la cosa che deve essere restituita è perita anche per caso fortuito, chi l'ha ricevuta in mala fede è tenuto a corrisponderne il valore (se invece la cosa è soltanto deteriorata, colui che l'ha data può chiedere l'equivalente, oppure la restituzione e un'indennità per la diminuzione di valore). Chi ha ricevuto la cosa in buona fede non risponde del perimento o del deterioramento di essa, ancorché dipenda da fatto proprio, se non nei limiti del suo arricchimento.

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