Patto di famiglia ed imputazione ex se in esito all'apertura della successione



L'importanza dell'imputazione ex se (art. 564 cod.civ.) da parte di tutti i soggetti coinvolti nel patto di famiglia in relazione alle attribuzioni ed assegnazioni ricevute si palesa nell'ipotesi in cui, una volta apertasi la successione, si manifestasse l'esistenza di un notevole attivo ereditario.

Invero se l'eredità fosse passiva o comunque l'attivo fosse modesto, non si porrebbero problemi particolari. Quand'anche emergessero debiti ereditari o disposizioni a titolo di legato o a titolo di erede (a beneficio di soggetti diversi dai legittimari) la situazione non sarebbe per nulla differente da quella che si riscontra ogniqualvolta l'ereditando abbia disposto in vita mediante donazioni. I legittimari potrebbero, rinunziando all'eredità, evitare di rispondere ultra vires, tenendo ferma l'efficacia delle liberalità donative ricevute in esse comprese quelle scaturenti dal patto di famiglia. Non si può certo ipotizzare per quest'ultimo una regola differente da quella che scaturisce dalla formula relicum - aes alienum + donatum, nella quale non è consentito invertire i fattori.

Più interessante è invece il caso in cui le attività siano di notevole portata economica. E' precisamente con riferimento a tale eventualità che rinviene la propria valenza l'operazione dell'imputazione alla porzione legittima.

Qui occorre precisare che la valenza di quanto si va affermando risulta strettamente dipendente dal significato che si intende attribuire al III comma dell'art.768 quater cod.civ. (vale a dire dalla linea teorica che si reputi di accogliere con riferimento alla individuazione delle attribuzioni da assoggettare a riunione fittizia e all'imputazione ex se ). Va dunque fatta avvertenza che quanto sarà esposto parte dall'idea dell'integrale sottoposizione a riunione fittizia e all'imputazione ex se di cui all'art.564 cod.civ. di tutte le attribuzioni fatte dall'ereditando (al solo discendente "preferito", con l'esclusione della possibilità di operare ulteriori assegni agli altri legittimari) nonché delle assegnazioni compensative operate dal legittimario al quale sia stata destinata l'azienda in favore degli altri potenziali legittimari.

Si faccia il seguente caso pratico. Tizio, dopo aver disposto con un patto di famiglia della propria azienda avente un valore pari a 1200 in favore del figlio Primo, lascia un asse avente una consistenza di 10.800, nominando proprio erede testamentario l'amico Quintiliano. Si ipotizzi che, in sede di perfezionamento del patto, Primo si sia accordato con il fratello Secondo e con la madre Tizia assegnando a costoro una somma di 400. E' chiaro che, una volta aperta la successione, occorrerà da un lato effettuare la riunione fittizia (10.800 + 1200 = 12000), determinare la parte disponibile (1/4 di 12000 = 3000), indi, allo scopo di stabilire quanto debba profittare a ciascuno dei legittimari, operare in riferimento ad ognuno l'imputazione ex se di quanto ricevuto dal de cuius. Questa operazione dovrà essere effettuata tenendo conto della speciale correzione implicita nel modo di disporre del III comma dell'art. 768 quater cod.civ.. Conseguentemente sul relictum di 10.800 i legittimari vanteranno diritti che debbono tener conto della paritetica imputazione ex se di 400 a valere sulla legittima loro spettante pari a 3000, dunque per un importo di 2600 ciascuno, loro spettanti eventualmente anche all'esito del promuovimento di azione di riduzione nei confronti dell'erede testamentario.

Riprendendo l'esemplificazione fatta, la perequazione tra i legittimari già operata al tempo del perfezionamento del patto di famiglia importerà che ciascuno degli stessi, a valere sulla propria porzione legittima di 3000, debba imputare l'importo di 400 (e non già di 1200 per l'attributario dell'azienda ed un importo nullo per il fratello e la madre).

Il meccanismo sopra descritto manifesta la propria utilità anche nell'ipotesi in cui gli altri partecipanti al patto di famiglia avessero manifestato in tale sede un intento interamente o parzialmente abdicativo. Si faccia il caso pratico relativo all'imprenditore Tizio, coniugato con due figli, la cui azienda, del valore di 600, vada attribuita al solo figlio Primo a fronte di un asse ereditario complessivo ( relictum + donatum ) pari a 1800. Se il fratello Secondo e la madre Tizia avevano espresso il semplice intento di rinunziare a qualsiasi assegnazione compensativa, ne discenderà che, una volta apertasi la successione, Primo dovrà imputare ex se per un valore di 600 (esaurendo dunque integralmente la propria porzione legittima pari a 450) quanto ricevuto in sede di stipulazione del patto di famiglia e non riceverà più nulla a valere sul relictum, da assegnarsi in parti eguali al fratello Secondo ed alla madre Tizia.

In altre parole è vero che il patto di famiglia viene a configurare un asse pattizio autonomo, ma tale autonomia è a senso unico. Intangibili, entro limiti peraltro labili, le attribuzioni di cui al patto, tuttavia idonee a produrre non indifferenti riflessi sugli esiti della distribuzione dell'asse nell'ambito del susseguente fenomeno successorio mortis causa.

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