Patti di famiglia e vizi del consenso: termine prescrizionale dell'azione di annullamento



A mente dell'art. 768 quinquies cod.civ. il patto "può essere impugato dai partecipanti ai sensi degli artt. 1427 e ss.". Del tutto perplesso è il riferimento operato dalla norma. Presa alla lettera ed interpretata a contrario, parrebbe escludere la praticabilità dell'azione di annullamento per le altre causa di invalidità, il che certamente non potrebbe darsi. Grottesco sarebbe infatti reputare che il patto di famiglia non possa essere impugnato per l'incapacità legale (o naturale) di taluna delle parti. Ai primi commentatori la formulazione di essa è parsa priva di senso nota1. Non si vede infatti come, anche in difetto di tale precetto, si potesse dubitare della sottoposizione del patto in esame alla disciplina dell'invalidità a cagione della ricorrenza di errore, violenza o dolo. In realtà il senso della disposizione si rinviene soltanto nella lettura complessiva della stessa, che prosegue sancendo l'assai breve termine prescrizionale annuale per proporre la relativa azione. Le parti del patto di famiglia non disporranno dunque di cinque anni (I comma art. 1442 cod.civ. ) per impugnarlo facendo valere errore, violenza, dolo.

E' come se il legislatore avesse voluto porre l'enfasi, rispetto a tutti gli altri casi di invalidità, sulla disciplina dei vizi della volontà. Ciò in relazione alla peculiare funzione del patto di famiglia. Se esso ha, tra l'altro, lo scopo di cristallizzare il valore dell'azienda (o delle quote sociali) e di perequare gli assegni effettuati a favore dei potenziali legittimari non attributari di essa, appare evidente come il pericolo maggiore sia proprio quello di tardive impugnative fondate sull'errore o sul dolo negoziale (assai più difficile appare ipotizzare la violenza). Proprio allo scopo di troncare le discussioni sul punto pare essere ispirata la brevità del termine prescrizionale in parola. Non potranno dunque le parti del patto insorgere contro l'assetto economico cristallizzato nello stesso facendo valere questioni attinenti alla valorizzazione dei cespiti in esso dedotti (ciò che imporrebbe delicate valutazioni) strumentalmente deducendo di essere cadute in errore o di essere state tratte in inganno (ad esempio sulla consistenza patrimoniale dell'azienda, che, come è noto, rappresenta un bene complesso il cui pregio economico è soggetto a variazioni assolutamente rilevanti anche in relazione a brevi lassi temporali).

Una precisazione si impone con riferimento al dies a quo di decorrenza del termine annuale in parola. Ordinariamente quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso, l'inizio di decorrenza del termine prescrizionale coincide con il giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo (art. 1442 cod.civ. ). Nulla di specifico invece prescrive la disposizione in commento. In astratto il legislatore avrebbe anche potuto, sempre in omaggio alle preciate esigenze di stabilità del patto, stabilire che il dies a quo coincidesse con il tempo della stipulazione del patto. In difetto di un'espressa eccezione alla regola generale più sopra enunziata, appare tuttavia preferibile ritenere applicabile alla fattispecie proprio quest'ultima nota2.

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Note

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Busani, Accordi alla presenza di tutti i legittimari, in Guida al diritto, de Il sole 24 ore, 01 aprile 2006, n.13, p. 49.
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Cfr. Lupetti, Patti di famiglia: note a prima lettura, in CNN 14 febbraio 2006.
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Bibliografia

  • BUSANI, Accordi alla presenza di tutti i legittimari, Guida al diritto de Il sole 24 ore, n. 13, 01 aprile 2006
  • LUPETTI, Patti di famiglia: note a prima lettura, CNN 14 febbraio 2006

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