Partecipazione agli utili ed alle perdite (società a base personale)







L'art. 2263 cod. civ. detta i criteri di ripartizione tra i soci degli utili e delle perdite per il caso in cui non si rinvengano specifiche prescrizioni nei patti sociali. La norma possiede dunque carattere suppletivo (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 777/80 ).

La prima regola di cui all'articolo in esame prevede una presunzione di proporzionalità tra i conferimenti eseguiti da ciascuno dei soci e la parte a loro spettante nei guadagni e nelle perdite.

Fa seguito un'ulteriore presunzione: qualora il valore dei conferimenti non risultasse determinato, la partecipazione dei soci si presumerebbe uguale. Dunque paritetica sarà anche la ripartizione degli utili e delle perdite. Può anche darsi che soltanto uno o alcuni conferimenti siano stati stimati. In questa ipotesi sarà possibile applicare il principio appena enunciato soltanto quando l'indicazione del valore dei conferimenti sia paritetica. Quando invece i valori fossero divergenti non resterebbe altro se non valutare i conferimenti che non fossero stati stimati.

Cosa riferire dell'eventualità in cui il socio avesse conferito la mera opera? In tale ipotesi, nel silenzio del contratto sociale, il II comma dell'art. 2263 cod. civ. prevede la determinazione della parte spettante al socio d'opera a cura del giudice secondo equità. L'intervento giudiziario viene effettuato ad integrazione dei patti sociali lacunosi sul punto. Ne segue che la valutazione deve essere riferita al tempo della stipulazione del contratto, non essendo suscettibile di variazioni durante la vita della società. Questa conclusione non è tuttavia pacifica tra gli interpreti nota1. Non agevole può essere in concreto distinguere tra socio d'opera e lavoratore subordinato. Infatti non si palesa incompatibile con la qualità di socio l'esistenza parallela di un contratto di lavoro subordinato tra socio e società (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 7573/86 ).

L'ultimo comma dell'art. 2263 cod. civ. introduce un'ultima presunzione. Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite nota2.

Occorre inoltre rammentare l' ammissibilità di una eterodeterminazione di tali elementi. Il tema, di cui si occupa l'art. 2264 cod. civ. , verrà analizzato separatamente. Analoga indagine si condurrà sul principio di cui al successivo art. 2265 cod. civ. , in base al quale è nullo il patto con il quale uno o più soci vengano esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. Una siffatta clausola non potrebbe non porsi in contrasto con la stessa causa del contratto sociale.

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Note

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Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1987, p. 111; contra Galgano, Le società in genere. Le società di persone, in Tratt. dir.civ. e comm., dir. da Cicu-Messineo, Milano, 1982, p. 276.
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In dottrina è stato ricavata interpretativamente anche la presunzione inversa: qualora cioè fosse nota l'entità della partecipazione alle perdite, si presumerebbe proporzionale la partecipazione agli utili (Bolaffi, La società semplice. Contributo alla teoria dele società di persone, Milano, 1947, p. 368).
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Bibliografia

  • BOLAFFI, La società semplice. Contributo alla teoria delle società di persone., Milano, 1947
  • DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1987
  • GALGANO, Le società in genere. Le società di persone, Milano, Tratt. dir. civ. e comm. dir. da Cicu e Messineo, 1982

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