Oggetto della vendita d'eredità



Non poche discussioni suscita la considerazione dell'oggetto dell'atto di trasferimento dei diritti ereditari disciplinato dagli artt. 1542 e ss.cod.civ.. Affinchè si abbia vendita d'eredità è indispensabile che le parti considerino unitariamente il complesso dei beni e dei rapporti ereditari, anche quando la consistenza dell'eredità si riduca ad un unico cespite. Diversamente avrebbe luogo non il fenomeno in esame, ma il trasferimento (la vendita, la permuta, la donazione) di singoli beni ereditari. La precisazione non è di secondaria importanza ogniqualvolta, non tanto venga in esame la cessione di un cespite determinato, quanto una pluralità di beni specifici, identificati in relazione all'appartenenza all'asse ereditario (es.: tutti i quadri appartenenti al de cuius, tutti gli immobili, tutti i mobili antichi). In queste ipotesi, ancorchè sia presente il riferimento alla provenienza ereditaria, vengono individuati pur sempre singoli beni, come tali oggetto di una vendita (o di una permuta, etc.) ordinaria.

Occorre anzitutto chiarire che la vendita d'eredità (o quel differente atto di trasferimento, quale la permuta, la donazione, etc.) non vale a trasmettere in capo all'acquirente la qualità di erede, che deve essere considerata strettamente personale ed intrasmissibile. Colui che acquista l'eredità non diventa successore a titolo universale del de cuius, bensì mero avente causa a titolo particolare dall'erede nota1.

L'oggetto della negoziazione è costituito dal complesso di tutte le posizioni giuridiche attive e passive che si rinvengono nell'eredità con la sola eccezione di quelle di carattere personale o familiare (non aventi carattere patrimoniale). Si pensi al diritto morale d'autore, al diritto al sepolcro, alla proprietà di carteggi o di corrispondenza di famiglia, a ricordi come fotografie, ritratti ed altri oggetti (anche se non sono da escludere dispute quando si dibatta dell'eventuale valore patrimoniale di alcuni oggetti, quali dipinti o altri cimeli). A fortiori devono essere considerati esclusi dalla vendita d'eredità i diritti che l'erede acquisisce jure proprio, in conseguenza della morte del soggetto (si pensi al diritto di cui all'art. 2122 cod.civ., relativo al trattamento di fine rapporto del lavoratore dipendente) nota2 .

Svolte queste premesse, è disputato se oggetto della vendita di eredità sia un complesso di beni e rapporti individuati per relationem ovvero una universitas iuris.

V'è a questo proposito chi non reputa che sia indispensabile fare ricorso alla discussa figura dell'universalità di diritto. In particolare il concetto di universitas non sarebbe compatibile con la specifica normativa dettata in materia dal codice civile. Si pensi alla possibilità che le parti convengano l'esclusione del trasferimento delle passività ereditarie ex art.1546 cod.civ. ovvero, all'inverso, all'inclusione di cespiti (quali frutti percepiti successivamente, pagamenti eseguiti da debitori dell'eredità). Meglio si attaglierebbe alla sostanza del fenomeno riferire di una individuazione dell'oggetto per relationem, in riferimento cioè a tutto quanto l'alienante, nella propria qualità di erede, venga ad acquisire per successione a causa di morte nota3.

Prevalente, al contrario, è l'opinione secondo la quale l'atto di trasferimento dell'eredità si appunterebbe su una vera e propria universalità di diritto, vale a dire un compendio di beni, di cespiti, di rapporti sia attivi, sia passivi, la cui unificazione è opera del diritto. Questa infatti sarebbe la portata specifica delle disposizioni di cui agli artt. 1542 e ss. cod.civ., quella cioè di condurre ad unità un fascio eterogeneo di situazioni soggettive di segno attivo e passivo, in considerazione della provenienza ereditaria di esse nota4. Non pare trattarsi semplicemente di una individuazione per relationem : non viene in gioco soltanto l'oggetto del contratto concepito come un quid comunque omogeneo. Si producono, infatti, effetti del tutto peculiari, quali (a tacere della disciplina del trasferimento dei crediti e dei debiti ereditari, quand'anche già pagati: artt.1545 e 1546 cod.civ.) la reviviscenza in capo all'acquirente dei diritti e degli obblighi già facenti capo al defunto e che dovevano reputarsi estinti in esito all'accettazione d'eredità. Se Tizio, che aveva un debito nei confronti di Caio, successivamente muore lasciando erede il proprio creditore, il diritto di credito si estingue per confusione. Esso tuttavia rivive qualora Caio facesse alienazione dell'eredità, vendendola a Mevio, il quale conseguentemente sarà debitore nei confronti del proprio dante causa Caio (cfr. il modo di disporre dell'art. 1545 cod.civ., che fa comunque salvo il patto contrario) nota5 .

L'accoglimento della tesi dell'universalità non è senza conseguenze in relazione alla comunicazione in capo all'avente causa dall'erede di alcune caratteristiche proprie della condizione ereditaria del dante causa e che possono dirsi qualificare anche la posizione dell'acquirente. Quest'ultimo pertanto potrebbe agire in petitio ereditatis (art.533 cod.civ. ) contro chi possieda beni ereditari a titolo di erede (o sine titulo ) onde ottenere la restituzione dei detti cespiti. La questione sarà oggetto di separata analisi.

Analogamente, nel caso in cui l'eredità fosse stata accettata con beneficio di inventario, anche l'acquirente fruirà del beneficio della limitazione di responsabilità intra vires hereditarias. E' appena il caso di rilevare che il venditore, allo scopo di non decadere dal beneficio avrà fatto precedere la vendita dei diritti ereditari dall'autorizzazione di cui all'art. 493 cod.civ.. In caso contrario sia l'alienante, sia l'acquirente non potranno non essere considerati decaduti dal beneficio.

Note

nota1

Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir.priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995, p.42.
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nota2

Così Grisi, in Comm.cod.civ., dir. da Cendon, libro IV, Torino, 1999, p.1027. A giudizio di Rubino, La compravendita, in Tratt. dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol.XXIII, Milano, 1971, p.145, la vendita ha ad oggetto "il patrimonio del defunto non nello stato in cui si trova al momento della vendita, ma allo stato in cui si trovava al momento in cui l'erede lo ha acquistato". Quindi se prima della vendita l'alienante avesse percepito i frutti di qualche bene ereditario o riscosso qualche credito ereditario, ovvero avesse venduto qualche bene dell'eredità, sarebbe tenuto a rimborsare il compratore.
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nota3

Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod.civ., IV, Torino, 1991, p. 202.
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nota4

Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1977, p. 85; Barbero, Sistema istituzionale di diritto privato, Torino, 1962, p. 249; Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt. dir.civ. diretto da Vassalli, Torino, 1972, p.199; cfr. in giurisprudenza Cass. Civ. Sez. II, 126/66 . Secondo il Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1983, p. 186 solo la teoria dell' universitas darebbe conto di come possano spettare al compratore anche i frutti dei beni dell'eredità percepiti dopo l'accettazione dell'eredità, in considerazione del fatto che la vendita ha ad oggetto tutto il complesso ereditario, a partire dal momento in cui è subentrata l'accettazione.
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nota5

Quanto alla possibilità che le parti convengano l'esclusione del trasferimento delle passività, ciò che giustificherebbe la tesi della individuazione dell'oggetto per relationem, si può obiettare che questi debiti, come effetto immediato, passano dal venditore al compratore. Costituisce tuttavia alle parti stabilire con un autonomo negozio che il venditore assuma il debito del compratore: si tratterebbe di un vero e proprio accollo che andrebbe ad aggiungersi alla vendita di eredità (così Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, p.189).
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Bibliografia

  • BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, Tratt. dir. civ. dir. da Vassalli, vol. VII- t. 1-2, 1993
  • CAPOZZI, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Milano, Dei singoli contratti, 1988
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1983
  • GRISI, Torino, Comm.cod.civ. dir. Cendon, IV, 1999
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971
  • SCHLESINGER, La petizione di eredità, Torino, 1956

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