Nullità degli atti tra vivi e delle disposizioni mortis causa aventi ad effetto il frazionamento del compendio unico



Ai sensi del IV comma dell'art. 5 bis del D. Lgs. 228/01 tutti i beni (terreni agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati) costituenti il compendio unico sono considerati unità indivisibili per un termine di 10 anni dal momento della costituzione del relativo vincolo. Entro tale termine gli eventuali atti tra vivi (quali la vendita, la permuta, la datio in solutum, etc.) e financo le disposizioni testamentarie che avessero quale effetto il frazionamento del compendio unico sono colpiti dalla drastica conseguenza della nullità. Il legislatore ha inteso assicurare alla normativa volta a proteggere l'integrità dell'azienda agraria (una volta che sia stata formata fruendo delle cospicue agevolazioni fiscali) la massima forza sanzionatoria, prevedendo pertanto l'inefficacia ab origine degli atti diretti a produrne la disgregazione.

Per quanto attiene alla successione mortis causa la legge fa menzione della nullità riferita alle "disposizioni testamentarie". Occorre al riguardo rammentare il rapporto che si pone tra ciascuna singola disposizione a titolo di erede, di legato o di onere ed il testamento in quanto tale che le veicola. Quest'ultimo costituisce un tramite che può dare ingresso ad una variegata serie di atti altrettanto variamente correlati l'uno rispetto all'altro secondo i paradigmi di una subordinazione più o meno intensa. E' chiaro che l'invalidità della disposizione diretta a frazionare il compendio unico potrà rimanere isolata ad essa stessa ovvero produrre addirittura la caducazione dell'intero testamento.

Ciò di cui si è fatto cenno non è l'unica peculiarità di quella che si atteggia come vera e propria successione ereditaria agraria anomala. Se entro i dieci anni dalla costituzione del compendio unico i beni disponibili nell'asse ereditario non possiedono una consistenza economica tale da permettere il soddisfacimento delle ragioni ereditarie di tutti i soggetti chiamati a vario titolo alla successione, "si provvede all' assegnazione del compendio all'erede che la richieda, con addebito dell'eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso di interesse inferiore di un punto a quello legale" (VI comma art. 5 bis del D. Lgs. 228/01). Questa regola solleva più di una perplessità, con speciale riferimento all'ipotesi in cui i beni costituenti il compendio costituiscano quelli di maggior valore. I legittimari non attributari del compendio potrebbero subire una compressione del proprio diritto che per certi versi potrebbe richiamare la disciplina del maso chiuso.

Non è detto però che all'apertura della successione si scateni una bagarre per risultare assegnatari del compendio e continuare l'attività d'impresa agricola. In questa ipotesi ai, sensi dell'VIII comma dell'art. 5 bis del D. Lgs. 228/01, non richiedendo alcuno degli eredi l'attribuzione del compendio, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, in essi compresi l'attribuzione delle quote produttive, di cui abbia fruito o che siano stati assegnati all'imprenditore defunto per i terreni caduti in successione. Non sembra che si producano invece effetti ulteriori. Così il vincolo di indivisibilità rimarrà tale per il decennio previsto dalla legge, mentre è difficile che possano essere revocate le agevolazioni fiscali di cui si sia giovato il soggetto costitutore del compendio che sia defunto. Il presupposto per la decadenza è infatti costituito dalla alienazione volontaria dei beni di cui al compendio ovvero la cessazione dell'attività di coltivazione diretta, mentre l'evento della morte risulta estraneo a questi eventi.

Per quanto invece attiene alla situazione opposta, non pare da escludere la possibilità che una pluralità di eredi possa congiuntamente richiedere l'attribuzione del compendio, con ciò dando vita alla costituzione di una società che ben potrà rivestire la qualifica di IAP nota1 ai sensi dell'art. 2 D. Lgs. 99/04 (come modificato per effetto del comma 1096 dell'art. unico della Legge 27 dicembre 2006, n.296 nonchè del D.L. D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221). Tale entità sarà conferitaria dell'intero compendio unico.

Quella in esame costituisce una causa di nullità testuale che, secondo l'opinione preferibile, deve essere coordinata, per quanto attiene alle negoziazioni inter vivos, con le prescrizioni dettate dalla stessa norma in commento in tema di trascrizione. Non parrebbe infatti logico che la nullità dell'atto di cessione frazionata di beni facenti parte del compendio possa andare disgiunta dalla trascrizione del relativo vincolo eseguita presso il competente Ufficio del Territorio. In altri termini, in tanto potrà reputarsi nullo l'atto di cessione frazionata (ovvero la disposizione di ultima volontà con la quale venga disposto di parte del compendio), in quanto il vincolo di indisponibilità di tutti i beni che ne facciano parte sia stato debitamente trascritto. Soltanto allora i terzi potranno essere messi in grado di rendersi conto dei rischi connessi alla stipulazione di un atto, la cui invalidità non sarebbe altrimenti avvertibile. Questo ragionamento non può tuttavia valere in relazione all'efficienza delle disposizioni di ultima volontà, con riferimento alle quali non è dato di rinvenire un soggetto avente causa in capo al quale valutare un affidamento da proteggere.

Note

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Si badi al fatto che, ai sensi del novellato I comma dell'art.2 citato, "non costituiscono distrazione dall'esercizio esclusivo delle attività agricole la locazione, il comodato e l'affitto di fabbricati ad uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati ad uso strumentale alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del c.c., sempreché i ricavi derivanti dalla locazione o dall'affitto siano marginali rispetto a quelli derivanti dall'esercizio dell'attività agricola esercitata. Il requisito della marginalità si considera soddisfatto qualora l'ammontare dei ricavi relativi alle locazioni e affitto dei beni non superi il 10 per cento dell'ammontare dei ricavi complessivi. Resta fermo l'assoggettamento di tali ricavi a tassazione in base alle regole del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Comma così modificato dal comma 8 dell’art. 36, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179).
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