Nozione e natura giuridica del contratto di rendita



La rendita nota1 può essere definita come il contratto per il cui tramite un soggetto si obbliga a corrispondere ad un altro una  determinata prestazione periodica. Il soggetto che contrae l'obbligo viene appellato debitore o  vitaliziante, colui che ne trae vantaggio beneficiario o vitaliziato.

Il codice civile conosce due distinte specie di rendita: la rendita perpetua e la rendita vitalizia.

La prima figura si riscontra ogniqualvolta il vitaliziante deve corrispondere  la rendita perpetuamente (vale a dire senza un termine finale, neppure riferito alla durata della vita di una delle parti). Si ha invece rendita vitalizia quando l'obbligazione afferente alla prestazione periodica dura fino a quando è in vita il vitaliziato. Nella nozione di rendita in generale si può dire rientri anche l'accordo (da reputarsi consentito nell'ambito dell'autonomia riconosciuta ai privati) con il quale un soggetto si obblighi a corrispondere una prestazione periodica per un certo tempo soltanto, pur senza riferimento alla durata della vita di alcunonota2 .

In generale il contratto di rendita può essere definito di durata, con speciale riferimento alla periodicità delle prestazioni, destinate a ripetersi nel temponota3 . Ne segue la possibilità di fare applicazione delle regole peculiari, con speciale riguardo alla possibilità di esercitare un sostanziale recesso (cfr. specialmente l'art.1866 cod.civ., dettato in tema di rendita perpetua) e alla rilevanza della eccessiva onerosità sopravvenuta (art.1467 cod.civ.).

Speciale importanza riveste la disamina dell'elemento causale del contratto in esame nota4. Sotto questo profilo è importante differenziare la rendita perpetua dalla rendita vitalizia. Pur senza riferire della possibile alternativa tra costituzione gratuita e onerosa della rendita (dando per scontata quest'ultima configurazione, assolutamente più frequente) è possibile definire la rendita perpetua come contratto commutativo, la rendita vitalizia come contratto aleatorio. La durata della vita umana è infatti un dato non conoscibile che viene direttamente ad influenzare il sinallagma, variando l'entità complessiva del cumulo delle prestazioni periodiche da erogare al vitaliziatonota5 .

Note

nota1

L'espressione rendita viene usata in due sensi: nel senso di contratto tipico, costitutivo della prestazione di rendita e nel senso dell'obbligazione che scaturisce dal contratto stesso. La dottrina (cfr. Dattilo, voce Rendita, in Enc.dir., vol.XXXIX, 1988, p. 854) ha evidenziato che il termine rendita è comunque più esattamente riferibile all'obbligazione o al rapporto piuttosto che al contratto. In effetti il legislatore, a differenza di quello che avviene per altri istituti, più che tipizzare il contratto, ha voluto tipizzare i rapporti giuridici di rendita, rapporti che scaturiscono da altri tipi negoziali (contratti tipici, contratti atipici, fatto illecito, testamento, etc. così Lener, Il rapporto di rendita perpetua, Milano, 1967, p.35; Marini, La rendita perpetua e la rendita vitalizia, in Trattato di dir.priv., dir. da Rescigno, vol.XIII, Torino, 1985, p.29).
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nota2

Macioce, voce Rendita, in Enc.giur.Treccani, vol.XXVI, 1991, p.3.
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nota3

Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Trattato di dir.priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1995, p.325.
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nota4

La periodicità costituisce un carattere essenziale del contratto. V'è chi ha sostenuto (Oppo, I contratti di durata, in Riv.dir.comm., I, 1943, p.156 e Lener, cit.,  p.208) che la periodicità attiene alla causa della rendita, ed è quindi escluso che possa essere qualificato come tale quella stipulazione in cui la prestazione venga eseguita in una sola volta, o anche in più volte, ma non periodicamente. E' tuttavia più corretto riferire che la periodicità risponde all'interesse tipico dedotto nel rapporto, mentre non avrebbe senso alcuno parlare di causa della rendita qualora si dovesse accogliere l'impostazione teorica secondo la quale la rendita non è un contratto tipico, piuttosto designando più generalmente un rapporto giuridico. Se, ad esempio, Tizio si obbliga a prestare in perpetuo una certa somma a Caio, si ha una donazione diretta di rendita: la causa della negoziazione sarà quella della donazione, non potendo parlarsi di causa della rendita. Se Primo promette una rendita perpetua a chi gli porterà il numero 1 di una rara pubblicazione, la causa sarà quella della promessa al pubblico e non quella della rendita. Come appare evidente questa impostazione giunge a negare qualsiasi autonomia alla causa della rendita, "appiattendola" sulla ulteriore sfumatura dell'elemento causale che si risolve variamente nell'onerosità, nella gratuità, nella aleatorità.
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nota5

Analogamente Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Istituzioni di diritto civile, vol.III, Genova, 1980, p.318.
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Bibliografia

  • DATTILO, Rendita (dir.priv.), Enc.dir., XXXIX, 1988
  • LENER, Il rapporto di rendita perpetua, Milano, 1967
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • MACIOCE, Rendita, Enc.giur. Treccani, XXVI, 1991
  • MARINI, La rendita perpetua e la rendita vitalizia, Torino, Trattato dir.priv.dir. da Rescigno, XIII, 1985
  • OPPO, I contratti di durata, Riv.dir.comm., I, 1943

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