Natura giuridica del factoring



Notevoli difficoltà si ravvisano tra gli interpreti sulla qualificazione giuridica del contratto di factoring, probabilmente dovute alla complessità della struttura e delle funzioni ed alla assenza di una organica disciplina normativa.

Il factoring è un contratto nato nella prassi commerciale e regolamentato dalla legge 52/1991 (come modificata per effetto del DL 3 maggio 2016, n. 59, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 30 giugno 2016, n. 119) solo per gli aspetti relativi alla cessione dei crediti, ciò che ne costituisce solo il principale mezzo attuativo. Il factoring da vita , infatti, ad un rapporto più ampio, che nasce da una precisa convenzione delle parti, a cui si uniscono successivi negozi giuridici di cessione del credito.

Il principale problema consiste nella individuazione della natura giuridica della convenzione regolatrice. E' stato proposto di individuare in questa fattispecie una variante di contratti già tipicamente disciplinati dal nostro ordinamento, ravvisandosi ora un contratto di mandato generale senza rappresentanza , il cui fine è la gestione e l'incasso dei crediti nota1, ora un contratto di scambio avente una causa vendendi nota2. A giustificazione di quest'ultima interpretazione si è sostenuto che i crediti ceduti vengono scambiati contro un prezzo pari al loro valore nominale e che le anticipazioni corrisponderebbero a pagamenti parziali del prezzo detratte dal prezzo finale corrisposto al cedente al momento dell'incasso del credito. In realtà, entrambe queste ipotesi non sono in grado di spiegare pienamente l'intera operazione che il factoring pone in essere, laddove trascurano sia l'ampia libertà che è riservata al factor circa la assunzione dei crediti (laddove invece nel mandato spetterebbe al mandante determinare l'attività del mandatario), sia il carattere di corrispettività che il pagamento della commissione da parte del cedente svolge per l'attività complessa svolta dal factor (e non solo per l'aspetto traslativo del credito).

Si è perciò sostenuto che la unitarietà dell'operazione posta in essere dalle parti permetta di individuare un contratto innominato, socialmente determinato, meritevole di tutela ex art.1322 cod.civ. , caratterizzato da una pluralità di funzioni che fa di esso un contratto atipico di liquidità e di garanzia rispetto al quale la cessione (o le cessioni) rappresenta uno strumento giuridico oltre che uno degli effetti diretti dell'accordo (Cass.civ., sez.III, 1510/ 2001 ) nota3. Il contratto di factoring deve perciò essere qualificato come contratto normativo, consensuale, commutativo ed oneroso, la cui causa è da individuare non nella cessione dei crediti, ma nella costituzione di uno strumento idoneo per l'erogazione di una pluralità di servizi nota4. I singoli negozi traslativi sarebbero regolati da esso e collegati da un nesso funzionale, in quanto qualificati da una causa esterna nota5.

Note

nota1

Clarizia, in Fossati-Porro, Il factoring, Milano, 1985, p.111.
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nota2

De Nova, Nuovi contratti, Torino, 1990, p.83.
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nota3

Santangelo, Il factoring, in Dir. fall., 1975, I, p.215 e Frignani, voce Factoring, in N.sso Dig.it., App.III, 1982, p.600.
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nota4

Bausilio, Contratti atipici, Padova, 2002, p.74.
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nota5

Si deve invece respingere la tesi che qualificava il contratto come un preliminare dei successivi atti di cessione dei crediti, in quanto non più aderente con quanto disposto dall'art.3 della L. n. 52/1991: questa norma infatti prevede che anche crediti futuri possano essere ceduti purché sia nota l'identità del debitore, laddove invece all'atto di stipulazione di un preliminane non è richiesto questo requisito, essendo sufficiente l'indicazione degli elementi essenziali del contratto definitivo (Fossati-Porro, cit., p.126).

D'altra parte anche la tesi che riteneva che con la stipulazione di un contratto factoring le parti prevedessero la cessione condizionata e in massa di crediti futuri (cioè un effetto traslativo sospensivamente condizionato) non è immune da critiche dopo la legge n. 52/1991: il factor può, infatti, riservarsi di non accettare l'acquisto di certi crediti anche dopo che questi siano venuti ad esistenza; inoltre può sempre decidere di ridurre l'entità degli anticipi. In tal senso, non solo è difficile applicare l'istituto della condizione sospensiva, ma il contratto potrebbe esporsi a censure di invalidità a causa dell'indeterminabilità dell'oggetto: infatti, da un lato, il credito stesso non verrebbe realmente trasferito al momento della sua insorgenza (potendo il factor negare il suo placet anche successivamente); dall'altro, l'oggetto della prestazione del factor, ovvero le somme anticipate, non sarebbe quantificabile (così Franceschetti- De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1996, p.680).
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Bibliografia

  • BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002
  • DE NOVA, Nuovi contratti, Torino, 1990
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • FRIGNANI, Factoring, N.sso Dig.it., App.III, 1982

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