Multiproprietà azionaria


Il modello della multiproprietà azionaria, elaborato sulla scorta dell'esperienza francese, ha conosciuto una certa fortuna anche in Italia. In esito all'emanazione della normativa (attualmente abrogata per effetto dell'entrata in vigore del Codice del consumo di cui al D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 , il cui art. 72 fa riferimento agli obblighi specifici del venditore) di cui al D. Lgs. 9 novembre 1998, n. 427 sembrerebbe non potersi più parlare di multiproprietà nota1 in relazione allo strumento societario. E' ben vero che sarebbe astrattamente configurabile farvi ricorso per variamente collegare la partecipazione con un diritto atto a consentire il godimento turnario di un'unità immobiliare. Va infatti rilevato come l'art. 69 più non preveda come essenziale la natura reale del diritto del multiproprietario. Ciò premesso, possiamo verificare quale sia stato nella nostra prassi lo sviluppo della figura nel tempo antecedente l'entrata in vigore della normativa specifica, consapevoli della possibilità che l'attualmente incerta qualificazione giuridica dello schema ben potrebbe determinare un revival delle strutture già messe a punto.

Nella multiproprietà un tempo definibile come "azionaria" il complesso immobiliare, appartenente ad una società per azioni, non veniva alienato ai singoli multiproprietari (Cass. Civ. Sez. I, 5494/99 ). La compagine sociale era strutturata sulla base di due differenti categorie di titoli azionari. Le azioni ordinarie, la cui titolarità viene riservata ai promotori dell'iniziativa, assicurano il controllo della società. Un'ulteriore società di capitali, allo scopo costituita dai medesimi soci di quella proprietaria dell'immobile, sottoscrive in blocco i titoli privilegiati, in seguito collocandoli sul mercato. Soltanto le azioni privilegiate, cui è riconnessa in vario modo la fruizione perpetua degli immobili sociali, vengono poste in vendita, mentre i titoli ordinari delle due società rimangono in capo ai promotori. Al termine di un periodo di tempo stabilito, viene infine prevista l'assegnazione senza corrispettivo ai titolari delle azioni privilegiate di quelle ordinarie della società proprietaria dell'immobile. Il godimento dei beni è garantito agli azionisti privilegiati o direttamente agli stessi o in via indiretta, per il tramite dell'interposizione di un'associazione priva di riconoscimento, della quale fanno parte di diritto i soli azionisti privilegiati.

Lo strumento giuridico allo scopo utilizzato è in entrambi i casi il comodato dei beni (o direttamente ai soci o, mediatamente, all'associazione, la quale li concede in subcomodato agli stessi, in virtù della loro parallela qualità di associati dell'ente comodatario). Il problema che a questo proposito si pone è quello si superare il divieto di fruizione diretta da parte dei soci dei beni sociali (art. 2256 cod. civ. ).

Note

nota1

Già Calliano, La proprietà in generale. La multiproprietà, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p. 234, ancor prima del recepimento della direttiva CEE, si dimostrava dubbioso sul fatto di poter utilizzare l'espressione multiproprietà per questa specifica fattispecie, sottolineando inoltre i possibili rischi a carico dei soci in multiproprietà in caso di fallimento della società proprietaria del complesso immobiliare.
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Bibliografia

  • CALLIANO, La proprietà in generale. La multiproprietà, Torino, Trattato di diritto privato, 1982

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