Modificazioni dell'atto costitutivo (società in nome collettivo)



La disciplina delle modificazioni dell'atto costitutivo (ma forse sarebbe più appropriato parlare di patti sociali) della società in nome collettivo è sostanzialmente mutuabile dalla normativa dettata in tema di società semplice. Può dirsi pertanto operativa la regola di cui all'art. 2252 cod. civ. , ai sensi del quale ogni modifica richiede, in quanto mutamento del contratto, l'unanimità dei consensi. E' salva tuttavia la differente previsione convenzionale, ciò che può valere ad introdurre speciali regole quali la possibilità di introdurre modificazioni a semplice maggioranza, quando non addirittura unilateralmente (in tema di cessione della partecipazione sociale). In ogni caso nessuna variazione, neppure quella relativa alla persona di tutti i soci, comporta estinzione dell'ente e/o l'insorgenza di una nuova società (Cass. Civ., Sez. II, 18409/2014).

Premesse queste osservazioni, l'art. 2300 cod. civ. , intitolato "modificazioni dell'atto costitutivo" pone alcune prescrizioni di natura meramente procedimentale che riguardano aspetti pubblicitari sovrabbondanti, soprattutto tenuto conto dell'esistenza degli artt. 2296 e 2297 cod. civ.. Si dispone infatti che gli amministratori devono richiedere nel termine di trenta giorni (dalla stipulazione dell'atto modificativo nota1) all'ufficio del registro delle imprese l'iscrizione delle modificazioni dell'atto costitutivo e degli altri fatti relativi alla società dei quali sia obbligatorio dar conto.

Non del tutto agevole è spiegare il disposto del II comma della norma, ai sensi del quale, se la modificazione dell'atto costitutivo risulta da deliberazione dei soci, questa deve essere depositata in copia autentica. Anzitutto il termine "deliberazione" appare utilizzato in maniera appropriata, stante l'inesistenza di un'articolazione organica nel cui ambito possa essere rinvenuto un organo assembleare al quale esso possa riferirsi. La notazione non pare meramente terminologica: nell'ambito assembleare infatti vige il principio maggioritario che, in difetto di speciali previsioni negoziali, non potrebbe certo trovare applicazione per le modificazione dei patti sociali. Inoltre l' incipit condizionale "se" parrebbe fare allusione ad una via semplicemente eventuale per le modificazioni attuate in esito a "deliberazioni" dei soci. Non si vede tuttavia quale sia l'ipotesi principale di introduzione delle dette modifiche.

Infine l'ultimo comma dell'art. 2300 cod. civ. sancisce (in tal senso ribadendo la portata di altre disposizioni quali l'art. 2297 e 2298 cod. civ.) l'efficacia dichiarativa della pubblicità relativa alle modificazioni dei patti sociali. Esse infatti, finchè non sono iscritte, non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza. Anche in questa ipotesi, alla presunzione juris et de jure di conoscenza che segue all'effettuazione della pubblicità legale si aggiunge la possibilità di provare in positivo l'effettiva conoscenza del terzo.

Note

nota1

Con riferimento agli atti ricevuti o autenticati all'estero il detto termine decorrerà dalla data del deposito dell'atto presso l'archivio notarile distrettuale (o presso il pubblico ufficiale che lo alleghi ad atto di deposito). Cfr. l'art. unico della l. 13 marzo 1980, n. 73 .
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