Lucro cessante



L'art. 1223 cod.civ. prescrive che il risarcimento del danno deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno. La seconda espressione evoca ciò che comunemente viene appellato come "lucro cessante".

Il lucro cessante viene ad individuare il guadagno patrimoniale, al netto delle spese, che viene a mancare in conseguenza dell'inadempimento. Mentre il danno emergente corrisponde ad una diminuzione patrimoniale connessa al c.d. danno-evento, il lucro cessante per lo più è da porsi in relazione al c.d. danno-conseguenze lesive, ossia al pregiudizio futuro che segue ordinariamente l'inadempimento nota1. In questo senso l'accertamento del lucro cessante pone maggiori difficoltà rispetto a quello del danno emergente. La stima di un danno che proietta i propri effetti in un tempo a venire, richiede indispensabilmente una stima equitativa fondata su previsioni ragionevoli (Cass. Civ. Sez. III, 1908/91 ). E' proprio in relazione al lucro cessante che si pongono i maggiori problemi ricostruttivi del nesso causale, dovendosi a questo proposito fare riferimento alla nozione di causalità giuridica e non già a quella di causalità naturalistica, come meglio si evidenzia nel corso della disamina separata del nesso eziologico.

A titolo riassuntivo si possono evidenziare i seguenti aspetti riconducibili alla voce di danno in esame.

  1. Impossibilità di utilizzare il bene. A questo proposito occorre distinguere la perdita definitiva di un bene fruttifero dalla inutilizzabilità del medesimo soltanto temporanea. In quest'ultima eventualità la voce di danno consta nella mancata percezione dei frutti al netto delle spese di produzione di essi: il tutto in correlazione al periodo di tempo in cui il bene non è disponibile (Cass. Civ. Sez. III, 6586/97 ). Nella prima ipotesi invece il tutto deve reputarsi assorbito, quale danno emergente, nel risarcimento conseguente alla perdita del bene in sé considerato, comprensivo della attitudine produttiva del medesimo.
  2. Impossibilità di dar corso ad ulteriori rapporti contrattuali. In questo caso il lucro cessante è quel pregiudizio che il creditore può subire in considerazione dell'impossibilità di negoziare con terzi ovvero di adempiere alle obbligazioni contratte con terzi. Si pensi alla mancata consegna della materia prima necessaria per poter provvedere alla manifattura di un certo prodotto da consegnare entro un termine essenziale. Il danno risulterà pari alla differenza tra le reciproche prestazioni coinvolte nella dinamica contrattuale ogniqualvolta l'inadempimento abbia avuto come risultato la risoluzione del contrattonota2 .
  3. C.d. "danni futuri", vale a dire relativi alla perdita o diminuzione dell'attitudine lavorativa ovvero a quella di prestazioni aventi natura assistenziale in senso ampio. Ogniqualvolta l'inadempimento produce un danno alla persona (fino a cagionarne la morte) si può porre non solo il problema della perdita della capacità del danneggiato in ordine alla produzione di reddito, bensì anche delle conseguenze pregiudizievoli che di riflesso possono subire i soggetti che, data l'esistenza di vincoli familiari, fruiscono stabilmente di prestazioni alimentari o assistenziali.

Note

nota1

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.625.
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nota2

Così Bianca, Diritto civile, vol.V, Milano, 1997, p.122 .
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1997


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