In tema di rilevanza dello stato di necessità
putativo, la giurisprudenza, con alcune decisioni non recenti, ponendo in rilievo una differenza tra la valutazione penalistica e quella civilistica circa le conseguenze dell'atto necessitato, ha affermato che, per considerare necessitato un comportamento imprudente e colposo, non basta che il pericolo da evitare sia meramente putativo, ma occorre che esso effettivamente sussista, in base a circostanze obiettive, e che sia ragionevolmente prevedibile.
Una pronuncia della S.C. (Cass. Civ. Sez. III,
12621/99 ) ha sancito il principio opposto, attribuendo rilevanza, ai sensi dell'art.
2045 cod. civ. , anche allo stato di necessità meramente putativo e pare che la conclusione meriti di essere condivisa. Invero, quando la condizione di putatività non derivi da un errore attribuibile a colpa del danneggiante, la fattispecie non potrebbe rientrare nella previsione dell'art.
2043 cod. civ. , sicché il danneggiato non potrebbe pretendere il risarcimento del danno: conseguentemente, se il legislatore attribuisce un'indennità al danneggiato quando lo stato di necessità effettivamente sussista,
a fortiori essa deve essere riconosciuta quando lo stato di necessità sia semplicemente putativo.
Alla medesima conclusione, induce anche l'esame di quell'altro orientamento giurisprudenziale (al riguardo Cass. Civ. Sez. III,
4029/95 ; Cass. Civ. Sez. III,
8772/91 ) che applica analogicamente la norma sullo stato di necessità, nella parte in cui attribuisce al danneggiato il diritto a un'indennità, alla fattispecie della difesa legittima putativa.